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7 Febbraio 2013

7 Febbraio 2013: giornata mondiale contro il land grabbing
di Elena Risi

Per il 7 febbraio Oxfam International – una confederazione di 17 organizzazioni che operano in tutto il mondo per combattere la fame e salvaguardare i diritti umani – ha indetto una giornata mondiale contro il land grabbing, l'accaparramento indebito delle terre da parte di banche e investitori privati ai danni dei paesi del sud del mondo.

Immaginate di svegliarvi una mattina scoprendo che la vostra casa è stata venduta. Ogni giorno ci sono storie come questa: investitori, speculatori e multinazionali acquistano terre appartenenti a piccoli contadini e agricoltori nei paesi più poveri del mondo.

Per dire basta a questa pratica ingiusta, Oxfam ha organizzato una giornata di mobilitazione mondiale. Il 7 febbraio gli attivisti di tutto il mondo si riuniranno di fronte ai luoghi-simbolo della propria città piantando grossi cartelli con scritto “venduto”. In Canada, Stati Uniti, Tanzania, ma anche in Inghilterra, Irlanda e Italia. Roma e Milano le città scelte per le azioni nel nostro paese, dove verranno accaparrati rispettivamente il Colosseo e Piazza Affari.

Tra le istanze dell'organizzazione, la richiesta di un maggiore controllo delle compravendite di terreni nei paesi del sud del mondo da parte della Banca Mondiale. Troppo spesso gli atti di acquisto sono infatti il frutto di un ricatto sulle popolazioni più deboli o addirittura il risultato di inganni che approfittano della mancanza di competenze delle comunità locali. Secondo alcune testimonianze raccolte dall'Organizzazione in Guatemala, alcuni agricoltori sono ricattati o ricevono giornalmente forti pressioni. In altri casi i proprietari vengono convinti a vendere perché gli vengono raccontate versioni distorte della realtà.

Una contadina guatemalteca, spiega di essersi convinta a vendere la propria terra solo perché le avevano assicurato che il suo campo sarebbe stato completamente inondato a causa della costruzione di una diga. Pensando di non avere né i mezzi né le competenze per affrontare una simile emergenza ha ceduto all'offerta, privandosi della terra e della coltivazione di granturco destinata alla vendita, unica fonte di guadagno per la famiglia e i figli. In queste storie, gioca spesso un ruolo fondamentale l'atteggiamento compiacente dei governi che strizzano l'occhio a multinazionali e investitori privati, una ragione ulteriore per chiedere alla Banca Mondiale un intervento di mediazione nella compravendita delle terre.

Il land grabbing è un fenomeno in continua crescita. A partire dal 2008, l'aumento dei prezzi alimentari ha fatto crescere in maniera esponenziale anche il costo delle terre, facendole diventare una possibilità di guadagno sempre più attraente per investitori e speculatori. Secondo l'ultimo rapporto Oxfam sul land grabbing, i 2/3 dei terreni acquistati sono convertiti in piantagioni di olio di palma per produrre biocarburanti anziché cibo.

Investimenti responsabili sull'agricoltura e per il sostegno dei piccoli venditori al dettaglio sarebbero di grande importanza per i paesi poveri o in via di sviluppo. Invece si legge nel report che “le stime indicano che la terra acquisita tra il 2000 e il 2010 avrebbe potuto nutrire un miliardo di persone, vale a dire quelle stesse persone che oggi vanno a letto a stomaco vuoto ogni notte. Ma la cattiva notizia è che solo pochissimi, se non addirittura nessuno, di questi investimenti sulla terra ha portato benefici alle comunità locali e ha contribuito a combattere la fame”.

Alfred Brownell - presidente e fondatore della Green Advocates, un'associazione di avvocati in Liberia che lavora per garantire i diritti delle comunità nelle zone rurali più povere e spesso vittime di land grab – ha scritto che “non hai bisogno di proiettili per uccidere persone,” - continua Brownell - “quando porti via il cibo da un villaggio distruggendo le loro terre e le coltivazioni, stai affamando tutta la comunità”.

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