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22 ott 2013

Attacchi Usa coi droni in Pakistan, Amnesty denuncia civili uccisi e crimini di guerra
di Riccardo Noury

Luglio 2012: 18 braccianti, tra cui un ragazzo di 14 anni, vengono uccisi in un attacco multiplo contro un povero villaggio situato nei pressi della frontiera con l’Afghanistan. Stavano per cenare, al termine di una dura giornata di lavoro. 

Ottobre 2012: Mamana Bibi, una donna di 68 anni, rimane uccisa in un doppio attacco, portato a termine apparentemente con un missile Hellfire, mentre raccoglieva ortaggi nel terreno di famiglia, circondata dai nipoti.

Secondo la versione ufficiale, erano “terroristi”. Come “terroristi” erano tante altre vittime degli attacchi coi droni  (tra i 330 e i 374 dal 2004) con cui gli Usa martellano da quasi 10 anni il Pakistan, soprattutto la regione del Nord Waziristan.

Sul programma Usa di attacchi coi droni, Amnesty International ha diffuso oggi uno dei più completi studi esistenti dalla prospettiva dei diritti umani. Il rapporto contiene nuove prove sulle uccisioni illegali – in alcuni casi, veri e propri crimini di guerra – causate nelle aree tribali del Pakistan nordoccidentale dagli attacchi coi droni.

Grazie alla segretezza che avvolge il programma sui droni – si legge nel rapporto –  l’amministrazione Usa ha di fatto una licenza di uccidere senza controllo giudiziario e in violazione degli standard basilari sui diritti umani. Non si sa neanche esattamente quanti siano stati i bersagli colpiti. A volte, neanche la Cia sa quali siano. Nessun funzionario statunitense risulta essere mai stato chiamato a rispondere di attacchi illegali coi droni in Pakistan. E, per quanto riguarda le vittime degli attacchi e le loro famiglie, che speranza di compensazione possono avere se gli Usa neanche ammettono di averli portati a termine?

La promessa di incrementare la trasparenza sui droni, fatta dal presidente Obama nel discorso sul futuro della lotta al terrorismo, pronunciato alla National Defense University quest’anno a maggio, deve ancora diventare realtà: gli Usa continuano a rifiutare di rendere note persino le informazioni essenziali, fattuali o di tipo legale.

Tra gennaio 2012 e agosto nel 2013, nel Nord Waziristan, i droni hanno colpito 45 volte. Questi, almeno, sono gli attacchi conosciuti.

Il rapporto di Amnesty International denuncia anche casi di cosiddetti “attacchi ai soccorritori”, in cui coloro che erano corsi in aiuto alle vittime del primo drone sono stati colpiti da un secondo rapido attacco.

A distanza di 12 anni, insomma, gli Usa continuano a basarsi sulla dottrina della “guerra  globale” per giustificare una guerra senza frontiere con al-Qaeda, i talebani e altri gruppi ritenuti loro alleati. Se dei bersagli sono stati certamente colpiti (come il leader di al-Qaeda Abu Yahya al-Libi nel luglio 2012, oltre a talebani pachistani e membri del gruppo al-Haqqani),  i droni Usa hanno fatto molte vittime innocenti e istillato nella popolazione locale lo stesso tipo di paura che in precedenza era associata ai gruppi armati fondamentalisti.

La popolazione del Nord Waziristan finisce spesso in mezzo agli scontri tra gruppi armati ed esercito pakistano e vive nel costante timore di una violenza da cui non si può fuggire e che arriva da tutte le parti. Il programma Usa sui droni ha così portato altra sofferenza nella regione, dove si vive giorno e notte nel terrore della morte in arrivo da un drone in volo nei cieli pakistani.

I gruppi legati ad al-Qaeda hanno ucciso decine di abitanti dei villaggi accusati di spiare per conto dei droni Usa. Gli abitanti di Mir Ali hanno riferito ad Amnesty International che ai bordi delle strade vengono regolarmente ritrovati corpi con su scritto che chiunque sia sospettato di fare la spia per gli Usa subirà la stessa sorte. Hanno aggiunto che, per timore di ritorsioni, non possono denunciare alle autorità locali le azioni dei gruppi armati. Alcune persone che avevano avuto il coraggio di parlare hanno iniziato a subire minacce. Lo stato pachistano fa poco o nulla per proteggerle.

Il governo pakistano dichiara ufficialmente di opporsi al programma Usa sui droni. Però, secondo quanto risulta ad Amnesty International, alcuni funzionari e istituzioni, nello stesso Pakistan e in altri paesi tra cui Australia, Germania e Regno Unito, potrebbero aver collaborato con gli Usa nel portare a termine attacchi coi droni che costituiscono violazioni dei diritti umani.

Amnesty International ha chiesto agli Usa di rendere pubblici gli elementi fattuali e le basi legali degli attacchi coi droni portati a termine in Pakistan e di assicurare indagini rapide, esaurienti, indipendenti e imparziali su tutti i casi in cui vi siano ragionevoli motivi per ritenere che gli attacchi coi droni abbiano causato uccisioni illegali.

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