Associated Press
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25.11.201

Genocidio in Tibet, Pechino fa pressioni sulla Spagna
di Anastasia Gubin

Durante gli incontri diplomatici a Pechino e Madrid, il regime cinese ha espresso il proprio malcontento per la recente decisione della Corte nazionale spagnola di emettere ordini di arresto nei confronti dell’ex capo del regime cinese Jiang Zemin e altri quattro funzionari d’alto grado. Gli ordini di arresto si riferiscono alle indagini giudiziarie sul caso del genocidio in Tibet.

A seguito della decisione contro Jiang Zemin e altri quattro funzionari, Hong Lei – portavoce del Ministero degli Esteri cinese – ha subito indetto una conferenza stampa, dichiarando: «Ci auguriamo che le parti interessate in Spagna prendano sul serio le preoccupazioni della Cina e non commettano errori che possano minare il Paese o i rapporti tra i due Stati».

Il 20 novembre, Pechino ha convocato l’Ambasciatore spagnolo per parlare della decisione della Corte e lo stesso giorno a Madrid, Ernesto Zulueta – incaricato del Ministero degli Esteri spagnolo per il Nord America e l’Asia-Pacifico – ha incontrato un rappresentante dell’Ambasciata cinese.

Secondo il quotidiano spagnolo El País, sempre il 20 novembre, Jose Manuel Garcia Margallo – ministro degli Esteri spagnolo, di ritorno dalla California e della Florida – ha convocato una riunione d’emergenza «per indirizzare la crisi», comunicando che la questione poteva essere discussa durante il Consiglio dei Ministri.

Il 21 novembre una portavoce del Ministero degli Esteri spagnolo ha dichiarato che nell’incontro di Pechino, la Cina ha ribadito la propria preoccupazione sul fatto che la decisione della Corte possa andare a minare i rapporti tra le due Nazioni. La portavoce ha poi aggiunto che durante la riunione di Madrid il funzionario cinese ha parlato di intromissione nel sistema giudiziario cinese.

La Cina rivendica «l’immunità» per i propri ex Presidenti, tuttavia, secondo il diritto internazionale, un Capo di Stato gode di immunità solo durante l’incarico.

In passato, il regime cinese ha punito alcune Nazioni per sentenze che disapprovava. Gli Stati europei i cui leader hanno incontrato il Dalai Lama si sono resi conto che il regime cinese si rifiuta di partecipare a meeting di alto livello e blocca gli accordi economici.

Jose Elias Esteve – l’avvocato che rappresenta i querelanti davanti alla Corte nazionale nella causa del genocidio in Tibet – ha dichiarato a Epoch Times che la Cina, attraverso proteste diplomatiche: «chiede espressamente che il Governo spagnolo chiuda il caso poiché potrebbe minare il rapporto tra Spagna e Cina».

Esteve ha spiegato: «La Spagna è un Paese democratico e il potere giudiziario dovrebbe essere indipendente da quello esecutivo».

L'avvocato ha respinto la tesi secondo cui l’interesse personale della Spagna sia quello di soddisfare la Cina, infatti al giornale spagnolo Levante, Esteve ha dichiarato: «Molti dei prodotti che compriamo vengono confezionati dai detenuti tibetani nei centri di detenzione, che sono simili ai campi di concentramento. Dal punto di vista economico, il trasferimento sovvenzionato delle aziende tessili e di giocattoli non solo favorisce la violazione dei diritti umani, ma genera anche disoccupazione qui [in Spagna]».

La decisione della Corte nazionale spagnola arriva in un momento di crescente tensione in Tibet. Secondo la Campagna internazionale per il Tibet, i tibetani si sacrificano dal febbraio 2009 per protestare contro le politiche del regime cinese. Il primo ottobre, quando le forze cinesi hanno aperto il fuoco sui manifestanti, sono rimasti feriti almeno 60 tibetani.


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