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30 settembre 2013

 Una piazza aperta alle voci sofferenti della società
Intervista a Marco Revelli di Giacomo Russo Spena

Per il sociologo Marco Revelli, il 12 ottobre sarà "un’ occasione per una massa di cittadini di riconoscersi in un comune denominatore in un momento di smarrimento”. Contrario all’idea di un Letta bis auspica un governo di scopo presieduto da Rodotà. Infine solidarizza con Erri De Luca sul Tav in Val Susa: “Gli atti di sabotaggio non c’entrano nulla con il terrorismo”.

“Uno spazio includente e aperto a tutte le voci sofferenti della società”. Il sociologo e animatore di ALBA Marco Revelli intravede le potenzialità della manifestazione la Via Maestra del 12 ottobre in difesa della Costituzione, convinto che sia “un punto di partenza” per far nascere qualcosa. A sinistra. “Dobbiamo interrogarci sull’enorme domanda di rappresentanza di milioni di persone, esodate dalla politica”, dice.

Professore, Lei da subito ha creduto nell’importanza della mobilitazione del 12 ottobre. Cosa comporta il ddl di modifica dell’art 138 della Carta votato in Parlamento?

Siamo alla manomissione bipartisan della Costituzione. Pd e Pdl hanno tradito la saggezza dei nostri Padri costituenti facendo saltare quella fondamentale clausola di salvaguardia, vorrebbero cambiare decine di articoli della Carta e la stessa forma di governo: dalla democrazia parlamentare a un qualche tipo di presidenzialismo, d’altra parte già anticipato nei fatti dal presidente Napolitano. Il sistema politico è stato inchiodato sulla figura criminale di Silvio Berlusconi e ai suoi ricatti. Prima la minaccia di Aventino, poi il videomessaggio, infine l’ultima disperata mossa imposta ai ministri rappresentano tutti segni eversivi, di fronte ad una sentenza fondata su ragioni e prove di colpevolezza fortissime. Ma bisogna dire che tutta l’esperienza del governo Letta, ex origine, rappresentava un modo per istituzionalizzare quella selvaggia anomalia italiana che è la figura politica e insieme criminale di Berlusconi, facendone addirittura un partner legittimato di una nuova Costituente. In una condizione economica di assoluta emergenza, di spoliazione del patrimonio produttivo, di conti in disordine, l’Europa aveva intimato le larghe intese nel cui programma, fin dall’origine, stava la sospensione del nostro assetto istituzionale – manomettendo la Costituzione – in nome di emergenze peraltro non affrontate, ma costantemente dilazionate.

Adesso il Pdl è in subbuglio con alcuni esponenti “diversamente berlusconiani”. Crede che mercoledì in Aula ci siano i numeri per un Letta bis?

Non vorrei che ora che il Caimano è entrato in azione come nella scena finale del film, ci si chiudesse nella nostalgia del governo Letta o nella speranza che possa sopravvivere a se stesso. Le scelte intraprese da Berlusconi e dalla sua corte di servitori – il Pdl non è un partito – in tutti questi mesi di partnership, prima ancora dei terremoti istituzionali che vediamo in diretta, hanno provocato danni gravissimi e irreversibili allo stato mentale del Paese e alla sua classe politica. Per mesi al Cavaliere in precario equilibrio sul suo cavallo è stata data una golden share governativa che ha costantemente usato per ricattare e minacciare, e far apparire come normale l’inaccettabile. E che ora continua a usare, vedremo se per far saltare tutto, o per tentare di prolungare ancora il proprio gioco personale.

E’ possibile per lei un governo di cambiamento che faccia alcune riforme urgenti tra cui una nuova legge elettorale e poi al voto o Lei è subito – come Grillo – per andare alle urne?

Sono per un governo di scopo – capeggiato da una figura di alto profilo giuridico-morale ed esterna all’attuale scenario politico – che ci conduca a nuove elezioni in pochi mesi. Andava già fatto a maggio scorso, un esecutivo con due-tre punti chiave: nuova legge elettorale, in primis, e provvedimenti per tamponare il dramma dei cassintegrati e la crisi sociale nel Paese.

Chi ipotizzerebbe a capo di questo governo di cambiamento?

Rodotà andrebbe benissimo.

In Germania si va verso le larghe intese. Da noi, col senno del poi, erano davvero l’unica via alternativa? Adesso non ci troviamo peggio di 150 giorni fa?

Certo che ci troviamo peggio. E bisognava pensarci allora: in Germania non esiste una figura come Berlusconi né un partito come il Pdl, sono larghe intese ben differenti dalle nostre. Detto questo, bisogna aggiungere che quello delle larghe intese è, per l’Europa, un paradigma totalizzante che caratterizza gli attuali assetti e non tollera deviazioni: le loro ricette aumentano le disuguaglianze, impoveriscono le fasce popolari ed erodono la coesione sociale.

Torniamo al 12 ottobre. Cosa può nascere da quella piazza?

E’ un’ occasione per una massa di cittadini potenzialmente grandissima di riconoscersi in un comune denominatore in un momento di enorme smarrimento. Quella piazza deve includere tutte le voci sofferenti della società, in primis i migranti, il mondo del lavoro, i territori violentanti dalla logica affaristica delle grandi opere (Val Susa, No Dal Molin, No Muos etc). Espressioni di resistenza contro l’operatività dello stesso paradigma affaristico che ha dominato questi mesi di gestione del potere.

Lei con “Cambiare si Può” ha tentato alle scorse elezioni di creare un soggetto della società civile. Il progetto iniziale è naufragato e ha dato vita alla fine a Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia. Un fallimento. Non crede che al momento non ci sia uno spazio politico tra Pd e M5S?

C’è un’estrema e disperata domanda di rappresentanza. Sarebbe cieco ridurre tutto agli orfani della sinistra radicale. Esistono milioni di esodati dalla politica indecisi su chi votare e se votare. L’astensionismo è in crescita, molti si rifugiano nel M5S, altri nei frammenti della sinistra radicale. C’è ancora chi – turandosi il naso – dà la preferenza al Pd. Tra poco lo scenario sarà molto diverso. Avremo una nuova Forza Italia trasformata in lugubre macchina da guerra del suo capo, una formazione eversiva in rivolta contro l’ordinamento giudiziario. Il Pd avrà presumibilmente come leader Matteo Renzi il quale ha tessuto pubblicamente l’elogio della disuguaglianza e le cui idee sul lavoro sono vicine al più radicale neoliberismo (alla Ichino per intenderci). Il M5S, intorno al 20-25 per cento, non sarà in grado di imprimere un sostanziale cambiamento. Dobbiamo capire fin da subito come porci in questo futuro scenario. C’è il rischio concreto che la cultura democratica radicale e costituzionale sia fuori dalla scena, con danni enormi per la democrazia.

Lei ha sottoscritto un appello internazionale in sostegno di Erri De Luca dopo il linciaggio subito per le sue affermazioni sul Tav in Val Susa. Come combacia l’idea del sabotaggio con quella della difesa della Costituzione?

Erri De Luca ha affermato il dovere degli intellettuali di testimoniare il proprio sostegno alla gente che resiste e soffre a causa di terre espropriate, militarizzazione, danni ambientali e morali. Le ragioni della Valle sono rimaste inascoltate, i sindaci dei Comuni non ricevuti da Napolitano, l’Osservatorio incapace di un vero confronto sulle motivazioni NoTav. Lì assistiamo ad un’incredibile sproporzione di forze in campo: da un lato le cariche istituzionali, l’esercito, la Confindustria, la Fiat, i media nazionali; dall’altra la sola popolazione locale. Eppure si parla di “conformismo NoTav” nel pieno di uno stravolgimento del linguaggio dove viene tirato in ballo il “terrorismo”. Un’aberrazione. Un termine sconclusionato e lontanissimo da ciò che là avviene e dallo stesso concetto di sabotaggio, che nel suo significato originario ha segnato tutta la pratica nonviolenta del movimento operaio (il termine nasce da sabot, gli zoccoli di legno dei lavoratori poveri ottocenteschi). Fa parte delle stesse tecniche di disobbedienza civile gandhiane, che contemplano anche l’illegalità, pur restando rigorosamente nonviolente. I blocchi stradali, o il taglio delle reti, sono atti di disobbedienza civile di questo tipo. E costituiscono un’extrema ratio per popolazioni costantemente inascoltate. Il terrorismo invece è azione violenta e coperta. E la dimensione della clandestinità è il vero nemico delle lotte sociali.

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