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19 Agosto 2013

La Bulgaria in piazza contro il familismo
di Matteo Tacconi

A Sofia proteste dal 14 giugno per la nomina del rampollo di una delle piu potenti famiglie del paese a capo dei servizi di sicurezza. Immancabile, è nato anche un hashtag: #Danswithme

Sessantasette giorni consecutivi di protesta. E altri ne verranno, c’è da starne certi. Il braccio di ferro tra società civile e governo va avanti. Non c’è nulla che al momento possa fermare i dimostranti, men che meno il sole d’agosto, che martella le strade di Sofia. L’obiettivo è far cadere l’esecutivo e se possibile, spazzare via l’intera classe politica, considerata impresentabile, corrotta, lontana dalle esigenze reali della popolazione e incapace di imbastire le riforme che servirebbero a migliorare la vita della gente, in quello che è il paese più povero dell’Unione europea.

Ma come s’è arrivati a questo punto? Cos’è che ha alimentato queste dimostrazioni, rumorose e lunghissime? Tutto è cominciato il 14 giugno scorso, quando la maggioranza uscita dalle elezioni anticipate di maggio, un binomio instabile tra il Partito socialista (Bsp) e la formazione rappresentativa della minoranza turca, il Movimento dei diritti e delle libertà (Mrf), ha nominato a capo dei servizi di sicurezza Delian Peevski, esponente del Mrf e rampollo di una delle più potenti famiglie del paese, che vanta nel suo portfolio diversi interessi nel settore dei media.

La nomina di Peevski, uno che ha sempre avuto strada e carriera spianate proprio grazie al pedigree familiare, ha scatenato la rabbia popolare, portando alla conclusione che il gioco di sponda tra politica e grossi interessi economici non cambia mai, governi chi governi. È così che dopo le grandi proteste dello scorso inverno, dettare dal rincaro violento delle tariffe dell’elettricità e culminate con le dimissioni del primo ministro Boiko Borisov, un ex wrestler dal piglio decisionista e dalla fama di grande intrallazzatore, i bulgari sono nuovamente tornati in piazza. L’adunata è stata scandita dall’hashtag #Danswithme, riuscitissimo gioco di parole originato dall’acronimo dell’agenzia che Peevski è stato chiamato a dirigere: il Dans.

Il primo ministro Plamen Oresharki, davanti alla rivolta della gente, ha revocato la decisione. Ma non è bastato. I bulgari hanno continuato a “danzare”, fino al clamoroso blocco del Parlamento del 23 luglio e fino a invocare il ritorno alle urne, una legge elettorale migliore, riforme e trasparenza.

Da allora la situazione non è cambiata. A Sofia si manifesta ancora, ogni santo giorno. La questione Peevski ha messo a nudo una rabbia diffusa nei confronti dell’élite politica. Che, da parte sua, non ha fatto granché per scrollarsi di dosso le accuse. Per esempio l’altro giorno i socialisti e la minoranza turca, con l’appoggio degli ultra-nazionalisti di Ataka, i cui voti risultano decisivi per tenere in vita l’esecutivo, hanno approvato una revisione del bilancio per aumentare la spesa sociale. Questo nonostante il capo dello stato, Rosen Plevneliev, avesse rispedito il pacchetto in Parlamento, denunciandone la scarsa trasparenza.

In cambio, i socialisti gli hanno scatenato contro la stampa amica, accusandolo di stare dalla parte della protesta, a sua volta descritta, lo spiega su New Eastern Europe il giornalista italiano Francesco Martino, come eterodiretta e finanziata da Georges Soros, il cui nome viene sistematicamente tirato in ballo ogni volta che sulle piazze dell’Est si fa baccano. «Vi odiamo gratis», è stato il brillante slogan con cui i mattatori della protesta – percepita dall’estero come protesta della classe media o di classe, a seconda dei casi – hanno risposto alla velenosa stoccata.

Come andrà a finire? Secondo Martino le manifestazioni proseguiranno ancora e s’arriverà quasi certamente al voto anticipato, forse nel 2014. Anche se, in prospettiva, è difficile che la protesta evolva in un movimento politico capace di rivoluzionare il quadro politico. Si colloca sulla stessa lunghezza d’onda Vassil Tonchev, direttore del centro sondaggi Sova Harris. In un recente editoriale per l’agenzia di stampa Novinite ha spiegato che la protesta non sembra avere la forza per scardinare il sistema politico e che la cosa migliore che la Bulgaria possa augurarsi è che il governo non cada e che la piazza continui a esercitare pressione, costringendo Oresharki a fare leggi utili. Se non è un vicolo cieco, poco ci manca.

Insomma, oggi sono sessantasette i giorni consecutivi di protesta, domani saranno sessantotto e presto s’arriverà a settanta. Fino a quando durerà?

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