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20/3/13

Panico-Cipro, capitali in fuga dalle banche dell’Eurozona

L’Unione Europea non è più una democrazia, se le potenze dominanti decidono di “rapinare” d’autorità un piccolo popolo, come quello di Cipro, col “prelievo forzoso” del 6,75% su ogni piccolo deposito bancario, arrivando al 9,9% per i conti correnti sopra i centomila euro. «Si tratta della rottura dei diritti basilari di proprietà, una violazione imposta a un piccolo paese da parte di potenze straniere, in un modo tale da dover far tremare ogni risparmiatore europeo che abbia un deposito in banca», sostiene Lars Seier Christensen, co-fondatore di “Saxo Bank”. Ridicolo il tentativo degli euro-vampiri di presentare il “salvataggio” come una misura straordinaria, una tantum: «Adesso è assai difficile aspettarsi che ci sia una qualche limitazione al tipo di misure che la Troika e l’Unione Europea potranno deliberare quando la crisi inizierà davvero a mordere».

«Se fai una cosa del genere una volta, la puoi rifare ancora», scrive Christensen in un intervento su “Tradingfloor”, ripreso da “Megachip”. «Se oggi confischi il 10 per cento del conto corrente di un cliente, domani puoi confiscarne il 25 per cento, il 50 o perfino il 100 per cento». A questo punto, aggiunge l’analista finanziario, «ritengo che vedremo materializzarsi il peggio mano a mano che esploderà il panico, mentre questi politici cercheranno disperatamente di tener vivo l’euro». Secondo Christensen, «i risparmiatori di altri Paesi che in prospettiva avrebbero necessità di un bailout, devono iniziare ad aver paura: quanto è ancora sicuro tenere i soldi in una banca italiana, spagnola o greca? La risposta dovrebbe essere: non lo so. È cosa prudente correre il rischio? Vedi tu».

Tutto ciò, aggiunge Christensen, potrebbe portare ad un esodo massiccio di capitali dai paesi deboli dell’Eurozona, cioè «l’ultima cosa di cui hanno bisogno proprio adesso». Non è esclusa neppure una clamorosa fuga di capiutali dall’intera Unione Europea, se dovesse prevalere il panico. Sospetto accresciuto dalla consapevolezza che l’unione bancaria è già operativa nella maggior parte dei paesi. «Questo è un fatto enorme, gigantesco, fra quelli che cambiano le regole del gioco, e le sue ricadute precipiteranno su di noi per lungo tempo ancora», scrive Christensen. «Ritengo che sia l’inizio della fine dell’Eurozona e che questo sia un colpo mortale alla già malferma fiducia rimasta negli investitori. Più o meno un autogol».

Quali reazioni nei mercati? Ottima notizia per l’oro e per le nazioni che sono un porto sicuro come la Svizzera e Singapore, e per i paesi in salute che non hanno adottato l’euro: dalla Svezia alla Danimarca, la Scandinavia si è tenuta saggiamente alla larga dall’insidiosa valuta non-sovrana emessa dalla Bce e ormai ritenuta la causa principale della gravissima crisi europea, economica e sociale e non più solo finanziaria. «I mercati dell’Eurozona e associati saranno minati da un crescente calo di fiducia non appena saranno chiare agli investitori tutte le implicazioni. L’incredibile sta nel fatto che la Commissione Europea, gestita da non-eletti, non ha alcuna legittimità democratica. «Non riesco ancora a crederci che possa essere successo», ammonisce Christensen: «Attenti, là fuori…».

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