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29 ottobre 2013

Il Pil crolla, la povertà aumenta e l’ambiente non sta bene: dateci una prospettiva
di Alessandro Farulli

Cala il Pil anche nel terzo semestre attestandosi sul -1,8% ma, al di là delle previsioni di fine anno che vorrebbero una ripresina, il dato duro fornito oggi dall’Istat è che la recessione ha determinato ”gravi conseguenze” sull’intensità del disagio economico (come conferma l’indagine Acri-Ipsos): dal 2007 al 2012 il numero di individui in povertà assoluta è raddoppiato da 2,4 a 4,8 milioni. Sempre più poveri e sempre meno lavoro. Oppure sempre meno lavoro e per questo sempre più poveri. Ma non ci sono solo loro, la zona grigia, come qualcuno l’ha già chiamata, è molto più ampia e si tratta di coloro che stanno camminando sul bordo del burrone. Basta un colpo di vento – una malattia, un infortunio, una spesa improvvisa – per farli cadere nelle fila dei disgraziati. Aggiungere al tutto il capitolo giovani con annessi e connessi. Il quadro dell’Italia è dunque desolante. Ma lo è di più se si guarda alle idee in campo per cambiare rotta. Finiti i grandi ideali (purtroppo) non restano che quelli piccoli, dannatamente piccoli. E di che ce ne facciamo? Ma quando mai l’umanità è avanzata migliorandosi senza una grande idea di un posto migliore in cui vivere rispetto a quello che aveva di fronte? In tempo di guerra si sognava la pace. In tempo di pace c’era da ricostruire. Una volta ricostruito c’era da impegnarsi per quelli che erano rimasti indietro. E adesso? Come è possibile che di fronte a una crisi che non è alimentare e non è ancora strettamente ambientale non si trovi un guizzo per guardare oltre? Nessuna bacchetta magica, sia chiaro, ma un po’ di prospettive sì.

Ci hanno fatto ingoiare di tutto in questi anni dalle bugie sulla crisi che non avrebbe toccato l’Italia, alla prossima uscita dal tunnel annunciata infinite volte, alla necessità di tirare la cinghia e poi ancora e ancora. Una richiesta costante, ma in cambio di cosa? Questo è l’aspetto a cui deve dare una risposta chi governa questo paese e questa la risposta che deve dare chi vorrà governarlo. Perché ci hanno detto che in Italia non c’è lavoro e può anche essere vero, ma sono gli argomenti che non convincono. Si sostiene che non siamo abbastanza produttivi, oppure che certi settori ormai sono saturi o che la forza lavoro degli uomini ormai è stata sostituita dai computer. Ad esempio un tema è che le nostre scuole non sono abbastanza digitali. Ma chi sano di mente può veramente credere che la panacea di tutti i mali scolastici sia una lavagna digitale? Sarà mica che le classi scoppiano di alunni, soprattutto là dove gli studenti crescono nella loro coscienza di sé, ovvero alle scuole elementari e medie? Dunque il problema semmai è che ci sono pochi insegnanti, oppure utilizzati male. Chi ha deciso che le classi devono essere di 30 alunni? Non certo qualcuno che ha a cuore l’insegnamento.

Per non parlare del fatto che è vero che in Italia non c’è più bisogno di costruire case, ma di certo c’è molto da ristrutturare e da ripensare. In un Paese con troppe case crescono gli affamati di casa che piantano le tende della loro inascoltata disperazione di esclusi davanti ai ministeri. Ci sono, invece, interi quartieri diventati ghetto da far rifiorire, almeno a livello di programmi. Di sogno da inseguire, specialmente al sud. Ma la politica italiana oggi dove sta guardando? Rattamati e rottamatori che dicono al proposito? La sinistra a sinistra perché non si fa carico davvero di questo messaggio di speranza e orizzonte da portare a conforto di chi da tempo è in apnea e non vede aria? Non sono illusioni, sono ipotesi concrete, ma quando nei primi anni 2000 si parlava di energie rinnovabili qualcuno avrebbe mai potuto pensare la rivoluzione in questo campo degli ultimi anni anche al netto di qualche errore che può essere stato fatto? Rimettiamo al centro il lavoro, facciamolo da sinistra e facciamo che sia di qualità e utile per tutti. Lavoro il più possibile legato al’ambiente a 360° perché ce ne è di più e perché è più utile e potenzialmente più stabile. Diciamo pure a tutti che da questa crisi se ne usciremo tutti più poveri di sprechi, ma più ricchi di cultura è un guadagno per tutti. Ma che per far questo bisogna che una fetta della popolazione raggiunga un sufficiente livello di qualità della vita, e che a pagare sia in parte o in tutto non chi ha subito la crisi, ma chi l’ha generata.

Sconsolati, ma non abbattuti confidiamo che almeno il 6 e il 7 novembre  a Rimini Fiera nell’ambito delle manifestazioni Ecomondo, Key Energy e Cooperambiente,qualcosa esca fuori dal  tavolo di confronto pubblico con le Istituzioni di riferimento, il Ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, il Ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, rappresentanti dell’OCSE, dell’UNEP, dell’Unione Europea, esponenti delle autonomie locali e regionali, oltre a numerosi ed autorevoli esperti del settore della green economy.

Sul tavolo – dove purtroppo quasi sempre restano i nostri sogni – c’è quel Green New Deal per l’Italia’ a cui anche noi abbiamo dato il nostro piccolo contributo in termini critici per uscire dalla crisi economica, ecologica e occupazionale. Il Consiglio Nazionale della Green Economy ha infatti selezionato, 10 priorità da mettere in pratica nel più breve tempo possibile contenute nel ‘Pacchetto di misure per un Green New Deal per l’Italia’, che riguardano settori strategici della green economy, in particolare una riforma fiscale in chiave ‘eco’; strumenti finanziari innovativi; investimenti in infrastrutture verdi, difesa del suolo e risorse idriche; riciclo dei rifiuti; efficienza e risparmio energetico; fonti energetiche rinnovabili; filiere agricole di qualità ecologica; rigenerazione urbana e consumo del suolo; mobilità sostenibile e occupazione giovanile green. Questa è la strada, il resto sono chiacchiere.

http://www.vita.it
30/10/2013

Crisi: si spende meno per tutto, e in 5 anni i poveri raddoppiano
di Gabriella Meroni

Continua la riduzione di spesa da parte delle famiglie. Nel 2012 si è tagliato di più per vacanze, abbigliamento e ristoranti, ma cala anche quanto si spende per giochi e lotterie. Resistono le medicine. 40 milioni di italiani dicono di stare economicamente peggio di 12 mesi fa. Intanto l'Istat segnala “i poveri raddoppiati in 5 anni”

La recessione ha determinato ''gravi conseguenze'' sull'intensità del disagio economico: dal 2007 al 2012 il numero di individui in povertà assoluta è raddoppiato da 2,4 a 4,8 milioni. Lo ha ricordato ieri Il presidente facente funzioni dell’Istat Antonio Golini in audizione al Senato sulla Legge di stabilità. Quasi la metà (2,3 milioni) sono al Sud e di questi poco più di 1 milione sono minori.

La crisi si è abbattuta sul 40% delle famiglie nel 2012. I dati sono stati forniti dall'Acri nel Rapporto "Gli italiani e il risparmio" realizzato in collaborazione con l'Ipsos in occasione della 89esina Giornata Mondiale del Risparmio che si è svolta ieri a Palazzo della Cancelleria. Di questo 40%, ben il 20% ha perso il lavoro (20%) o ha visto un peggioramento delle condizioni occupazionali (il 15% contro il 9% del 2012), ma c'e' anche chi non viene pagato con regolarità (3%) e chi ha dovuto cambiare lavoro (4%). Le famiglie colpite nei percettori di reddito del nucleo familiare sono il 30%, con un incremento di 4 punti percentuali rispetto al 2012 (erano il 26%). 

Nel Rapporto si legge anche che ''sono il 26%, percentuale uguale  a quella del 2012, le famiglie che segnalano un serio peggioramento del proprio tenore di vita (erano il 21% nel 2011 e il 18% nel 2010), mentre quasi la metà degli intervistati (il 47%, erano il 46% nel 2012) dichiara di avere difficoltà a mantenere il proprio tenore di vita. Il 25% (come nel 2012) ritiene di mantenerlo con facilità e solo il 2%, cioe' 1 italiano su 50, dichiara di aver sperimentato un miglioramento del proprio tenore di vita nel corso degli ultimi dodici mesi: nel 2010 erano il 6%, nel 2011 il 5%, nel 2012 il 3%. A fronte di oltre 40 milioni di Italiani

che registrano un peggioramento della propria situazione economica circa 1 milione di Italiani sta meglio di prima''.

Interessanti i dati sui consumi. Mentre infatti i primi anni di crisi hanno visto la pesante riduzione dei risparmi e degli investimenti, ora l’elemento più colpito sono proprio i consumi. I settori dove i tagli di spesa sono stati maggiori appartengono (come nel passato) soprattutto al fuori-casa: il 65% per cento degli Italiani dichiara di aver ridotto la propria frequenza nei ristoranti, bar e pizzerie negli ultimi 2-3 anni, solo il 4% dichiara di averla incrementata e il 31% di averla  mantenuta costante: il saldo negativo tra chi ha incrementato e chi ha ridotto è di 61 punti percentuali; l’anno scorso era -57. 

Viaggi e vacanze sono stati ridotti negli ultimi anni dal 60% degli Italiani, contro il 5% che li ha incrementati; il saldo negativo è del 55%, in peggioramento rispetto al 53% del 2012. A queste tipologie di consumo va affiancata anche quella relativa a vestiario, che registra una riduzione presso il 54% degli Italiani, un incremento resso il 7%, mentre il 39% dichiara di non aver modificato il proprio consumo. Ciò genera un saldo negativo del 47%, sempre drammatico ma inferiore a quello del 2012, che era negativo di 51 punti percentuali. L’abbigliamento, meno colpito nei primi anni di crisi, ora è uno dei settori nei quali il maggior numero di Italiani ipotizza di fare dei risparmi.  

Ci sono poi degli ambiti ove il saldo tra coloro che li hanno ridotti rispetto a quelli che li hanno incrementati è fortemente negativo. In particolare si registra un -30% nella cura della persona (era -31% nel 2012), di -31% nei giochi e nelle lotterie (era -35% nel 2012), di -26 punti nel settore dei libri, giornali e riviste, di -20 nell’elettronica ed elettrodomestici. In un unico ambito gli Italiani non sono tanto disposti a ridurre i consumi: quello dei medicinali. In questo caso coloro che hanno incrementato il consumo (28%) sono assai più di coloro che l’anno ridotto (10%); il saldo è, dunque, positivo ed è persino superiore a quello del 2012 (+18 punti percentuali nel 2013, +17 nel 2012). 

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