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1 giugno 2013

Quelli che la Costituzione l’hanno già distrutta
di Daniele Mallamaci

Manifesto “Non è cosa vostra!”, a difesa della Costituzione: tra le firme anche i parlamentari che l’hanno già stravolta con Pareggio di Bilancio e Fiscal Compact.

Di fronte dell’assalto alla Costituzione italiana da parte del governo Napolitano-Berlusconi-Letta, l’associazione “Libertà e Giustizia” di Gustavo Zagrebelsky lancia un appello per difendere la Carta e convoca per il 2 giugno una manifestazione in piazza a Bologna.

Nel Manifesto “Non è cosa vostra!”, l’ex presidente della Corte Costituzionale denuncia lo stravolgimento cui rischia di esser sottoposta la legge fondamentale della Repubblica: la maggioranza PD-PDL-montiani, infatti, intende istituire un organismo estraneo al nostro ordinamento e burocraticamente definito “Convenzione“, nel quale saranno nominati alti esponenti delle due Camere e altre personalità prive di mandato elettivo cui sarà affidato l’incarico di redigere una proposta di revisione della Costituzione da proporre al Parlamento.

Zagrebelsky sottolinea l’incostituzionalità di un simile procedimento di revisione costituzionale: tale compito, infatti, non può esser delegato ad individui che – non essendo stai eletti – non rappresentano la volontà dei cittadini. Per Zagrebelsky quest’ultimo, definitivo attacco alla tenuta democratica del nostro Paese ha un obiettivo prioritario: l’introduzione del presidenzialismo (cioè la votazione diretta del Capo dello Stato).

Il giurista torinese, quindi, propone a movimenti, comitati, associazioni e semplici cittadini di riunirsi il giorno della Festa della Repubblica per dare vita ad un movimento che nei prossimi mesi controlli l’operato del Parlamento, vigilando su qualunque eventuale comportamento o misura anti-costituzionale che i partiti dell’esecutivo potrebbero approvare.

Sono già numerose le adesioni all’invito di “Libertà e Giustizia”: tra i grandi nomi, spiccano quelli di Roberto Saviano, Paolo Flores D’Arcais, Stefano Rodotà, Maurizio Landini e Salvatore Settis. Molte realtà importanti come l’Anpi, la Fiom, Libera, Alba, Articolo 21, Micromega, Arci e la Cgil hanno ugualmente sottoscritto l’appello del presidente di “Libertà e Giustizia”, associazione della quale fanno parte anche Umberto Eco, Paul Ginsborg, Valerio Onida, Gae Aulenti, Claudio Magris e Guido Rossi.

Eppure, quest’iniziativa condivisibile nello spirito, nel contenuto e nelle finalità, rischia di trasformarsi in una truffa per le migliaia di persone che da ogni angolo d’Italia stanno mobilitandosi per ascoltare i discorsi dei relatori che già hanno confermato la loro presenza a Bologna. Relatori che però il popolo italiano già l’hanno truffato, e che immaginano di beneficiare impunemente il 2 giugno del bagno della folla richiamata invece dall’onestà e dalla coerenza degli altri firmatari del Manifesto. Ingenuamente, folla e relatori onesti regalerebbero ai truffatori una gratuita visibilità nello spettacolo della (dis)informazione mediatica nostrana, sotto le inquadrature benevole dei Tg di regime e negli articoli dei giornali compiacenti, in un tripudio di propaganda.

Chi sono i truffatori?

Uno di loro è Giovanni Bachelet. Porta un cognome e una storia di alti valori nella Storia della Repubblica, è co-fondatore e co-garante di “Libertà e Giustizia”, eletto nel 2008 alla Camera dei Deputati nelle fila del Partito Democratico. È un cursus honorum nobile, il suo, ma sottrae alla vista un’insostenibile contraddizione: ora infatti Bachelet si dichiara contrario alla creazione della “Convenzione”, mentre il 6 marzo 2012 votava a favore della modifica dell’articolo 81 della Costituzione. Lui e due terzi dei suoi colleghi hanno deciso così d’introdurre nella Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio. Senza pentimenti.

Di natura tecnicista e di stampo neo-liberista, il pareggio di bilancio limita la libertà di spesa dello Stato italiano, vincolandolo a non spender più delle risorse a sua disposizione: essendo lo Stato italiano enormemente indebitato e le sue entrate fiscali in drastica diminuzione, approvando questa regola Bachelet ha contribuito a metter in ginocchio l’intera popolazione italiana: 60 milioni di persone sempre più private dal loro stesso Stato di servizi vitali come la cura della salute, l’istruzione, i trasporti, l’assistenza sociale, i sussidi occupazionali, la manutenzione del territorio.

Peggiorando l’art. 81, il Parlamento ha di fatto impossibilitato sé stesso ad adempiere ai suoi compiti istituzionali, in primis assicurando al popolo italiano il diritto al lavoro, alla dignità e alla sicurezza sanciti da una Costituzione che pertanto è già stata stravolta e svuotata, poiché la votazione del pareggio di bilancio condanna i suoi principi fondanti ad un destino di morte certa: come si possono costruire e far funzionare i servizi vitali se non si dispone liberamente di quanto si produce e dei soldi raccolti con la tassazione?

Bachelet e gli altri onorevoli hanno perciò ucciso la sovranità del popolo che dovevano rappresentare, spodestandolo della sovranità su una materia cruciale per la sopravvivenza di qualunque nazione: la gestione delle finanze e dell’economia.

Da allora, la Repubblica non appartiene evidentemente più agli italiani ma a qualcun altro: a chi?

Innanzitutto, la vicenda dell’approvazione del vincolo del pareggio di bilancio testimonia come gli italiani non siano più governati da propri rappresentanti ma da maggiordomi: politicanti che nel Palazzo di Roma eseguono gli ordini dell’oligarchia politica seduta nei Palazzi di Bruxelles, Berlino e Washington, costringendo il 99,9% degli italiani a sopportare sacrifici su sacrifici per rimborsare degli astronomici interessi generati all’infinito da un debito che nessun lavoratore o famiglia mai ha voluto contrarre e mai è stato informato d’aver contratto. Interessi usurai che si traducono in un fiume di denaro, un’enorme quantità di soldi, una montagna di valore trasferita dai risparmi, dai salari e dalle pensioni dei cittadini alle tasche di un élite di finanzieri con sede a New York e Londra: un club di proprietari universali sempre più ricco e potente, mentre centinaia di milioni di italiani e soprattutto greci, spagnoli e portoghesi si svegliano ogni mattina più poveri, ignoranti ed impauriti, in Paesi dove quotidianamente aumentano la disoccupazione, la precarietà, l’inflazione. Un caos sociale ormai insostenibile, favorito dai Parlamenti nazionali – ovvero da chi li guida e chi ne è membro – che votano decisioni improntate all’austerità: prima gli interessi sul debito e dopo gli interessi dei cittadini; prima i proprietari delle azioni di banche, fondi e multinazionali, dopo la sopravvivenza e il destino d’interi popoli.

Questa logica di sfruttamento è da secoli alla base dello sfruttamento dei Paesi poveri, i cui abitanti conducono un’esistenza segnata dalla violenza, dalla fame e dalle migrazioni: questo è lo scenario che si prospetta anche per gli europei, se non ci organizziamo per ribellarci ai proprietari universali e ai loro maggiordomi.

Invece di organizzare la ribellione, dopo aver votato per il pareggio di bilancio, cos’hanno fatto i truffatori che il 2 giugno vogliono esser bagnati dalla folla e pubblicizzati dai media?

Ebbene, il 19 luglio 2012, Bachelet ha votato anche per la ratifica del trattato europeo denominato “Fiscal Compact”, obbligando l’Italia a pagare ogni anno circa 40 miliardi di euro per ridurre il proprio rapporto deficit/PIL.

40 miliardi di euro è una cifra mostruosamente elevata, simile a quella della storica manovra finanziaria “lacrime e sangue” approvata nel 1992 dal governo di Giuliano Amato, il quale poco prima di varare la più consistente e anti-popolare finanziaria della storia repubblicana, già aveva autorizzato il prelievo forzoso dai conti correnti degli italiani, applicando per decreto legge un “interesse straordinario” del 6 per mille data la “situazione di drammatica emergenza della finanza pubblica”. Per aver anticipato di un ventennio la pratica del prelievo forzoso di cui sono stati recentemente vittima i ciprioti, Amato è stato nominato Presidente dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, Cavaliere della Repubblica e Presidente della Scuola Sant’Anna di Pisa, nonché maggior consulente in Italia della Deutsche Bank.

Attualmente, il “Dottor Sottile” è uno dei più importanti esponenti d’area del PD, partito principe dell’inciucio la cui azione di governo è giustamente temuta da Zagrebelsky.

Oltre a Bachelet, del partito espressione dell’odierno primo ministro Letta – tra i principali sostenitori della “Convenzione” – hanno fatto o fanno parte anche altri truffatori aderenti all’iniziativa di Bologna, ognuno dei quali ha avvallato sia il vincolo di pareggio di bilancio, sia il “Fiscal Compact”. Questi impresentabili sono Silvana Amati, senatrice; Rosy Bindi, deputata (assente alle votazioni di entrambi i provvedimenti perché “in missione”); Felice Casson, senatore; Paolo Nerozzi, senatore; e Sandra Zampa, deputata.

Inoltre, la lista pubblicata sul sito dell’evento riporta pure il nominativo di Antonio Borghesi: capogruppo dell’Italia dei Valori alla Camera, fu firmatario del ddl sul pareggio di bilancio che ovviamente votò, mentre si astenne nella votazione sul “Fiscal Compact”.

Dunque, non la possibile introduzione del presidenzialismo – atto la cui gravità Zagrebelsky ben descrive – quanto piuttosto l’introduzione del vincolo del pareggio di bilancio e delle disposizioni del “Fiscal Compact” ha costituito il piede di porco con cui la Costituzione è stata violata da due terzi dei parlamentari, eletti con una legge elettorale appunto chiamata “porcata”. Parlamentari che hanno così legittimato la ruberia dei responsabili della crisi, i quali stanno tutt’ora continuando impunemente a privatizzare la ricchezza che i cittadini hanno prodotto e risparmiato in anni di lavoro e mercificare i loro beni comuni: gli ospedali, le scuole, l’acqua, le ferrovie, il territorio, le autostrade, i monumenti, le aziende e gli istituti statali, le riserve d’oro, le coste.

Ecco la verità sull’Italia all’inizio dell’estate 2013 che i media non raccontano e che “Libertà e Giustizia” non può permettersi di mistificare: il nostro Paese è governato da truffatori-maggiordomi che in cambio di privilegi, condoni, poltrone, mazzette ed amnistie stanno svendendo il presente e il futuro di decine di milioni di loro concittadini ad un élite di persone delle quali nessuno conosce l’identità e che s’impossessano delle nostre vite soltanto per accresce il loro profitto ed estendere il proprio potere.

Stato, Regioni, Province e Comuni sono incapaci di opporsi al furto di democrazia, ai diktat della finanza globale e alla mafiosità delle corrotte clientele locali.

Nonostante la mancanza di lavoro sia ormai il problema della maggioranza degli abitanti d’ogni angolo d’Italia e nonostante migliaia di piccole e medie aziende siano costrette a chiudere per l’insolvenza di crediti contratti con le istituzioni stesse, nessun amministratore ha fin’ora osato disobbedire agli assurdi dettami del “Patto di Stabilità”.

Il Parlamento è costituito da un lato da persone elette da segreterie di partiti in mano ai proprietari di cooperative, televisioni, banche, giornali e assicurazioni, dall’altro da membri di un movimento che scambiano la rete virtuale e i dibattiti in Aula con l’opposizione nelle strade e nelle piazze, e che sottostanno al condizionamento di due individui proprietari del marchio del movimento. Il governo è stato nominato da un Presidente della Repubblica asservito alla politica militare della superpotenza degli Stati Uniti e alle esigenze dei signori della Troika che stampano incessantemente moneta inondando i mercati di una liquidità che affogherà tutti.

Ecco la fotografia dell’Italia, parte di un film più vasto in cui alla decisione democratica di tanti si sostituisce la volontà autoritaria di pochi, mentre aumenta il numero e la distruzione delle guerre che si combattono a sud e ad est del Mar Mediterraneo.

Di questo quadro, Zagrebelsky e la maggioranza dei promotori e sottoscrittori dell’appello “Non è cosa vostra!” sono consapevoli. Forse però non hanno valutato le implicazioni del sostegno ufficiale alla loro iniziativa di alcuni dei truffatori-maggiordomi che hanno contribuito a traghettare gli italiani in questo pericoloso guado tra democrazia e “nazismo bianco” (copyright Tremonti).

O ci salviamo da noi, ribellandoci alla dittatura della banco-finanza a partire dai quartieri, dai luoghi di lavoro e dalle cerchie di conoscenti, informando e mobilitando per iniziare lotte locali a difesa della nostra sovranità, per decidere sulla vita nostra e del nostro territorio; o sarà la catastrofe.

Perciò, è sperabile che il 2 giugno Zagrebelsky e i cittadini che risponderanno al suo appello non permettano di parlare a nessuno dei parlamentari che non si sono opposti al pareggio di bilancio e al “Fiscal Compact”: “Libertà e Giustizia” deve eliminare le loro firme dalla lista degli aderenti.

Se il Manifesto per la festa della Repubblica è sincero, lo stesso filtro dovrà esser adottato pure nei confronti di altri autorevoli esponenti della pattuglia dei sostenitori, diretti ed indiretti, della politica di austerità e sacrifici che il governo del “pensiero unico” Napolitano-Berlusconi-Letta sta portando avanti: per esempio, depennando i nomi di Susanna Camusso – fautrice del recente accordo tra Confindustria e i sindacati confederati che ha annullato i diritti dei lavoratori conquistati in centocinquant’anni di lotte sindacali – e di Nichi Vendola, Presidente di Sinistra Ecologia e Libertà – partito che alle ultime elezioni nazionali ha deciso di far parte della coalizione guidata dal PD, così appoggiando la linea neoliberista, cortigiana e inciucista dell’allora segretario e candidato premier Pier Luigi Bersani.

In effetti, la Costituzione non è cosa loro!

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