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9 febbraio 2013

L’inverno di Atene
di Panagiotis Grigoriou
traduzione di Giuseppe Volpe

In fumo -  Fine del 2012: un gruppo di lavoratori, pensionati e disoccupati siede in un caffè del centro di Atene a discutere dell’assemblea del condominio tra pochi giorni. Devono riempire i serbatoi del gasolio del riscaldamento centrale? Va acceso il riscaldamento dell’intero edificio che, come è normale in Grecia, ha il riscaldamento centralizzato? Queste sono le domande brucianti ad Atene, dove il processo decisionale democratico è più preoccupato ora dell’inverno freddo e del prezzo del gasolio (che è quasi triplicato dal 2010) che del debito nazionale.

Fuori, in strada, c’è una discussione, la seconda della giornata. Christos, un nuovo inquilino del secondo piano dell’immobile, ha spinto un vicino contro il muro. “Sapete che sono al verde. Se decidete tutti di riempire i serbatoi del gasolio quest’anno, dovrete pagarvelo da soli!”

Ogni ateniese sapeva che sarebbe stato un inverno rigido. Quelli che ancora possono permetterselo accumulano riserve. E la gente sta passando alla legna come combustibile. Quando il legno finisce, vengono bruciate altre cose. Gli ateniesi hanno recentemente scoperto che i pellet di legno che hanno acquistato – che si presumevano fatti di segatura – possono contenere rifiuti dannosi compattati, tra cui rifiuti biologici degli ospedali.

Atene è sotto una permanente coltre di fumo. I suoi abitanti sono angosciati nell’aprire le finestre, anche per poco: il fumo entra immediatamente negli appartamenti ricoprendo le pareti e il pavimento. “Hai visto la nuvola di fumo?” chiede la gente. “E’ come ai tempi dei nostri nonni.” I più anziani ricordano quando gli scolari portavano un pezzo di legno a scuola, “contributo al riscaldamento” cessato negli anni ’70. I bambini che erano soliti cantare in strada per gli spiccioli ora lo fanno per i soldi per comprare il gasolio per riscaldare le loro scuole e tenerle aperte.

A dicembre tre fratellini sono morti in un incendio che ha distrutto la casa dei loro nonni, causato da una stufa a legna installata di recente.

Razioni ridotte – I visitatori della Grecia erano soliti notare che i greci non finivano i piatti. Se i visitatori educatamente completavano le generose porzioni servite loro, veniva loro servita una copiosa seconda portata. Il cliente, nei ristoranti, doveva ordinare una portata finale quando tutti avevano lo stomaco pieno; non importava se gli ospiti spizzicavano soltanto, perché quello che lasciavano era un simbolo tradizionale di aver goduto “un buon pasto greco”. La crisi ha colpito i modi a tavola e i greci ordinano molto di meno. Hanno cominciato a ripulire i loro piatti.

In treno – Il treno è zeppo, cosa che è diventata la norma negli ultimi due anni. I passeggeri sono stipati nei corridoi e negli spazi tra le carrozze. Arrivare al bar o alla toilette richiede agilità e diplomazia. “Presto viaggeremo sul tetto, come in India”, dice una donna incapace di raggiungere la toilette. Qualcuno aggiunge: “E i cinesi saranno padroni della compagnia!”

Un biglietto di andata e ritorno tra Atene e la regione della Tessaglia, nella Grecia centrale, costa 22 euro, se si prenota due o tre settimane in anticipo. Lo stesso viaggio di 700 chilometri in auto costerebbe 1,70 euro per ogni litro di benzina e 20 euro di pedaggi; la corriera costa 60 euro. Perciò la gente è disponibile a sopportare il disagio del treno anche se manifesta la propria frustrazione al controllore: “Perché non aggiungete vagoni extra? Ci trasportate come bestiame! Voi siete pagati, diversamente da metà della gente in questa carrozza!” “Non possiamo allungare il treno per motivi tecnici”, spiega il controllore. “L’infrastruttura non reggerebbe. E, sì, siamo pagati, ma ci stiamo battendo contro la privatizzazione della compagnia. Siamo qui per la vostra sicurezza. E non prendiamo molto.”  Strizzati sul retro della carrozza due studenti sono concentrati nella lettura di Rizospastis, il giornale del Partito Comunista Greco. Quando il treno si ferma a Tebe un altro giovane sale a bordo e subito si mette a discutere con loro: “Vi sbagliate, ragazzi. Io sono un patriota, non ho soldi né lavoro, probabilmente come voi. Noi ci preoccupiamo anche della gente e dei poveri, perché facciamo parte di loro. Non ce l’avete voi il monopolio del proletariato. E non chiamatemi fascista, ce n’è sin troppo di quel discorso … I ricchi ci stanno schiacciando e riducendo in schiavitù il nostro paese. Possiamo essere d’accordo almeno su questo?”

“Sei tu quello che si sbaglia, amico,” replicano. “Ti sbagli del tutto a proposito dell’Alba Dorata [il partito neonazista]. Quella gente difende i monopoli e i “potenti”, come li chiami tu. Solo che tu non riesci a capirlo. Non ancora …”

Magri raccolti – Temporali recenti hanno fatto cadere le olive e gli agrumi dagli alberi dei parchi pubblici e delle piazze attorno ad Atene. Normalmente di questi alberi sono responsabili le autorità locali, ma negli ultimi due anni è la gente del luogo a raccogliere la frutta. Perciò i temporali che la distruggono prima che sia matura sono causa di sofferenza e di rabbia.

Buone notizie – A Capodanno i media, specialmente la televisione, hanno cercato di creare uno spirito festivo e alcuni canali, consapevoli che la gente si sente oppressa da titoli allarmisti, hanno condito i notiziari con favole rosa che mostrano che tutti possono adottare un atteggiamento positivo e farsi carico della propria vita. “La gente è stanca e delusa. Non sa cosa porterà il domani,” dice Yiannis Daras, presentatore del programma Rerservoir della ERT, che offre agli ascoltatori “due ore di allegria. Sotto tutta la ruggine si può trovare l’oro. Giovani menti brillanti; scienziati che lavorano per la società; persone che collaborano, pensano, inventano”, una società nuova.

Ma la crisi si può toccare con mano nelle vie dei negozi di Atene. Una cooperativa tessile storica presso via Aiolou è la vittima più recente. Era un luogo d’incontro per mercanti della Grecia centrale, la maggior parte dei quali si era trasferita nella capitale negli anni ’60; prendevano un caffè o un ouzo nell’ufficio dell’azienda, convertito in un posto di ristoro. Ora quest’ultimo vestigio della migrazione interna dalla Tessaglia è scomparso.

Mentre i negozi mettevano in mostra le merci natalizie, una banca ha tentato una campagna pubblicitaria esponendo banconote da 100 euro. “Guarda, banconote da 100 euro! Non ne vedo da due anni … Non solo ci derubano, ci sbeffeggiano anche.”

Un litro di benzina – Viaggiare per piacere in Grecia è diventato molto meno comune e il turismo interno è crollato. Secondo dati ufficiali, nei primi cinque mesi del 2012 c’è stata una riduzione del 42% delle visite dei greci a località greche. Quando vanno in spiaggia si portano il proprio cibo e le bevande in contenitori termici. La stampa è deliziata per questo “inatteso ritorno alla semplicità e alla convivialità frugale”.

Le strade sono tranquille a causa della disoccupazione, dei salari che diminuiscono, delle tasse che aumentano, tra cui i pedaggi stradali e il costo della benzina. Dal 2010 sono state tolte dalle strade 600.000 auto. I proprietari hanno restituito le targhe, togliendo i propri veicoli dalla strada a tempo indeterminato. Non è insolito sentire richieste di un solo litro di benzina alla pompa, solo quanto basta per trasportare le persone a un matrimonio o a una riunione di famiglia. Le autostrade sono spesso deserte, così come le strade provinciali. Ad Atene e in altre città gli ingorghi stradali sono una cosa del passato. Quando gli automobilisti usano i loro mezzi, guidano con più attenzione e più lentamente. Il silenzio può essere assordante.

Scelte radicali – I greci si sentono intrappolati nel presente. Si sente spesso dire: “Viviamo giorno per giorno, non facciamo piani a lungo termine.” I piani e le speranze per il futuro sembrano svanire in una società che è stata espropriata dalla crisi.

I greci escono meno. Ci sono meno incontri, meno interazioni e  – paradossalmente viste le condizioni di vita – c’è meno attivismo politico e sindacale. Preoccupati della sopravvivenza quotidiana i greci non hanno più il coraggio di rimodellare il mondo o di occupare le piazze nei centri cittadini; possono non avere neppure più i soldi per comprare il biglietto della metropolitana.

Thanos ha affermato: “Da quando sono in cerca di lavoro, ho notato che molti dei miei colleghi e amici che ancora lavorano hanno cominciato a evitarmi. Temono che chieda loro di prestarmi dei soldi. Forse sono anche loro in una situazione difficile: il loro salari si sono ristretti, hanno debiti e sono anche in depressione.” In media, dopo due anni dall’accordo, i salari sono scesi del 45% e stanno scendendo ancora. Ciò può spiegare perché, nonostante i miti, questa crisi non è stata un gran momento per la solidarietà.

Perciò le reazioni hanno cominciato a prendere una svolta radicale. “Sino a non molto tempo fa la Grecia aveva una percentuale bassissima di suicidi, se paragonata agli altri paesi europei,” dice Aris Violatzis. E’ uno psicologo dell’organizzazione Klimaka, che gestisce una linea telefonica di aiuto a chi contempla il suicidio. “Attualmente la Grecia è il paese con il maggiore aumento a livello mondiale … Il suicidio è un fenomeno complesso e le cause non possono essere attribuite unicamente alla crisi finanziaria, Ma il contesto in cui viviamo ha un’influenza sul nostro stato mentale; il 75% delle persone che ci chiamano ha problemi  finanziari e sono persone disperate. Hanno debiti, sono senza lavoro o non hanno un tetto sopra la testa”. Dal 2010, quasi 3.000 greci in tali difficili condizioni si sono uccisi.

Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.zcommunications.org/athens-in-winter-by-panagiotis-grigoriou-1

Originale: http://www.zcommunications.org/athens-in-winter-by-panagiotis-grigoriou-1

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