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venerdì 8 novembre 2013

Dove va Obama? Boh...

La politica estera di Obama sembra oscillare tra il più elementare buonsenso, il cinismo, la mancanza di una bussola.

Dopo tanto aver parlato di un processo di pace israelo-palestinese che non c'è e non sembra destinato ad esserci nel prossimo futuro, la Casa Bianca si tuffa in un altro "processo", altrettanto necessario: quello sul nucleare iraniano. Ma lo fa dando la sensazione di sceglierlo per disperazione: a parole è uscita sconfitta dalla crisi siriana, che non ha mai inteso risolvere a discapito di Assad, così come non ha mai inteso realizzare davvero la pace tra israeliani e palestinesi, ma che a parole aveva detto di voler affrontare. Era stato Obama a dire che Assad doveva andarsene, poi a fissare la famosa linea rossa, poi a muovere la sua invincibile armada. Che regolare i conti con il satrapo di Damasco non fosse davvero nell'agenda americana è chiaro. Ma l'immagine di Obama ne è uscita indebolita. Come è uscita indebolita dall'incapacità di trovare un bandolo alla cirisi israelo-palestinese. 



Chissà, Obama sceglie la causa della ragionevolezza nella crisi iraniana dopo aver lasciato che l'Iran si prendesse tutto sul terreno, forse allora sarebbe stato meglio trattare prima, non ora, nel momento scelto con accuratezza dagli iraniani. O trattare dopo aver messo in discussione le conquiste strategiche di Tehran. Ha finto di perseguire il cinismo, Obama, nella crisi siriana, in realtà è apparso solo incapace: come nella crisi israelo-palestinese, che ha gestito con inettitudine che si finge operosa. Forse ora produrrà un risultato, ma la scelta americana difficilmente produrrà un circolo virtuoso. Obama spera di riprendere così il pallino mediorientale? Bah.. Sembra a dir poco improbabile.

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