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06 dic, 2013

Non ci sono prigionieri politici in Russia

A Mosca gira la voce di un'amnistia. Ma il provvedimento sembra non riguardare nè le Pussy Riot, nel Mikhail Khodorkovsky, che si sono opposti in modi e tempi diversi al gran capo Putin

“Un prigioniero politico è qualcuno tenuto in prigione o detenuto in altra maniera, come agli arresti domiciliari, perché le sue idee sono giudicate da un Governo di sfidare o minacciare l’autorità dello Stato”. Il passato, anche recente, di alcune nazioni europee è stato spesso offuscato dall’accusa di detenere nelle proprie carceri persone che hanno avuto il difetto di pensarla diversamente.

La Russia e soprattutto la Russia di Putin è una di quelle nazioni dove ogni tanto spesso, torna il problema dei detenuti per motivi politici. Quasi due anni fa, come riportava il sito Asia News

Due leader dell’opposizione – la giornalista Olga Romanova e il parlamentare Gennady Gudkov – hanno presentato all’amministrazione presidenziale la loro lista. Si tratta di 39 detenuti, la cui condanna è ritenuta politicamente motivata. Tra di questi appare l’ex capo del colosso petrolifero Mikhail Khodorkovski e il suo socio Platon Lebedev, giudicati colpevoli di appropriazione indebita e evasione fiscale, ma secondo i difensori dei dritti umani colpevoli di aver sfidato Putin nei primi anni della sua presidenza.

“Ovvio che letteralmente non possiamo parlare di prigionieri politici perché non esistono capi di imputazione come propaganda anti-sovietica o propaganda anti-Putin”, ha spiegato Gudkov a radio Kommersant. “Ma la natura politica di alcuni processi è perfettamente chiara”, ha aggiunto. Il parlamentare ha detto che gli organizzatori delle proteste si aspettano una reazione da parte del presidente Dmitri Medvedev entro la fine di febbraio e secondo il politologo Alexei Mukhin – del Centro per l’informazione politica a Mosca – il capo del Cremlino potrebbe anche concedere la grazia ad alcuni.

Oltre a Khodorkovsky, l’elenco comprende anche l’attivista del partito Altra Russia, Taisia Osipova, mamma di una bambina di cinque anni e condannata per droga e il funzionario del ministero degli Interni, Sergei Arakcheyev in carcere per aver ucciso tre civili durante il conflitto in Cecenia nel 2003. La legge russa non prevede pene per attività politica pacifica, ma il Codice penale persegue attività “estremiste”, accusa che può essere usata a seconda dell’esigenza anche per mettere al bando gruppi radicali, come è successo per i nazional bolscevichi o come si sta tentando di fare con i Testimoni di Geova.

Oggi l’argomento è tornato di moda perché nel grande paese russo, si parla di una prossima amnistia. E qualcuno vorrebbe farci rientrare anche le Pussy Riot. Ma il capo del governo di Mosca ha messo subito tutto a tacere : «I personaggi che di solito vengono citati oggi, anche se si oppongono al potere, sono in cella non per le loro convinzioni politiche ma per aver violato l’ordine pubblico». Così il premier russo Dmitri Medvedev, rispondendo ad una domanda in tv sembrerebbe escludere l’ipotesi di clemenza per le Pussy Riot.

Così come non si parla di libertà per l’ex capo della Yukos Mikhail Khodorkovsky, in carcere da dieci anni con l’accusa di frode, evasione fiscale e peculato: «In Russia non esistono prigionieri politici, gli oppositori sono in galera per aver commesso crimini reali” ha detto ancora Medvedev.

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