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14 Ott 2013

L’uomo e la lobby che vuol far fallire l’America
di Martino Mazzonis

Michael Needham è l'amministratore di Heritage Action for America, la fondazione che tiene in ostaggio il Partito repubblicano sullo shutdown. Da think-tank ad attore politico

Mentre gli orologi del mondo aspettano la mezzanotte di giovedì 17, quando il governo Usa potrebbe dichiarare default, a Washington un giovane 31enne se la ride. Michael Needham, Ceo della conservatrice Heritage Action for America, sta guadagnando attenzione e potere grazie allo shutdown e alle divisioni che lacerano i Good Ol’ Boys repubblicani. Della chiusura temporanea del governo federale Usa Needham è uno degli autori: grazie alla pressione messa sul partito attraverso una campagna di spot TV e mobilitazione della base, la Heritage Action ha contribuito a rendere maggioritaria la linea dura adottata. Senza concessioni e arretramenti seri sulla riforma sanitaria, la maggioranza guidata da John Boehner alla Camera non approverà una legge di bilancio. E la spesa pubblica rimarrà congelata.

Neppure adesso che il pericolo non è solo lo shutdown ma il default – il rischio enorme di rimanere senza cassa – il giovane newyorchese ha un cedimento. Lui guida il braccio armato della Heritage Foundation e suo compito è quello di tenere in scacco i repubblicani moderati e fermare Obamacare con ogni mezzo necessario.

«Ma questa battaglia non sta costando cara ai repubblicani?», gli ha chiesto ieri il Wall Street Journal alludendo ai sondaggi che danno il partito al 28 per cento. La risposta è inequivocabile: «Da mesi parliamo solo di Obamacare, se non avessimo fatto pressione staremmo discutendo dell’agenda democratica». Non ha dubbi Needham: «Obamacare significherà la fine del sistema americano di libero mercato sanitario e quindi qualsiasi piano che la fermi è un buon piano». Se c’è qualcuno che ha dunque in mente un modo migliore per fermare la riforma, che si faccia avanti e se l’idea piace Heritage Action spenderà.

La struttura che vede Needham al timone è una costola della Heritage Foundation, il think-tank che produce una parte consistente del pensiero conservatore americano. O almeno così era fino a quando Jim De Mint, ex senatore della South Carolina, vecchia volpe dell’ala conservatrice del partito repubblicano, non ne è diventato presidente nel 2013. Da allora le cose sono cambiate. Anche grazie alla sentenza Citizens United della Corte Suprema che consente ad organizzazioni indipendenti dalle campagne dei candidati di raccogliere senza limiti fondi anonimi e spenderli in favore o contro qualcuno. Da quella sentenza, a destra, è stato un fiorire di SuperPac (così si chiamano questi comitati) e alla Heritage hanno deciso di dotarsi anche loro di una macchina simile. De Mint ci ha messo il turbo. Heritage Action vede tra i primi finanziatori i fratelli Koch, miliardari divenuti famosi per essere stati il portafogli della rivolta del Tea Party durante nel 2010.

«Eravamo piuttosto frustrati quando ci presentavmo in Congresso e finivamo con il fare anticamera assieme a qualcuno dei 30mila lobbyisti. Ci siamo detti che, nella Washington del XXI secolo, per ottenere risultati occorreva portare le nostre idee direttamente agli elettori che condividono i nostri valori conservatori», ha detto Needham al Christian Science Monitor. Tradotto in prosa significa spendere soldi nei collegi elettorali e incalzare quei repubblicani non abbastanza conservatori, pagare spot tv che li mettono in difficoltà ed eventualmente finanziare la campagna di uno sfidante alla primarie. E siccome alle primarie per il Congresso partecipano in pochi, mobilitare la base più militante e conservatrice è un ottimo modo per “trombare” i moderati.

È il lavoro di Heritage Action, ed è quello che ha consentito a Needham di far passare la linea dell’intransigenza alla Ted Cruz. Di fronte a questi attori dal portafogli pesante senatori e rappresentanti repubblicani si allineano. Del resto, Heritage è un’istituzione indipendente, non un partito e la sua agenda è far avanzare i valori conservatori, non far vincer i repubblicani. O meglio, far vincere i repubblicani dopo aver preso il potere nel partito. La battaglia interna al Grand Old Party in questi mesi è questa e Needham e De Mint, con la loro enorme capacità di raccolta fondi, sono due attori fondamentali. Molti vecchi conservatori e membri storici di Heritage hanno storto la bocca: diventiamo una macchina di propaganda senza autorevolezza. Non importa.

Nelle prossime settimane Needham e De Mint continueranno il loro lavoro. Occhi e orecchie puntati a impedire il successo di alcune proposte che sono circolate nei giorni scorsi per individuare un punto di incontro su shutdown e innalzamento del debito. «Se alcune agenzie federali rimanessero chiuse a tempo indeterminato non starò a flagellarmi», ha detto Needham. Se è vero che ogni stagione politica vede crescere figure chiave fuori che si muovono ai lati della scena – Karl Rove, David Plouffe sono le star degli ultimi anni – questa è la stagione del giovane Needham. Più lunga sarà e peggio sarà per i repubblicani e per la loro volontà di tornare a essere maggioritari. Nel frattempo saranno guai per tutti.

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