Le Quotidien d’Oran
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17 gennaio 2013

L’Algeria spinta verso la guerra

di Kharroubi Habib

Dopo l’intervento militare francese nel Nord del Mali, lo scenario temuto in Algeria di un allargamento della zona di guerra al territorio sud del paese non è lontano dal realizzarsi. Venuti dal Nord del Mali o dalla Libia, uomini armati hanno infatti attaccato ieri una base petrolifera della società inglese BP, non lontana dalla città di In Amenas. Secondo le prime informazioni che sono filtrate, l’attacco ha provocato la morte di una agente della sicurezza ed altri sette feriti tra i suoi colleghi, oltre al rapimento di 6 lavoratori stranieri. Gli autori di questo colpo di mano hanno potuto operare nonostante le ripetute assicurazioni da parte delle autorità di avere disposto tutte le misure necessarie per rendere sicure le frontiere del paese da cui poteva venire la minaccia terrorista.


L’attacco di ieri non dimostra solo che il dispositivo di sicurezza messo in atto per evitare le infiltrazioni terroriste non è in grado di assicurare al paese il rischio zero in tema di minacce terroriste. Fa capire anche che le nostre regioni del sud non saranno risparmiate da quanto sta accadendo nella zona saheliana, diventata teatro di guerra tra le forze di intervento dispiegate in Mali e i gruppi armati jihadisti.


L’entrata in azione dei primi ha provocato un afflusso di rinforzi per i secondi, provenienti senza alcun dubbio dalla Libia e dalla Tunisia. E tali rinforzi non possono raggiungere i gruppi che operano nel nord del Mali se non passando dall’estremo sud algerino. E anche gli elementi jihadisti respinti dalla forza di intervento francese tenteranno di ripiegare in territorio algerino. Che vuol dire che ciò farà indubbiamente “riscaldare” il sud del paese.


Loro malgrado, le autorità algerine si trovano a gestire una situazione contro la quale esse avevano tentato di premunirsi chiedendo, al posto di una opzione militare, che si adottasse una opzione politica per la crisi maliena. Lo strano quanto inspiegabile mutamento di rotta operato dal gruppo armato Ansar Eddine, che le autorità algerine avevano creduto di aver convinto a optare per la soluzione politica, ha precipitato gli eventi della crisi maliena in favore di coloro che propugnano un esito puramente militare. Malgrado ciò, l’Algeria si è mantenuta sulle sue posizioni e continua a sostenere una opzione politica a onta della situazione di guerra aperta oramai creatasi nel nord del Mali. Si vuole forse che cambi atteggiamento?


L’attacco di ieri della base BP vicina a In Amenas va forse letta come una operazione che mira a spingere l’Algeria verso l’opzione militare. Se apparentemente sono stati degli elementi islamisti a realizzare l’attacco, non può escludersi che l’operazione possa essere stata concepita da organizzazioni che intendono trascinare l’Algeria sul versante della militarizzazione totale della crisi maliena. Visto come gli avvenimenti si sono sviluppati nel nord del Mali, ma anche a Bamako, verso la situazione di guerra che oggi prevale, un tale interrogativo circa il reale obiettivo dell’attacco di ieri non può essere considerato una semplice espressione della “teoria del complotto”. Checché se ne pensi, vi è da qualche parte una manifesta volontà di forzare la mano all’Algeria e di spingerla a impegnarsi militarmente molto più di quanto non abbia intenzione. Il miglior modo per farlo è prendere di mira quello che la fa vivere, l’industria petrolifera e del gas. Gli elementi armati che si sono infiltrati nella regione di In Amenas hanno chiaramente voluto dimostrare che questo è possibile.

 

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