Asharq al-Awsat
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22/08/2013

L’irrequietezza del mondo arabo
di Abdul Rahman al-Rashed. 
Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

I disordini vanno dalla Siria alla Libia, passando per la Tunisia, l’Egitto, lo Yemen e il Bahrein. Sei Paesi del mondo arabo sono stati toccati dalla primavera del cambiamento e li attende l’oscurità di un futuro sconosciuto.

La scena siriana è la più dura e la più dolorosa di tutte. Il resto di questi Paesi sta vivendo in uno stato di inquietudine di cui è difficile prevederne la fine. Dopo la seconda guerra mondiale, i confini geografici della regione sono cambiati e la sua mappa è stata ridisegnata dopo l’accordo Sykes-Picot. Come finiranno le cose in Siria, la cui popolazione insiste nel provocare un cambiamento più di ogni altra nazione del mondo arabo?

Alcuni affermano che la durata della guerra civile siriana non è un motivo per dividere il Paese. Dopo essere stata divisa in tre diverse nazioni, la Somalia è stata riunita perché la comunità internazionale aveva rifiutato di riconoscere la divisione operata dai signori della guerra. La Siria rimane un Paese in cui le parti combattono per il potere. Però chissà, se le controversie estere complicano la situazione in Siria, la comunità internazionale accetterà infine come soluzione la divisione del Paese? Altrimenti, le divisioni settarie e etniche diventeranno geografiche in tutto e per tutto. Siria finirà per essere divisa in “staterelli”, proprio come in Jugoslavia.

Per quanto riguarda la crisi in Bahrein, essa riflette la lotta settaria della nostra regione così come il lento cambiamento intrapreso dal regno. Il Bahrein si differenzia dagli altri Stati del Golfo in quanto non è un regime che vive tranquillamente con i guadagni petroliferi. La popolazione del Bahrein è cinque volte quella del Qatar e conta solo un quinto delle sue entrate! Senza una riconciliazione politica nazionale sarà difficile avere la meglio sull’interferenza iraniana e trattenere i gruppi settari, che siano sunniti o sciiti.

Lo Yemen è rimasto diviso in due fino a vent’anni fa e la sua unità non sembra quella di un Paese in precedenza diviso, come la Germania, perché non era mai stato unito prima. La geografia e la storia uniscono i due Yemen, mentre la politica li divide. Se lo Yemen riuscirà a rimanere unito, allora l’unità aumenterà la capacità popolazione di superare l’arretratezza dell’economia e dello sviluppo di cui l’ex regime è colpevole. Ironicamente, l’ex presidente Saleh ha riunito lo Yemen mentre la democrazia minaccia di dividerlo. Alcuni meridionali pensano che l’unità sia stato un falso slogan usato dal regime Saleh per impadronirsi del Sud. Vero, ma nella maggior parte dei casi di unità nel mondo sono simili a quello dello Yemen dal momento che sono iniziati con tentativi di presa e controllo. Il tempo guarisce ogni ferita. I meridionali che pensano che la soluzione sta nella separazione scopriranno che se avessero mantenuto l’unità avrebbero rinforzato lo Yemen.

Nonostante le agitazioni, l’Egitto rimane uno dei più stabili Paesi del mondo arabo. Il segreto sta nel suo tessuto sociale, unito sin dai tempi dei faraoni. La seconda ragione è che l’esercito rappresenta il vero potere dello Stato, tra la debolezza della classe media e la fragilità dei partiti politici egiziani. Di sicuro affronterà una fase di cambiamento, ma lo farà in maniera graduale solo se l’esercito gestirà la crisi e otterrà una transizione verso la democrazia.

Per ciò che concerne la Tunisia, è lo Stato più sviluppato del mondo arabo con riguardo ai partiti, ai sindacati e al sistema politico. Appare più capace di affrontare la sua crisi e ciò è dimostrato dal suo parziale successo nello sventare i gruppi estremisti.

La Libia resta un caso difficile. Non sappiamo dove il vento del cambiamento la porterà. Verrà divisa? Verrò governata da partiti estremisti? O il comune interesse spingerà tutti verso instaurazione di uno Stato costituzionale civile? È il più ricco dei Paesi del mondo arabo interessati dalla primavera araba e la sua gente è felice di aver rovesciato l’ex regime Gheddafi. Tuttavia, è ancora un Paese diviso a livello tribale, intellettuale e regionale.

Questo è ciò che ci spaventa, specialmente dopo che le recenti esperienze di cambiamento costituzionale sono state imposte con auto piene di combattenti e mitra che aspettano fuori dal parlamento lanciando minacce.

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