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5 ottobre 2013

L’Iraq che non vi raccontano
di Martina Pignatti
Presidente, Un ponte per…

Le scarse notizie che riguardano Baghdad sono un tetro conteggio di morti e feriti per gli attentati che continuano a colpire la città. Pochi sanno che a dieci anni dalla guerra è ridiventata per qualche giorno “città della pace”, suo antico epiteto. La scorsa settimana  oltre tre mila persone hanno partecipato al primo Forum sociale iracheno. C’erano Shatha di Women for Peace, comunista e musulmana, dedita a lottare contro la violenza sulla donne; Adnan, sindacalista della Federazione Generale dei Sindacati Iracheni, in lotta contro il nuovo Codice del lavoro liberticida; Zaid, docente universitario e promotore con altri di un movimento nonviolento in Iraq, che si ostina ad andare all’università in bici anche se ai check-point le bici non possono passare…

Le notizie che arrivano ormai quotidianamente da Baghdad sono un tetro conteggio di morti e feriti per gli attentati che colpiscono la città, ma pochi sanno che a dieci anni dalla guerra del 2003 Baghdad è ridiventata per qualche giorno “città della pace”, suo antico epiteto. Dal 26 al 28 settembre oltre 3000 persone hanno partecipato al primo Forum Sociale Iracheno (FSI), collegandosi a quel processo altermondialista iniziato in Brasile nel 2001 per contrastare il neoliberismo e l’oppressione dei popoli tramite contaminazione e alleanze tra movimenti sociali.

C’erano Ali, che a soli 26 anni è diventato il segretario del FSI e ha gestito delicatissime mediazioni con le istituzioni; Shatha di Women for Peace, comunista e musulmana, dedita a lottare contro la violenza sulla donne, che ha promosso una fortissima partecipazione femminile al forum; Adnan, sindacalista della Federazione Generale dei Sindacati Iracheni, in lotta contro le forze politiche che tentano di controllare la federazione e di imporre un Codice del Lavoro liberticida; Zaid, professore universitario e fondatore di un movimento nonviolento in Iraq, che si ostina ogni tanto ad andare all’università in bici anche se ai check-point le bici non possono passare, mentre le auto sì… paradossi di una gestione militare della sicurezza che fa acqua da tutte le parti.

Dal 2003 gli attivisti iracheni sognano di organizzare un forum sociale a Baghdad ma attendevano migliori condizioni di sicurezza. Nell’aprile 2013 si è aggravata la repressione governativa verso le manifestazioni sunnite, vendicata da attentati devastanti che quest’anno hanno fatto circa 6000 vittime. Invece di bloccare il processo di coordinamento dei movimenti sociali iracheni, la paura della guerra civile l’ha potenziato, così il Forum è stato annunciato per settembre 2013. Organizzare un evento laico e progressista in questa situazione è un atto di resistenza all’oppressione, al terrorismo, alla mala-politica, alle divisioni settarie.

Per questo Un ponte per… (www.unponteper.it) ha voluto essere presente, su richiesta pressante dei promotori iracheni, facilitando la partecipazione di 18 internazionali con l’Iraqi Civil Society Solidarity Initiative (www.iraqicivilsociety.org). Accompagnati dai giovani volontari disarmati del Forum, non ci siamo mai sentiti in pericolo, ma abbiamo condiviso per quattro giorni la tensione che gli iracheni respirano ogni giorno uscendo di casa, da dieci anni a questa parte. I nostri compagni di viaggio venivano dal Bangladesh, per parlare di resistenza delle donne contro il fondamentalismo e la violenza, dalla Palestina, per parlare di diritto all’acqua dei popoli in Medioriente, dalla Tunisia per parlare di rivolte arabe e resistenza a governi autoritari, e da molti altri paesi.

Tutti rispondevamo alla chiamata del Comitato Organizzatore del Forum Sociale Iracheno, che raggruppa associazioni e sindacati da tutto il paese. Sapevamo che i dettagli logistici relativi allo svolgimento del Forum e ai movimenti della delegazione internazionale erano stati discussi a lungo con le autorità, che per la prima volta hanno accettato di relazionarsi con un entità informale come il Comitato per il FSI. Il governatore di Baghdad ha concesso loro l’utilizzo di due storici edifici nel cuore culturale della città, e l’agibilità politica per poter discutere di libertà di stampa, libertà sindacali, diritti sociali, rispetto e tutela delle minoranze. Non c’è stata auto-censura da parte degli attivisti, che hanno denunciato la repressione governativa e discusso delle strategie di resistenza della società civile irachena.

Una delle campagne più forti è quella per Salvare il Tigri, fiume minacciato dal sistema di dighe in costruzione in Turchia, a partire dalla diga di Ilisu che rischia di sottrarre all’Iraq fino al 47% del flusso d’acqua annuale e condurre alla siccità il 40% dei suoi terreni coltivabili. Incalcolabili sono i danni che produrrebbe anche nelle aree kurde della Turchia, e per questo l’alleanza tra movimenti iracheni e kurdi è fondamentale per combattere il progetto della diga. Al Forum Sociale Iracheno si è radunata una forte coalizione di attivisti da movimenti per l’acqua dell’intera regione mediorientale, giuristi e avvocati iracheni, per discutere di strategie legali atte a denunciare le violazioni del diritto internazionale da parte della Turchia.

Gli internazionali da Europa e Stati Uniti hanno lavorato anche su altri temi, non potendo dimenticare l’eredità della guerra e le responsabilità della comunità internazionale. L’occupazione militare continua oggi tramite la presenza in Iraq di compagnie militari private a cui il governo iracheno e le imprese straniere appaltano la sicurezza del loro personale, infrastrutture e interessi, staccando assegni di miliardi di dollari. Per fermare questo processo di privatizzazione della guerra, la Campagna per il Controllo delle Compagnie Militari e di Sicurezza Private ha chiesto alle associazioni irachene si unirsi al tentativo di regolamentare questo settore e porre fine all’impunità dei mercenari. Stragi come quella di Nisoor Square, nel 2007 a Baghdad, in cui 17 civili vennero uccisi dai contractor dell’americana Blackwaters, non devono ripetersi.

Sono stati soprattutto i ragazzi, giovanissimi, a costruire e animare il Forum Sociale Iracheno tramite decine di attività artistiche e culturali, riempiendo di tende e banchetti delle loro associazioni il cortile dell’antico palazzo ottomanno al-Qushla. I loro gruppi spesso nascono su Facebook perchè riunirsi fisicamente è complicato e può essere pericoloso, ma periodicamente sono in grado di radunare oltre mille persone dei parchi cittadini. L’hanno fatto il 21 settembre di quest anno per celebrare il Giorno Internazionale della Pace, e il 28 settembre per l’evento “I’m Iraqi, I read” subito dopo la chiusura del Forum Sociale Iracheno. In un parco sulle sponde del Tigri oltre mille persone si godevano il tramonto leggendo, suonando la chitarra e l’oud, dipingendo, scolpendo la creta. Gli spazi verdi di Baghdad ridiventano Beni Comuni, e la paura non riesce a tenere in ostaggio la società civile irachena. Incredibile a dirsi, ma un altro Iraq è in costruzione.

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