Limesonline
23 luglio 2013

Il “terrorismo” di Hezbollah e la confusione dell’Europa
di Lorenzo Trombetta

Un gruppo di abitanti di una località nel sud del Libano circonda un mezzo militare dell’Unifil, la missione Onu di cui fa parte l’Italia con un contingente di circa mille uomini e che è schierata a ridosso della Linea Blu di demarcazione con Israele.

I civili libanesi, che impediscono al mezzo di proseguire lungo il suo percorso di pattugliamento, sono tutti uomini. Essi chiedono a gran voce che i soldati Onu, in quel caso spagnoli, consegnino le macchine fotografiche con cui hanno appena immortalato alcuni angoli della zona.

L’episodio è accaduto venerdì scorso nel settore orientale dell’area di responsabilità di Unifil, ma non ha fatto notizia; episodi del genere si verificano spesso dall’autunno 2006 – da quando la missione Onu è stata rafforzata in seguito alla guerra tra Hezbollah e Israele – e si risolvono quasi sempre senza violenze. I locali non vogliono che i soldati stranieri scattino fotografie. L’idea diffusa in quelle regioni è che l’Unifil sia schierata nel Sud del Libano per spiare per conto dello Stato ebraico.

Spiare le mosse di Hezbollah, il movimento sciita libanese associato all’Iran, nato come forza di resistenza all’occupazione israeliana (1978-2000) e che nel Sud del Libano è il padrone. Gli uomini che venerdì hanno circondato il mezzo militare dell’Unifil erano con altissima probabilità tutti solidali con la “Resistenza” (qualcuno ne era persino membro), l’ala armata del partito che da ieri per l’Unione Europea è un’organizzazione terroristica.

La decisione dei ministri degli Esteri dell’Ue è stata votata anche dall’Italia. Il ministro Emma Bonino aveva già espresso riserve; ieri ha comunque “apprezzato che siano stati mantenuti gli aiuti e il dialogo con l’ala politica”.

Per Bonino, “il dialogo con Hezbollah deve continuare per non indebolire ulteriormente il paese”, ma anche per non esporre a nuovi rischi i soldati italiani di Unifil. Che da ieri si trovano a nuotare in un mare di “terroristi”. I generali che ogni 6 mesi si alternano al comando del contingente italiano hanno periodici incontri con i sindaci delle municipalità del Sud del Libano. La maggior parte di queste amministrazioni locali è dominata da Hezbollah: i sindaci sono uomini del Partito, così come la maggioranza dei membri del consiglio comunale.

La decisione europea è però a metà strada rispetto a quella intrapresa molti anni fa dagli Stati Uniti e più di recente da Gran Bretagna e Olanda per cui non v’è distinzione tra ala militare e ala politica, entrambe considerate un unicum terrorista.

Al di là dell’etichetta “terrorista”, i principali esperti libanesi di Hezbollah affermano che è molto difficile distinguere il braccio armato da quello politico, da quello economico-finanziario, da quello responsabile dell’assistenza sociale. Il segretario generale è uno e la carica è ricoperta da anni dal sayyid Hasan Nasrallah. Così come è unico il più alto organo decisionale (majlis ash shura) che opera al di sotto di Nasrallah. A un livello inferiore si riconoscono diversi consigli, ciascuno responsabile di un settore. Sono come dei ministeri di un unico governo. L’Ue ha deciso di sanzionare il ministero del Jihad (le azioni militari), affermando però di voler mantenere il dialogo con gli altri ministeri.

Eppure i militari italiani di Unifil pattugliano giorno e notte nella loro area di responsabilità anche per evitare che i “terroristi” di Hezbollah conducano azioni di “resistenza” (l’ala armata) contro Israele. Parallelamente, i loro comandanti incontrano sindaci in quota Hezbollah (l’ala politica locale). Analogamente, la nostra cooperazione allo sviluppo sostiene con progetti e aiuti le municipalità del Sud e della valle orientale della Beqaa, altra roccaforte di Hezbollah. Così come i nostri politici incontrano periodicamente rappresentanti delle istituzioni libanesi, dove sono presenti membri del movimento sciita.

L’azione europea è stata presa dopo che le autorità giudiziarie bulgare sono tornate sui loro passi accusando Hezbollah di esser coinvolto nell’attentato a un bus di turisti israeliani compiuto vicino all’aeroporto di Burgas il 18 luglio 2012. Il movimento sciita e il suo alleato iraniano hanno negato ogni coinvolgimento.

A febbraio scorso il governo di centrodestra di Sofia aveva affermato che vi erano “prove solide” del coinvolgimento di Hezbollah. Tuttavia a maggio quell’esecutivo è caduto e ne è subentrato uno a guida socialista, per il quale “non sono conclusive” le prove della partecipazione di membri del partito libanese nell’attacco di Burgas. Anche in Bulgaria, dunque, le verità giudiziarie cambiano a seconda del colore del governo.

Formalmente, la decisione dei ministri degli Esteri dell’Ue è stata presa in base all’accusa bulgara – ancora tutta da dimostrare nei diversi gradi di un processo – e in base alla sentenza di una corte cipriota contro un membro di Hezbollah dichiarato colpevole nel marzo scorso di “pianificare attacchi contro interessi israeliani” sull’isola mediterranea. La decisione europea entrerà in vigore nei prossimi giorni.

Questo significa che 1) membri dell’ala armata di Hezbollah non potranno entrare nei paesi dell’Ue; 2) i loro eventuali beni depositati in banche europee saranno congelati; 3) ogni attività in Europa di raccolta fondi in favore del partito sarà impedita.

Per il movimento sciita non è certo un colpo mortale. Ma per i ministri dell’Ue si è comunque lanciato un messaggio chiaro all’organizzazione: il territorio europeo non può e non deve essere usato per compiere o pianificare azioni terroristiche.

Sebbene alcuni commentatori abbiano collegato la decisione di Bruxelles allo scenario siriano, dove l’ala armata di Hezbollah è da tempo presente in forze a sostegno del presidente Bashar al Assad, non è affatto evidente il legame tra le due questioni. Nelle dichiarazioni dei ministri europei non si fa riferimento al coinvolgimento di Hezbollah in Siria; anche nel recente passato non si è mai descritta come “terrorista” l’azione dei miliziani sciiti nelle regioni di Homs, Aleppo, Damasco, Daraa.

Nei mesi scorsi l’Ue si era mossa in modo goffo e disarticolato rispetto alla questione relativa al rifornimento di armi ai ribelli siriani anti-Asad. In teoria, ogni paese è ora libero di agire come meglio crede (l’Italia ha più volte ribadito che non intende inviare armi), ma nessun efficace sostegno europeo di autodifesa sembra essere arrivato a quei siriani che ogni giorno e da circa due anni si trovano sotto le bombe dell’aviazione del regime di Damasco.

L’Europa delle contraddizioni intende comunque continuare il dialogo con tutti gli attori politici libanesi, tra cui Hezbollah, e  non interromperà il flusso di aiuti alle istituzioni di Beirut. Questo – si afferma – per non indebolire ulteriormente il paese dei Cedri e per non esporlo a nuove tensioni.

Con un braccio Nasrallah, il leader di Hezbollah, riceverà gli aiuti europei inviati alle “istituzioni”. Con un altro ordinerà ai suoi “terroristi” di proseguire le operazioni in Siria “per fermare il progetto sionista”. Con un orecchio ascolterà il “dialogo” proposto dagli europei e con la lingua proporrà un altro “tavolo del dialogo” ai suoi rivali politici locali per “mantenere neutrale il Libano”. Pur continuando a farsi la guerra altrove.

top