Originale: The Indipendent
http://znetitaly.altervista.org
24 ottobre 2013

In che modo la scissione tra Sunniti e Sciiti sta dividendo il mondo
di Robert Fisk
Traduzione di Maria Chiara Starace

La storica e profondamente tragica divisione del mondo musulmano tra Islam sunnita e Islam sciita, sta avendo ripercussioni a livello mondiale. La guerra civile della Siria, la vile alleanza americana con le autocrazie sunnite del Golfo Arabo e i sospetti sunniti e anche israeliani per l’Iran sciita, stanno influenzando perfino l’opera dell’ONU.

Il rifiuto scontroso dell’Arabia Saudita della settimana scorsa di prendere il proprio posto tra i membri non votanti del Consiglio di Sicurezza, un passo senza precedenti da parte di un membro dell’ONU, era inteso ad esprimere il dispiacere del monarca dittatoriale per il rifiuto di Washington di bombardare la Siria dopo l’uso delle armi chimiche a Damasco, ma rappresentava anche i timori sauditi che Obama potesse replicare all’apertura iraniana verso migliori relazioni con l’Occidente.

Il capo dei servizi segreti sauditi, il Principe Bandar bin Sultan, un vero compagno del Presidente George W.Bush nei suoi 20 anni come ambasciatore a Washington, ha ora  percosso il suo tamburo di latta per avvertire gli americani che l’Arabia Saudita opererà  un importante cambiamento nelle sue relazioni con gli Stati Uniti, non soltanto per il suo fallimento di attaccare la Siria, ma per la sua incapacità di  produrre un giusto accordo di pace israelo-palestinese.

Che cosa possa essere questo importante cambiamento, tranne che la solita aria fritta circa la sua indipendenza dalla politica estera statunitense, è un segreto che il principe si è tenuto per sé.

Israele, naturalmente, non perde mai l’occasione di pubblicizzare, piuttosto accuratamente, come molte delle sue linee di politica estera coincidano strettamente con quelle dei ricchi potentati del Golfo Arabo.

L’odio del regime siriano sciita-alawita, un sospetto inestinguibile dei piani nucleari dell’Iran sciita e un generale timore dell’espansione sciita, sta trasformando le monarchie sunnite arabe non elette, in alleati per procura dello Stato di Israele che spesso hanno giurato di distruggere. Non certo il tipo di opinione che il Principe Bandar desidera pubblicizzare.

Inoltre il più recente contributo dell’America alla pace in Medio Oriente, potrebbe essere la vendita per un valore di 10,8 miliardi di dollari di missili e armi all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, anche essi sunniti, comprese le bombe GBU-39, armi carinamente chiamate bunker-buster, (letteralmente: distruttore di bunker) che sono bombe ad alta penetrazione che potrebbero essere usate contro l’Iran sciita. Israele, naturalmente, possiede proprio gli stessi tipi di armi.

Se lo sfortunato Signor Kerry, la cui risibile promessa di un attacco incredibilmente piccolo alla Siria lo ha reso lo zimbello del Medio Oriente, comprenda il grado in cui sta impegnando il suo paese con la parte sunnita nel più vecchio conflitto dell’Islam, oggetto di molte discussioni nel mondo arabo. La sua replica al rifiuto saudita di avere un posto nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, è stata quasi altrettanto strana.

Lunedì, dopo il pranzo nella residenza parigina del ministro degli Esteri saudita, Saud al-Faisal, Kerry per mezzo dei suoi soliti funzionari anonimi, ha detto che valutava la leadership dell’autocrazia nella regione, condivideva il desiderio di Riyadh di denuclearizzare l’Iran e di far finire la guerra siriana. Però l’insistenza di Kerry che il presidente siriano Bashar al-Assad e il suo regime debbano abbandonare il potere, significa che un governo sunnita prenderebbe il potere in  Siria; e il suo desiderio di disarmare l’Iran sciita, per quanto possa essere teorica la sua minaccia nucleare, assicurerebbe che il potere militare sunnita dominerebbe il Medio Oriente dal confine con l’Afghanistan al Mediterraneo.

Pochi si rendono conto che lo Yemen costituisce un altro dei campi di battaglia nella regione.

L’entusiasmo dei sauditi per i gruppi salafiti in Yemen, compreso il partito Islah, che si presume venga finanziato dal Qatar, sebbene esso neghi  di ricevere qualsiasi aiuto esterno, è un motivo per cui il regime seguito a quello di Saleh a Sanaa, ha continuato a sostenere i ribelli Houthi del gruppo sciita Zaidi, le cui province di residenza di Sa’adah, al Jawf e Hajja confinano con l’Arabia Saudita. Gli Houthi, secondo i sunniti sauditi, sono appoggiati dall’Iran.

La monarchia a minoranza sunnita nell’arcipelago del Bahrain, appoggiata dai Sauditi e, naturalmente dai compiacenti governi degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e di altri sta ugualmente accusando l’Iran sciita di collusione con la maggioranza sciita dell’isola. Stranamente il Principe Bandar, nelle sue osservazioni, sosteneva che Barack Obama aveva mancato di appoggiare la politica saudita nel Bahrain, questo ha implicato l’invio delle sue truppe nell’isola per aiutare a reprimere i dimostranti sciiti nel 2011, quando invece il silenzio dell’America riguardo alla violenza dei paramilitari del regime era la via più accessibile  che Washington potesse percorrere offrendo il suo sostegno alla minoranza sunnita e a sua Altezza Reale il Re del Bahrain.

Nel complesso, quindi, una potente storia d’amore dell’Occidente con l’Iran sunnita, un amore che molto chiaramente non può dire il suo nome nel mondo del Golfo Arabo in cui democrazia, moderazione, partnership e dittatura assoluta sono intercambiabili, che né Washington, né Londra né Parigi (e sicuramente neanche Mosca o Pechino) riconosceranno. Ma, inutile dirlo, ci sono poche irritanti e incongrue increspature in questa passione reciproca.

I Sauditi, per esempio, incolpano Obama per aver permesso che venisse destituito il decadente Hosni Mubarak del’Egitto. Incolpano gli americani per avere appoggiato Mohamed Morsi eletto come presidente, le elezioni non sono molto popolari nel Golfo, e i sauditi stanno riempiendo di denaro liquido il nuovo regime militare egiziano. Anche Assad a Damasco ha presentato le sue congratulazioni all’esercito egiziano. Questo non stava tentando, dopo tutto, come lo stesso Assad, di impedire che gli estremisti religiosi andassero al potere?

E’ abbastanza giusto, purché ricordiamo che i sauditi stanno realmente appoggiando i Salafiti egiziani che cinicamente hanno dichiarato la loro lealtà alle forze armate egiziane, e che i Salafiti finanziati dai sauditi sono tra i più fieri oppositori di Assad.

Fortunatamente per Kerry e per i suoi colleghi europei, l’assenza di qualsiasi memoria istituzionale nel Dipartimento di Stato, al ministero degli Interni britannico, o al ministero degli Esteri francese, significa che nessuno ha bisogno di ricordare che anche 15 dei 19 autori della strage dell’11  settembre erano salafiti e , Dio per favore, fa che lo dimentichiamo, erano tutti cittadini sunniti dell’Arabia Saudita.

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.zcommunications.org/how-the-sunni-shia-schism-is-dividing-the-world-by-robert-fisk

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