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14 feb 13

La Tunisia dopo l’assassinio di Belaid: FP intervista Rabih Bouallegue
di Gabriele Repaci

In seguito all’efferato omicidio del compagno tunisino Chokri Belaid, leader del Partito dei patrioti democratici uniti (Ppdu), formazione politica di impronta marxista e panarabista, abbiamo posto alcune domande a Rabih Bouallegue, blogger e giornalista freelance tunisino residente in Italia (gestore del blog Essawt http://bousufi.blogspot.it/) circa la situazione che vive oggi il suo paese sia a livello politico che sociale. Di seguito l’intervista.

Qual è la situazione politico sociale oggi in Tunisia, a quasi due anni ormai dalla Rivoluzione che ha comportato la caduta della ventennale dittatura di Zine El-Abidine Ben Ali?

L’attuale situazione politico sociale del paese risulta confusionaria oltre che instabile. Una confusione politica nata in seguito alle elezioni del 23 ottobre 2012. Elezioni che hanno consegnato le chiavi di una Tunisia in profonda crisi a partiti senza alcuna esperienza di governo come quelli di Ennahda, Tekettol e Congrès pour la république ( la famosa “Troika” ). In seguito a quella data storica i casi di violenza contro oppositori politici sopratutto di sinistra sono triplicati rispetto al passato governo di El Beji Caid Sebsi, cosa che ha aumentato l’instabilità nel paese e questo grazie alla feroce propaganda attuata dalla corrente islamista nei confronti di personaggi come il defunto Chokri Belaid o Hamma El Hammami, più volte accusati dalla propaganda islamista di “fare la guerra all’islam” e di essere dietro l’instabilità sociale del paese. Per farti un’idea circa questa feroce propaganda, ti racconto di un fatto recentemente accaduto: nel settembre del 2012 l’opinione pubblica rimase scandalizzata dalle morti del misterioso naufragio del 6 settembre avvenuto a largo dell’isola di Lampione. Nei giorni seguenti iniziarono a girare voci circa una complicità del defunto Chokri Belaid in quella strage, reo di aver finanziato quel viaggio condannando a morte centinaia di giovani tunisini. Inoltre bisogna ricordare che il paese sta tutt’ora attraversando una profonda crisi economica (si parla di un milione di disoccupati su una popolazione di dieci milioni).

Ci puoi spiegare meglio cosa sono queste «Leghe di protezione della rivoluzione» che vengono da più parti accusate di violenze nei confronti degli oppositori del partito islamista al potere Ennahada?

Le Leghe per la protezione della rivoluzione sono delle vere e proprie “squadracce” create e finanziate da militanti del movimento islamista al potere in seguito alla nascita del partito “Nida’à Tounes” (L’appello della Tunisia), nato dalla mente dell’ottantenne ex primo ministro El Beji Caid Sebsi. L’obiettivo di queste leghe è la difesa della rivoluzione dai fantasmi del regime di Ben Ali rappresentati dal partito d’opposizione “Nida’a Tounes”. Le “squadracce”, come le ha definite Hamma el Hammami, leader del PCOT ( Partito comunista degli operai della Tunisia), negli ultimi mesi si sono macchiate di efferati crimini e violenze tra cui l’omicidio di Lotfi Naggadh, esponente del partito “Nida’a Tounes” a Tataouine (sud della Tunisia), morto l’ottobre scorso sotto le spranghe e le pietre dei membri di queste Leghe. Questi ultimi sono inoltre sospettati di essere dietro lo scandalo legato alla distruzione di alcune tombe dei santi Sufi del paese, considerate patrimonio nazionale dalla popolazione.
La curiosa impunità dei loro crimini è stata più volte oggetto di dibattito da parte di importanti analisti politici del mondo arabo.

Secondo te ci può essere la mano di Ennahada dietro all’omicidio del leader del Partito dei patrioti democratici uniti (Ppdu) Chokri Belaid?

Ennahda è considerato l’assassino morale di Chokri Belaid, dato che in tutti questi mesi ha messo in atto una vera e propria campagna d’odio verso l’ala progressista del paese. I militanti islamisti più convinti hanno respinto le accuse mosse dall’opinione pubblica puntando il dito contro i servizi segreti francesi, rei di aver ucciso un personaggio di spessore come Chokri Belaid con l’obiettivo di destabilizzare il paese e creare i presupposti per la caduta dell’attuale governo, considerato politicamente troppo indipendente da Parigi sopratutto in seguito al rifiuto del premier Hamadi Jebali di sostenere militarmente la Francia nella guerra in Mali, chiudendo lo spazio aereo tunisino al passaggio degli aerei militari europei.

E’ possibile che l’ondata di proteste causate dal brutale omicidio di Belaid siano la premessa di una nuova rivoluzione in grado di rovesciare il regime di Ennahda?

La massiccia partecipazione della popolazione ai funerali Chokri Belaid è già una rivoluzione. Una rivoluzione identitaria dato che una buona parte del popolo si è stretta intorno al dolore della vedova Besma Khalfeoui, partecipando ai funerali del militante defunto. Più di un milione e 400 mila cittadini hanno messo da parte le loro divisioni politico-religiose per dare l’ultimo saluto al caro Chokri Belaid. Infatti dopo la sua morte, sulle pagine facebook tunisine, che io considero come una sorta di termometro per misurare “la salute” della società tunisina, gli utenti sono risultati meno divisi rispetto a qualche giorno fa, quando quelle stesse pagine erano testimoni di vere e proprie guerre a suon di commenti e link tra laici e islamisti.

Temi che la situazione di caos creatasi in questi ultimi giorni possa sfociare in un colpo di stato da parte dell’esercito?

Non credo che l’esercito tunisino abbia capacità militari tali da effettuare un colpo di Stato. Ricordo i giorni seguenti alla fuga di Ben Ali, quando il vuoto di governo fece pensare ad un possibile colpo di Stato che però non fu mai attuato. Nel frattempo scesero in campo le famose milizie di Ben Ali e l’esercito chiese aiuto alla popolazione in quanto non era in grado di assicurare la sicurezza nazionale con le proprie unità.

Non c’è il pericolo che le «primavere arabe», a causa dei successi elettorali conseguiti dai partiti di formazione islamista, si trasformino presto in degli «autunni arabi»?

Il sacrificio di Belaid è servito anche a questo, ad evitare un possibile “autunno arabo” per la Tunisia, visto che la popolazione tunisina ha capito che la soluzione non sono gli islamisti filo-qatariorti.

Secondo te cosa potrebbe e dovrebbe fare il governo italiano per aiutare la Tunisia nel suo processo di democratizzazione?

Non credo che il governo italiano possa avere un ruolo nel processo di democratizzazione della Tunisia.

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