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ott 10th, 2013

Aguili, ‘Ennahda compromessa con il qaedista libico Belhadj’

Si è tenuta a Tunisi mercoledì 2 settembre la conferenza stampa dell’avvocato Taieb Aguili, il quale guida un team di avvocati incaricati dai famigliari di seguire le indagini sull’uccisione dei due leader dell’opposizione Chokri Belaid e Mohamed Brahmi: con toni sicuri, ma soprattutto con le prove documentali in mano, Aguili ha potuto affermare che dietro ai due omicidi vi sarebbe la mano di Ansar al-Sharia, movimento legato ad al-Qaida con il quale lo stesso Ennahda, il partito islamico al governo del paese fin da quando è caduto il regime di Ben Alì, avrebbe stretti legami.
A riferirlo a Notizie Geopolitiche è Saadi Brahmi, fratello di Mohamed ed esponente stesso Fronte Popolare, che rappresenta in Italia: “il nostro avvocato – ha spiegato  – ha potuto dimostrare che i salafiti tunisini interagiscono con il terrorista libico Abdel Hakim Belhadj, il quale a sua volta risulta essere legato a doppio filo con Ennahda, al punto che si mormora che lui ed il leader del partito tunisino, Rachid al-Ghannouchi, siano addirittura cognati”.
Belhadj è stato uno dei comandanti dell’insurrezione contro Muammar Gheddafi: in passato aveva preso parte alla guerra russo-afghana, dove lottava con i talebani; verso di lui era stato spiccato nel 2002 un mandato di arresto internazionale perché riconosciuto avere “stretti rapporti” con il leader di al-Qaeda Mullah Omar. Con l’arrivo in Afghanistan del conflitto che ha visto impegnati gli Stati Uniti, Belhadj e il suo gruppo hanno lasciato il paese per spostarsi fra l’Europa e l’Oriente. Nel 2004 è stato arrestato In Thailandia e quindi condotto negli Stati Uniti per essere interrogato dalla Cia, prima di essere estradato in Libia.
Nel 2008 Belhadj è stato rilasciato  insieme ad altri 223 detenuti islamisti in seguito ad un programma di reinserimento e con l’impegno che non si sarebbe più occupato di politica, ma il 21 agosto del 2001 ha preso parte all’insurrezione contro il regime libico, fino a diventare comandante del Consiglio militare di Tripoli.
“Aguili – ha ripreso Brahmi – ha potuto dimostrare che Belhadj in Tunisia era conosciuto benissimo, e ci sono foto che lo danno visitato in ospedale, durante una convalescenza, proprio da esponenti di Ennahda fra i quali l’allora Primo ministro Hamadi Jabali. In Libia Belhadj ha provveduto ad istituire i campi di addestramento dei giovani libici e tunisini arruolati per combattere in Siria, e nella zona che va da Zarzis a Medenine vi sarebbero nascondigli di armi. Proprio nei campi libici sarebbero stati addestrati Abou Iyad, uno dei capi dei salafiti tunisini, Kamel Kadhkhadi, accusato di essere l’omicida di Belaid e Mohamed Aouadi, altro esponente dell’ala dura salafita”.
Brahmi ha spiegato che “si pensa che siano 5mila i tunisini addestrati nei campi libici: l’obiettivo potrebbe essere quello di entrare in Tunisia da sud e lottare per la costituzione di uno stato islamico. Noi abbiamo un telegramma del Ministero dell’Interno, datato prima delle elezioni, che dava Belhadj come personaggio non gradito in Tunisia, ma poi lo si è visto, foto alla mano, comparire al congresso di Ennahda ed interloquire, persino nei campi di addestramento libici, con il ministro dei Diritti umani tunisino. E con quest’ultimo, Samir Dilou, c’è stato un incontro con Belhadj a Zarzis, di cui abbiamo la foto”.
Saadi Brahmi ha poi ripreso a raccontare della conferenza stampa dell’avvocato Aguili: “sono venute alla luce prove che hanno dell’incredibile: pochi giorni prima del 6 febbraio 2013, giorno in cui è stato ucciso Belaid, un impiegato di banca ha avvisato la polizia della presenza di un’auto sospetta, una Polo, che continuava a muoversi nel quartiere del leader politico, attorno a casa sua. La polizia ha chiesto ai colleghi del Commissariato di Cartagine informazioni sull’auto: la domanda è stata fatta il 23 gennaio, Belaid è stato ucciso il 6 febbraio e la risposta è arrivata in marzo. Da quanto si è appreso, c’è stato un preciso ordine del Ministero dell’Interno di bloccare l’operazione di controllo”.
Ormai nel sud della Tunisia passa di tutto. Brahmi ha fatto notare che “Altri documenti ritrovati in un pick-up, come pure un computer, portavano il nome di  Mohamed al Awadi, persona ricercata dagli americani per coinvolgimento nell’attacco al consolato di Bengasi, dove ha perso la vita l’ambasciatore Stevens. Nonostante tutti questi dati il Ministero dell’Interno non ha mosso un dito, bensì ha trasferito, dopo la morte di Belaid, il responsabile della Sicurezza di Sfax”.

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