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20 giugno 2013

Cosa succede in Turchia

Il 20 giugno sei associazioni di medici turchi hanno pubblicato un comunicato in cui condannano l’uso di gas lacrimogeni da parte della polizia durante le manifestazioni che vanno avanti da quasi tre settimane nel paese. I medici hanno detto di poter dimostrare che almeno due persone sono morte per gli effetti dei gas che sono stati usati come “armi chimiche”.

Secondo le autorità durante gli scontri tra manifestanti e polizia in diverse città della Turchia sono morte quattro persone: due persone colpite da proiettili a Hatay e Ankara, un altro investito da un auto a Istanbul e un poliziotto caduto da un ponte ad Adana, nel sud del paese.

Morti a causa dei gas. A questo bilancio, secondo i medici, devono essere aggiunte le morti di coloro che hanno riportato seri problemi respiratori e cardiaci a causa dell’inalazione di gas lacrimogeni, tra cui un uomo di 47 anni di Ankara e una donna di 50 anni di Istanbul che sono morti dopo essere stati esposti per lungo tempo ai gas durante le manifestazioni.

Come armi chimiche. Secondo l’associazione di medici la polizia ha usato i gas lacrimogeni come armi chimiche, non solo come mezzo per sgomberare le piazze, cioè li ha lanciati da una distanza troppo ravvicinata o in luoghi chiusi, come tra l’altro sarebbe vietato dalle convenzioni internazionali.

Il 41 per cento delle persone che ha riportato danni da lacrimogeni era a una distanza di meno di cinque metri dai candelotti dei lacrimogeni, e il 21 per cento era in un luogo chiuso. Lo ha rivelato un’inchiesta della Società turca di medicina toracica condotta su 356 persone ricoverate perché colpite dai gas.

Secondo l’ultimo bilancio ufficiale nelle proteste degli ultimi giorni i feriti sono stati 7.800, di cui 59 gravi.

Le proteste continuano. Intanto le proteste contro l’autoritarismo del presidente Recep Tayyip Erdoğan vanno avanti nel paese. Dopo lo sgombero dell’occupazione del parco Gezi e la riapertura al traffico di piazza Taksim, la protesta si è rinnovata e ha trovato altre forme, spiega Andy Carvin su Npr. Tutto è cominciato quando Erdem Gündüz è stato per sei ore fermo in piedi a piazza Taksim, da allora, centinaia di persone hanno seguito il suo esempio e protestano silenziosamente stando fermi e immobili per ore.

Una vittoria futura. “Dopo lo sgombero di piazza Taksim e del parco Gezi non rimane nulla delle proteste”, scrive il quotidiano Le Monde nell’editoriale del 20 giugno. Prima prigione del mondo per i giornalisti (sono attualmente in carcere 76 giornalisti nel paese), ogni giorno la Turchia governata dall’Akp è più autoritaria, sorda alle aspirazioni della classe media che sta conoscendo uno sviluppo impressionante”, continua il giornale.

Potrebbe non essere facile trovare una sintesi tra le diverse anime del movimento di protesta, i kemalisti, i separatisti curdi, la sinistra e potrebbe essere difficile che l’opposizione all’Akp possa trasformarsi in alternativa politica, ma “i giovani turchi che nelle proteste hanno scoperto di essere forti e numerosi potrebbero aver trovato la speranza di una vittoria nel futuro”.


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