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22 giugno 2013

In Turchia compaiono le assemblee: una lezione di democrazia
di Jérôme Roos
Traduzione di Maria Chiara Starace

Qualche cosa di realmente incredibile sta avvenendo a Istanbul. Oltre alla azioni tipo ” uomo   silenzioso in piedi” in tutto il paese, le assemblee del popolo stanno lentamente emergendo in quartieri diversi si tutta la città. Come in Spagna, in Grecia e, in precedenza, negli accampamenti di Occupy, i dimostranti in Turchia stanno iniziando a contrapporre la loro forma di democrazia diretta alla falsità di una democrazia proposta dallo stato neoliberale autoritario di Erdogan. Se ci fosse mai stato qualche dubbio, questi fatti dimostrano colme le lotte globali sono in realtà profondamente intrecciate.

Mentre lo stato fa partire la sua impietosa caccia alle streghe contro i dimostranti, gli attivisti e coloro che usano Twitter, migliaia di persone stanno cominciando a radunarsi in modo dignitoso in vari spazi pubblici. Come riferisce Oscar ten Houten da Istanbul, l’Assemblea del distretto di Beşiktaş nel parco Abbasaga che va avanti da giorni, ha triplicato il numero dei partecipanti martedì sera, con un totale di 10 assemblee popolari  che avevano luogo soltanto a Istanbul e almeno un’altra a Smirne. Come scrive Oscar sul suo grandioso blog (che ha iniziato per l’occupazione della Puerta del Sol a Madrid nel 2011):

“Questi raduni non hanno più niente a che fare con la Solidarietà di Pizza Taksim. Sono iniziative spontanee di gente locale che sono stufi del disprezzo di Erdogan per i cittadini turchi, per i loro diritti e le loro libertà, la loro storia, le loro convinzioni e tradizioni…Arriviamo a Kadiköy, e, davvero, non riuscivo a credere che questo stesse accadendo. Ben oltre duemila persone erano radunate sul prato, per esprimere la loro rabbia per lo “sfratto” dal Parco Gezi imposto dal governo, e per condividere la loro speranza in una Turchia migliore. Come in qualsiasi altro luogo, era una sezione della popolazione che comprendeva tutte le razze e le confessioni religiose.”

Stranamente, i membri delle assemblee popolari in Turchia usano gli stessi segnali fatti con le mani che facevano gli indignados, indicando così che alcuni dei metodi erano ispirati dalle proteste a favore della vera democrazia in Spagna. Questo, a sua volta, sembra confermare che l’idea che abbiamo suscitato all’inizio dell’insurrezione turca, e un’affermazione che molti attivisti turchi hanno fatto proprio dal principio: cioè, che questo movimento non è soltanto una protesta locale o nazionale, ma fa parte di una lotta globale contro la natura capovolta della democrazia rappresentativa capitalista e a favore di una vera democrazia e di una liberazione totale.

Che cosa è, allora, la vera democrazia? Ovviamente è difficile avere una risposta diretta a una domanda così complessa, considerando che persone diverse interpreteranno l’idea (e l’ideale) in maniera diversa. E’, tuttavia, abbastanza facile, identificare che cosa non è la democrazia. La  democrazia sostiene il governo del popolo.  Come conseguenza, quando gli interessi delle grosse imprese e le delusioni religiose cominciano a dominare il governo, questa non è democrazia. Infatti, quando una piccola elite di politici eletti viene delegata a parlare per conto di tutti gli altri, questo non è il governo del popolo, ma la sua raffigurazione.

Gli esperimenti a livello mondiale con la democrazia diretta – sotto forma di auto-organizzazione orizzontale attraverso le assemblee popolari, reti decentralizzate di aiuto reciproco, gruppi di lavoro tematici e così via – forniscono uno cenno di come potrebbe sembrare un altro mondo. Naturalmente nessuno di questi significa che i dimostranti hanno un piano pronto per la società rivoluzionaria ideale, ma stanno attivamente testando e provando modelli diversi per vedere in che modo grandi gruppi di persone possono effettivamente organizzarsi senza una leadership gerarchica e centralizzata.

L’anno scorso, quando abbiamo giravamo il nostro primo documentario per la ROAR (una rivista on line, n.d.t.) – Utopia all’orizzonte - ad Atene, abbiamo intervistato Manolis Glezos, il novantenne eroe della resistenza della Seconda guerra mondiale, che è attualmente un deputato della coalizione dell’estrema sinistra. Glezos ha sperimentato la democrazia diretta quando è stato sindaco di un villaggio sull’isola di Naxos. Anche se Glezos crede ancora che un parlamento controllato dalle forze popolari può aiutare gli attivisti concretamente, insiste che la rivoluzione dei cittadini in quanto tale non può procedere se la gente non si organizza dalla base.

E allora le assemblee popolari a Piazza Syntagma, alla Puerta del Sol e al Parco Zuccotti? Era vera democrazia? Quando lo abbiamo chiesto a Glezos, ci ha guardato con un sorriso divertito e – con nostra grande sorpresa – ci ha detto soltanto: “No. Questa non è democrazia. Come possono poche migliaia di persone radunate in una piazza, parlare a nome di milioni che vivono nella regione? Questa non è democrazia – è un lezione di democrazia. Se questo movimento vuole sopravvivere, i suoi modelli democratici diretti dovranno diffondersi nei quartieri e nei luoghi di lavoro. Soltanto allora cominceremo a vedere l’affermazione di una società genuinamente democratica.”

Quello che dice Glezos, in altre parole, è che affinché la democrazia diretta funzioni, è necessario che le assemblee siano estremizzate ed estese ai luoghi di lavoro sotto forma di auto-gestione dei lavoratori, come nel caso che è stato motivante della fabbrica Vio.me in Grecia. Ovviamente nessuna di tutto questo sarà sufficiente a rovesciare lo stato capitalista in quanto tale; ma è un punto di partenza per aiutare la gente a impegnarsi in forme diverse di produzione, e in forme diverse di essere, pensare, interagire. In breve, si tratta di costruire le fondamenta sociali dell’auto-organizzazione che ci permetterà di sostituire le istituzioni oppressive dello stato capitalista quando verrà il momento.

Ma c’è qualche altra cosa. La democrazia diretta delle piazze riguarda dire che non possiamo aspettare qualche rivoluzione remota per rovesciare il sistema capitalista. Stiamo attualmente affrontando una tragedia umanitaria globale, un disastro ecologico e una profonda crisi sociale e politica. Dobbiamo agire adesso. Non possiamo fidarci che elite di grosse imprese lo facciano al nostro posto. Non possiamo avere fiducia che rappresentanti politici portino avanti il processo. Gli unici di cui possiamo fidarci siamo noi stessi. Noi, la gente dovremo far progredire questa rivoluzione, iniziando da adesso.

E ancora, a un livello ancora più umile – tuttavia forse il più importante di tutti – dovremmo stare attenti a non fare della democrazia diretta un feticcio. In fin dei conti, l’assemblea è un fenomeno molto semplice: si tratta della gente che  desidera ardentemente di  essere ascoltata e di poter dire la sua nella vita. Le assemblee sono un modo di permettere a color che sono stati  zitti  per anni, di prendere finalmente posizione con dignità e di far sentire la loro voce e di essere ascoltati. Si tratta di recuperare il nostro senso collettivo di umanità dagli artigli e dalle istituzioni non rappresentative dello stato capitalista.

In quanto tali, le assemblee sono una bella e importante forma di impegno sociale e di partecipazione politica. In futuro è possibile che si espandano per coprire un numero sempre maggiore di segmenti della popolazione. Perfino in questi momenti di esultanza, però, quando vediamo la gente che prende la faccende nelle sue mani, e che rappresenta la democrazia nei luoghi dove vive e lavora, dovremmo continuare a essere realistici: questo è soltanto l’inizio. Lo stato capitalista sopravvive, e creare una nostra società parallela non è sufficiente. Dobbiamo auto-organizzarci, e poi spingere la nostra  ricerca di autonomia  verso l’esterno, per riuscire,  alla fine, a incapsulare tutta la società.

Fortunatamente c’è speranza che queste aspirazioni  estremiste  possano non essere soltanto un sogno irraggiungibile. Come segno che questo movimento senza capi sta già deregolamentando il violento flusso di potere scatenato dallo stato turco, il governo sempre più disperato sta intensificando la repressione, arrestando a casaccio la gente che era stata individuata alle dimostrazioni  o che mandava Tweet  provocatori, e perfino minacciando di mandare l’esercito. Come dice Oscar: “Le autorità non capiscono ancora che cosa sta succedendo. Cercano i capi, persone da corrompere o da eliminare. Ma  non ce ne sono. Non siamo un’organizzazione, siano una rete estesa al mondo intero. Siamo le persone dell’inizio di tempi che cambiano.”


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.zcommunications.org/assemblies-emerging-in-turkey-a-lesson-in-democracy-by-j-r-me-roos

Originale: Roarmag.org

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