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Agosto 16, 2013

Egitto nella guerra civile. Ora la “primavera” dei Fratelli Musulmani non entusiasma più nessuno

L’estremismo islamico nascosto dietro la facciata moderata. Il ruolo del Qatar e dei sauditi. Il rischio di una deriva terrorista. Il mondo apre gli occhi sulla vera natura della “democrazia” di Morsi e dei suoi

Sono salite a 700 le vittime degli scontri seguiti allo sgombero dei sostenitori di Morsi accampati da giorni in piazza Rebaa, al Cairo. Oltre 3.500 i feriti. Almeno secondo i dati ufficiali. Secondo i Fratelli Musulmani, invece, i morti sono 4.500. «Rabaa è la nostra Tienanmen», dicono. E la comunità internazionale condanna duramente l’atto di forza della giunta militare che ha scatenato in tutto il paese una guerra civile. Ma questa volta difficilmente l’organizzazione islamica riuscirà a convincere il mondo che il suo anelito democratico è genuino.

SOLDI DA USA E QATAR. Dopo l’anno di governo dei Fratelli Musulmani, anche i governi e le diplomazie che avevano sposato in modo più convinto la causa anti-Mubarak, ingannate dalle promesse moderate di Morsi, hanno iniziato ad aprire gli occhi sulle reali intenzioni dell’organizzazione. «Gli intellettuali più avveduti della Fratellanza avevano consigliato a Morsi una linea flessibile: tolleranza sociale, sostegno al turismo e alla cultura», ha scritto Antonio Ferrari sul Corriere della Sera del 15 agosto. «Di sicuro i consigli non sono stati accolti da Morsi e dai suo collaboratori più stretti, che hanno invece dimostrato la poca avvedutezza di una scommessa sbagliata, e realizzata dando corpo a un islam politico senza timone. Il raìs, probabilmente mal consigliato, ha scelto una pasticciata intransigenza», imboccando prepotentemente la via dell’islamizzazione del paese, pur ottenendo «un miliardo e mezzo di dollari all’anno dagli Stati Uniti in cambio della conferma del trattato di pace con Israele». E ai dollari americani, Morsi ha aggiunto il sostegno economico dell’ambizioso e straricco Qatar. Ancora oggi Doha continua a sostenere i Fratelli Musulmani, mentre l’Arabia Saudita sostiene i militari e il nuovo governo. «Persino le due più importanti tv globali arabe sembrano seguire i destini polarizzati dell’Egitto. Al-Jazeera, la tv del Qatar, segue gli eventi dalla parte della Fratellanza, mentre Al-Arabija, creata negli Emirati Arabi Uniti, racconta gli eventi spiegando le ragioni dei militari».

SUNNITI SPACCATI. Di certo quel che è in atto in Egitto somiglia sempre più a una vera e propria guerra civile. Dalle pagine di Repubblica lo conferma il politologo francese Gilles Kepel, grande esperto del mondo arabo: «È una guerra civile che si aggiunge alle altre guerre civili che stanno insanguinando il Medio Oriente». E quanto sta accadendo avrà ripercussioni anche a livello regionale: «Il nuovo governo egiziano – ha ricordato Kepel – ha ricevuto 15 miliardi di dollari da parte dell’Arabia Saudita, che vede nei Fratelli Musulmani un rischio per la propria stabilità interna. Gli stessi Fratelli sono invece sostenuti dal Qatar il quale ha denunciato la loro repressione. Questa guerra egiziana sta creando una profonda spaccatura all’interno dei sunniti nel mondo arabo».

TERRORISTI PER VENDETTA. «L’Egitto rischia di sprofondare nella sanguinosa deriva algerina degli anni Novanta, quando i militari cancellarono la vittoria islamica alle elezioni scatenando una paurosa guerra civile che costò 150 mila morti», ha osservato invece Fausto Biloslavo sul Giornale. «Il pugno di ferro contro i Fratelli Musulmani potrebbe portare le frange più giovani ed estremiste alla lotta armata. Non solo, gli attacchi di ieri hanno provocato scontri in tutto il paese, sfociati in attacchi alle chiese della minoranza cristiana». «Come in Algeria – prosegue il giornalista – le zone desertiche e montagnose sono state per un decennio roccaforte del Fronte islamico e dei suoi eredi, il Sinai è già una terra di nessuno dove si nascondono cellule integraliste ben armate grazie ai contrabbandieri beduini». E ovviamente non sarebbe solo una questione tra l’esercito i Fratelli Musulmani: «Una deriva algerina – conclude Biloslavo – scatenerebbe la caccia ai cristiani copti» che in Egitto sono oltre il 10 per cento della popolazione.

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