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sabato 13 luglio 2013 10:24

Il Cairo lancia operazione in Sinai
di Emma Mancini

L'esercito egiziano impegnato a contrastare i gruppi armati islamisti stranieri nella Penisola. Ma ad uscire indebolito dalla deposizione di Morsi è tutto l'Islam politico.

Roma, 13 luglio 2013, Nena News - Le manifestazioni di ieri al Cairo si sono concluse senza vittime né feriti, mentre decine di migliaia di sostenitori del deposto presidente Morsi hanno marciato questa mattina nella capitale. Ma adesso nel target dell'esercito egiziano ci sono i militanti islamisti attivi nella Penisola del Sinai. Ieri un poliziotto è stato ucciso da uomini armati ad un checkpoint militare, ennesimo esempio dell'attività jihadista in Egitto.



Dalla deposizione del presidente Morsi, la scorsa settimana, gli attacchi in Sinai sono diventati ormai giornalieri. Da qui la decisione dell'esercito di lasciare un'operazione di vasta scala nella Penisola contro "gang armate e terroristi". Secondo i media egiziani, ciò comporterà l'impiego di artiglieria pesante e aviazione.



Resta chiuso intanto il valico di Rafah tra Egitto e Striscia di Gaza, a tempo indefinito. Il Cairo è convinto che dai tunnel sotterranei militanti di Hamas entrino in Egitto per unirsi a gruppi armati jihadisti per condurre attacchi al nuovo potere insediatosi nel Paese. Un'eventualità che sarebbe dimostrata dall'uccisione, pochi giorni fa, di 32 membri di Hamas in Sinai. Da parte sua il movimento islamista palestinese ha negato la partecipazione ad azioni di destabilizzazione, a favore dei Fratelli Musulmani.



Che restano osservati e detenuti speciali. Dopo Berlino, anche Washington ha chiesto al nuovo presidente egiziano e al governo ad interim di interrompere la campagna di arresti contro i membri della Fratellanza. Minacciando ritorsioni: secondo il Times of Israel, l'amministrazione Obama avrebbe avvertito Il Cairo di un possibile stop dei finanziamenti, se continuassero le detenzioni arbitrarie. Secondo Washington, una tale politica minerebbe alla base la natura del governo ad interim, che dovrebbe assumere i connotati di un esecutivo di riconciliazione nazionale.



A livello regionale, la Fratellanza non sta certo vivendo un momento d'oro. I vari partiti di riferimento del movimento islamista nei Paesi arabi stanno da giorni condannando il colpo di Stato militare che ha portato alla cacciata di Morsi: da Erdogan al tunisino Ennahda, tutti temono che la perdita del Cairo possa portare ad un generale indebolimento del movimento. L'unico a sorridere è Bashar al-Assad, da sempre oppositore dell'Islam politico.



"Il fallimento dell'esperienza dei Fratelli Musulmani in Egitto danneggerà tutto l'Islam politico nella regione, dal Sudan alla Tunisia, dalla Giordania alla Palestina - ha spiegato Nabil Abdel Fatah, ricercatore dell'Al-Ahram Center for Political and Strategic Studies del Cairo - Perderà il suo dominio e la Fratellanza condurrà il progetto islamista a perdere la sua effettività nella società". 

Dello stesso avviso l'esperto politico palestinese Abdel Qader Yassin, secondo il quale Hamas non beneficerà di certo della caduta di Morsi, che andrà a colpire tutto il movimento nella regione: "È tempo per gli islamisti di imparare la lezione del Cairo e capire come gestire le cose in maniera differente".



"Imporre il proprio dominio, isolare le altre forze politiche e combattere contro stampa e magistratura, senza sviluppare un modello economico che risolva i problemi del Paese sono le lezioni che i Fratelli Musulmani devono imparare - gli fa eco uno dei leader delle opposizioni siriane, Gaber el-Shoufy - Pensare semplicemente che le urne ti diano un mandato per praticare la democrazia come vogliono è stato l'errore fatale della Fratellanza in Egitto". Nena News

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