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8 Ott 2013

Sotto il cielo di Teheran
di Davide Vannucci

A colloquio con l'ambasciatore iraniano a Roma: quanto è autentica la svolta dell'Iran di Rowhani?

Per definire il fitto lavorio diplomatico che ha visto protagonisti negli ultimi mesi Stati Uniti ed Iran si è utilizzato un termine, “disgelo”, mutuato dagli anni Sessanta, dall’epoca di Kennedy e di Kruscev. L’ambasciatore di Teheran a Roma, Jahanbakhsh Mozaffari, ha delineato i contorni e ha prospettato le conseguenze di questo disgelo, in un incontro promosso dall’associazione Italia-Iran, in collaborazione con l’Istituto Italiano per l’Asia e il Mediterraneo (Isiamed).

I tentativi di dialogo sull’asse Washington/Teheran hanno una precisa data di partenza, il 14 giugno, giorno della vittoria elettorale di Hassan Rowhani. Un successo imprevisto, soprattutto nelle proporzioni, con una maggioranza assoluta ottenuta già al primo turno. Le speranze di cambiamento si sono riversate tutte su questo sceicco dal turbante bianco, il candidato più affidabile all’interno del fronte anti-conservatore, dopo l’accurata scrematura fatta dal Consiglio dei Guardiani. Rowhani, sostiene l’ambasciatore, ha fatto della «moderazione il cardine del suo programma e adesso, con il suo governo, ha compiuto passi concreti in questa direzione». Anche in Occidente accanto al presidente iraniano compare sempre l’aggettivo “moderato”. Mozaffari definisce questa moderazione: “un equilibrio tra ideali e realtà, tendendo alla realizzazione degli ideali”.

Il mondo si interroga sulla reale autonomia di Rowhani rispetto all’ayatollah Khamenei, arbitro in ultima istanza della complessa partita politica iraniana. La Guida Suprema ha avallato gli sforzi del presidente, ma ha preso le distanze da alcune sue mosse, definendole “non appropriate”. L’ambasciatore fa professione di pragmatismo. Dà un nome alla dottrina presidenziale, «idealismo realistico», in un’ottica di costi/benefici. Poi elenca i cardini del nuovo corso di politica estera. Ripete spesso il termine distensione. Parla di interazione costruttiva con l’intera comunità internazionale, in particolare con le grandi potenze. Offre una normalizzazione delle relazioni con i paesi della regione, soprattutto con quelli confinanti. Prospetta una ricostruzione dei rapporti con i partner tradizionali in Asia ed Europa, fortemente danneggiati dalle sanzioni. Mette sul piatto il peso dell’influenza iraniana, per prevenire la diffusione delle armi di distruzione di massa (riferimento evidente alla matassa siriana).

Mozaffari tiene il punto, ribadisce il carattere pacifico della politica iraniana e definisce illegali le misure punitive votate dall’Occidente in risposta al programma nucleare. Ma sottolinea soprattutto le conseguenze economiche e geopolitiche di un’intesa complessiva: «L’Iran», dice, «ha un’importanza strategica, coi suoi 75 milioni di abitanti, è circondato da 15 Paesi, con un bacino di 500 milioni di persone. È l’àncora della pace e della stabilità del Medio Oriente».

L’ingresso iraniano nel sistema finanziario e commerciale globale, è stato detto, avrebbe un impatto epocale, paragonabile a quello avuto dall’Est Europa dopo la caduta del muro. Una popolazione giovane e istruita, una società desiderosa di beni di consumo: con un’apertura dei mercati anche per il nostro Paese si aprirebbero prospettive interessanti. Italia e Iran sono partner di vecchia data, ma le sanzioni votate dall’Unione Europea (oltre che dal Congresso americano) hanno messo a dura prova questo rapporto. «Nel 2012», ricorda Mozaffari, «il volume dell’interscambio è diminuito rispetto all’anno precedente, Teheran ha perso la propria quota nel mercato petrolifero italiano e le esportazioni di Roma hanno subito un calo notevole. Il danno è stato reciproco». Il disgelo, quindi, avrebbe un effetto benefico anche dal punto di vista economico.

C’è da augurarsi che il premier israeliano Benjamin Netanyahu abbia torto quando definisce Rowhani “un lupo travestito da agnello”. Perché Italia e Iran hanno economie complementari. Teheran è alla disperata ricerca di investimenti stranieri e di moderne tecnologie. Roma è interessata alle risorse energetiche e e a nuovi mercati per i propri prodotti, per dare forma concreta a quella diplomazia della crescita di cui parlava proprio ieri Emma Bonino.

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