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giovedì 11 aprile 2013

Il MUOS di Niscemi, un’arma ambientale
di Antonio Mazzeo

Relazione presentata alla Conferenza Beyond Theories of Weather Modification – Civil Society versus Geoengineering, European Parliament, Bruxelles 9 aprile 2013.

A Niscemi (Sicilia), all’interno di una riserva naturale (area SIC), sono in corso i lavori di realizzazione di uno dei quattro terminali terrestri del MUOS (Mobile User Objective System), il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari della Marina militare degli Stati Uniti d’America.

Il MUOS dovrà assicurare il collegamento della rete militare Usa (centri di comando, controllo e logistici, le migliaia di utenti mobili come cacciabombardieri, unità navali, sommergibili, reparti operativi, missili Cruise, aerei senza pilota, ecc.), decuplicando la velocità e la quantità delle informazioni trasmesse nell’unità di tempo e rendendo sempre più automatizzati e disumanizzati i conflitti del XXI secolo. Con la conseguenza di accrescere sempre più il rischio di guerra (convenzionale, batteriologica, chimica e/o nucleare) anche per un mero errore di elaborazione da parte dei computer.

Il terminale MUOS di Niscemi sarà costituito da tre grandi antenne paraboliche del diametro di 18,4 metri per le trasmissioni verso i satelliti geostazionari con frequenze che raggiungeranno i 31 GHz e da due trasmettitori di 149 metri d’altezza per il posizionamento geografico con frequenze tra i 240 e i 315 MHz. Un mixer di onde elettromagnetiche che penetreranno la ionosfera con potenziali effetti devastanti per l’ambiente e la salute dell’uomo. Originariamente il progetto era stato previsto per Sigonella, la principale stazione aeronavale della Marina militare Usa nel Mediterraneo alle porte di Catania. Poi fu deciso di dirottare l’impianto una settantina di chilometri più a sud, nella stazione utilizzata dal oltre vent’anni dal Pentagono per le comunicazioni con i sottomarini atomici in navigazione negli oceani. A determinare il cambio di destinazione le risultanze di uno studio sull’impatto delle onde elettromagnetiche generate dal MUOS che accertò l’alto rischio che le emissioni potessero avviare la detonazione degli ordigni ospitati a Sigonella. Ovviamente senza tenere assolutamente in considerazione gli effetti del sistema sulla salute e la sicurezza delle popolazioni che abitano nei pressi della base di Niscemi.

A denunciare l’insostenibilità ambientale del MUOS e le “gravi carenze” degli studi effettuati dagli statunitensi ci ha pensato nel novembre 2011 il Politecnico di Torino, attraverso un report dei professori Massimo Zucchetti e Massimo Coraddu. Con la realizzazione delle nuove antenne si verificherà un incremento medio dell’intensità del campo in prossimità delle abitazioni più vicine pari a qualche volt per metro rispetto al livello esistente”, scrivono i due ricercatori. “C’è poi il rischio di effetti acuti legati all’esposizione diretta al fascio emesso dalle parabole MUOS in seguito a malfunzionamento o a un errore di puntamento. I danni alle persone accidentalmente esposte a distanze inferiori ai 20 Km saranno gravi e permanenti, con conseguente necrosi dei tessuti.

Le onde elettromagnetiche avranno pesantissimi effetti pure sul traffico aereo nei cieli siciliani e in particolare sull’aeroporto di Comiso, prossimo all’apertura. Il fascio di microonde del MUOS è senz’altro in grado di provocare gravi interferenze nella strumentazione di bordo di un aeromobile che dovesse essere investito accidentalmente, spiegano Zucchetti e Coraddu. Gli incidenti provocati dall’irraggiamento di aeromobili distanti anche decine di Km. sono eventualità tutt’altro che remote e trascurabili ed è incomprensibile come non siano state prese in considerazione dagli studi progettuali. I rischi d’interferenza investono potenzialmente tutto il traffico aereo della zona circostante il MUOS. Nel raggio di 70 Km si trovano ben tre scali aerei: Comiso, a poco più di 19 Km dalla stazione di Niscemi, e gli aeroporti militare di Sigonella e civile di Fontanarossa (Catania), che si trovano rispettivamente a 52 Km e a 67 Km. Sigonella, tra l’altro, è oggetto delle spericolate operazioni di atterraggio e decollo dei droni a disposizione delle forze armate Usa e Nato.

Nonostante i rilievi del Politecnico e in aperta violazione delle norme di attuazione del Piano territoriale paesistico della riserva naturale “Sughereta” di Niscemi entro cui ricade la base statunitense, l’1 giugno 2011 la Regione siciliana ha autorizzato l’avvio dei lavori del MUOS. I cantieri hanno generato sbancamenti di colline e sradicamenti della macchia mediterranea, sfregiando irrimediabilmente un’ampia area classificata come zona A cioè inedificabile. L’entità delle trasformazioni in atto denotano una gravissima manomissione dell’ambiente con l’aggravante di esplicarsi a danno di un’area protetta di interesse internazionale”, commenta amaramente il responsabile del Centro di educazione e formazione ambientale di Niscemi, Salvatore Zafarana. Ad essere definitivamente compromessi sono alcuni lotti boscati di limitate estensioni ma di indiscusso pregio naturalistico e paesaggistico.

Sui crimini ambientali commessi ai danni della riserva, la Procura di Caltagirone ha aperto un’inchiesta e, il 6 ottobre 2012, ha pure ordinato il sequestro dei cantieri del MUOS. Dopo il ricorso dell’avvocatura dello Stato, il Tribunale di Catania ha però annullato il provvedimento ordinando il dissequestro degli impianti. D’allora diverse centinaia di cittadini di Niscemi e di tutta la Sicilia hanno intrapreso una campagna di azioni non violente finalizzate a bloccare il transito dei mezzi che operano all’interno della base, in particolar modo i camion gru chiamati ad innalzare le tre maxi-antenne satellitari. In più occasioni le risposte delle autorità di pubblica sicurezza sono state durissime: i manifestanti sono stati caricati, manganellati, spintonati, strattonati e denunciati per svariati reati.

Il MUOS, l’HAARP e le guerre climatiche

Nel Movimento No MUOS si avverte il timore che il nuovo sistema di telecomunicazione satellitare delle forze armate Usa possa essere in qualche modo legato all’HAARP (High Frequency Active Auroral Research Program), il Programma di Ricerca Attiva Aurorale con Alta Frequenza che dal 1994 la US Air Force e la US Navy portano avanti dalla base di Gakona, in Alaska. L’HAARP vede operative centinaia di antenne che trasmettano nella banda bassa, da 2,8 a 7 MegaHerz, e nella banda alta, da 7 fino 10 MegaHerz, capaci di trasmettere onde elettromagnetiche fino a quote di 350Km. Si tratta di un range delle frequenze di poco inferiore a quelle previste per il MUOS e corrispondente a quello delle 46 antenne della NRTF (Naval Radio Transmitter Facility) della stazione Usa di Niscemi che da più di vent’anni assicurano le comunicazioni con le unità navali e i sottomarini a capacità e propulsione nucleare in immersione negli oceani.

Ufficialmente Washington affermava che l’HAARP ha la funzione di studiare la ionosfera ed evitare gravi fenomeni atmosferici, ma più di uno studioso ipotizza che i test e le attività della megastazione dell’Alaska servano invece a creare enormi perturbazioni ambientali e climatiche. Il fisico indipendente Corrado Penna, tra i sostenitori dell’ipotesi di utilizzo delle antenne MUOS per fini non dichiarati di modificazione ambientale in sinergia con il sistema HAARP, ha più volte denunciato come queste tecnologie possono servire “a causare terremoti o altri fenomeni come siccità, uragani, inondazioni, ecc., sia indirizzando le emissioni sul nucleo della terra (influendo così sul magnetismo terrestre), sia indirizzandole sulla ionosfera.

Il 5 febbraio 1998, la Commissione per gli affari esteri, la sicurezza e la politica di difesa del Parlamento europeo sentì il dovere di convocare un’audizione pubblica sull’HAARP a cui NATO e forze armate USA scelsero di non partecipare. I parlamentari Ue riuscirono a sapere che i programmi di ricerca sulle radiazioni ad alta frequenza sono condotti congiuntamente dai militari degli Stati Uniti d’America e dall’Istituto di geofisica dell’Università dell’Alaska di Fairbanks. Progetti analoghi sarebbero condotti pure in Norvegia, probabilmente in Antartide, e nell’ex Unione Sovietica. Attraverso impianti basati a terra e una serie di antenne, ciascuna alimentata da un proprio trasmettitore, si riscaldano con potenti onde radio parti della ionosfera dove si trovano enormi campi magnetici protettivi denominati “fasce di Van Allen”, i quali intercettano protoni, elettroni e particelle alfa. L’energia così generata riscalda talune parti della ionosfera provocando buchi e lenti artificiali.

L’HAARP può essere impiegato per molti scopi”, scrive l’on. Maj Britt Theorin, relatrice della proposta di risoluzione (mai adottata) sull’uso potenziale delle risorse di carattere militare per le strategie ambientali della commissione sulla sicurezza del Parlamento europeo (14 gennaio 1999). Manipolando le proprietà elettriche dell’atmosfera si è in grado di porre sotto controllo forze immani. Facendovi ricorso quale arma militare, le conseguenze potrebbero essere devastanti per il nemico. Attraverso l’HAARP è possibile convogliare in una zona prestabilita energia milioni di volte più intensa di quella che sarebbe possibile inviare con qualsiasi altro trasmettitore tradizionale. L’energia può anche essere indirizzata verso un obiettivo mobile, per cui si potrebbe applicare anche contro i missili del nemico…”. Forse per questo, Washington ha perfezionato la tecnologia HAARP nell’ambito dell’Iniziativa di Difesa Strategica (IDS), quella dello Scudo spaziale e delle Guerre stellari.

Il progetto USA consente anche di potenziare le comunicazioni con i sommergibili atomici e di manipolare la situazione meteorologica globale. Ma è possibile anche il contrario, cioè disturbare le comunicazioni”, aggiunge l’europarlamentare. Manipolando la ionosfera è possibile ostacolare le comunicazioni globali facendo però arrivare a destinazione le proprie. Un’altra applicazione del sistema è quella di scandagliare a raggi X la terra per vari chilometri di profondità, con un’apposita tomografia a effetto penetrante, per esplorare campi di petrolio e di gas, ma anche attrezzature militari sotterranee. Radar in grado di vedere oltre l’orizzonte e di definire gli oggetti a grande distanza sono un’altra delle applicazioni del sistema HAARP.

È certo che a partire dagli anni ‘50 gli Stati Uniti hanno effettuato esplosioni di materiale nucleare nelle fasce di Van Allen per sondare gli effetti ad un’altezza così elevata sulle trasmissioni radio e le operazioni radar in virtù dell’intenso impulso elettromagnetico scatenato dalle deflagrazioni. Gli esperimenti hanno creato nuove fasce di radiazione magnetica comprendenti quasi tutta la terra. Gli elettroni correvano lungo linee di campo magnetiche creando un’aurora boreale artificiale sopra il Polo Nord”, aggiunge Maj Britt Theorin. Con questi test militari si rischia seriamente di danneggiare per molto tempo la fascia di Van Allen. Secondo gli scienziati americani ci vorranno probabilmente molte centinaia di anni prima che essa si stabilizzi nella sua posizione normale. L’HAARP può anche influenzare tutto l’ecosistema, soprattutto nella sensibile area antartica. Inoltre le potenti onde radio possono causare buchi ionosferici, pregiudicando il sistema che ci protegge dalle radiazioni provenienti dal cosmo.

Proprio a causa dell’implementazione del sistema HAARP come arma per manipolare l’ambiente, la Commissione presieduta da Maj Britt Theorin ha chiesto inutilmente la sospensione di tutte le attività sperimentali e che le conseguenze giuridiche, ecologiche ed etiche fossero analizzate da un organismo internazionale indipendente. “Tutta una serie di atti normativi internazionali (Convenzione sul divieto dell’utilizzo a scopi militari o ad altri scopi ostili delle tecniche di modificazione dell’ambiente, The Antarctic Treaty, Trattato recante principî per il comportamento degli Stati nell’esplorazione dello spazio esterno e la Convenzione dell’ONU sulle leggi del mare) fanno risultare l’HAARP assai dubbio non soltanto dal punto di vista umano e politico, ma anche da quello giuridico”, concludeva l’europarlamentare.

In un suo recente saggio sulle guerre climatiche (“Owning the weather”, Limes, ), il generale Fabio Mini, già comandante delle forze NATO in Kosovo, rileva come da ormai diversi anni la ricerca militare si sia rivolta sia alle bassissime frequenze (ELF) sia a quelle alte. “In entrambi i casi lo scopo è quello d’interferire con la ionosfera in modo da aumentare o diminuire fino alla soppressione le capacità di trasmissione di segnali radiomagnetici”, scrive il militare. “Le e missioni dei trasmettitori HAARP che avvengono quasi regolarmente in quattro periodi dell’anno sono in grado di inviare nella ionosfera raggi di potenza superiore al gigawatt. Gli scienziati che si occupano del programma negano che la loro attività abbia una qualsiasi valenza militare o che interferisca con l’ambiente naturale. Tuttavia, il termine auroral che fa parte del suo acronimo si riferisce al fenomeno delle aurore boreali che si determinano nella zona di confine tra ionosfera e atmosfera quando emissioni ad altissima energia provenienti dal sole  vengono convogliate dal  magnetismo terrestre verso i poli e vanno a collidere  con le particelle più rarefatte dell’atmosfera. HAARP nega che le sue emissioni siano in brado di produrre artificialmente questo fenomeno, anche se le emissioni sono dirette esattamente verso la stessa zona e hanno caratteristiche molto simili a quelle ad alta energia provenienti dal sole”.

Il generale Mini ricorda poi come gli esperimenti militari per alterare la ionosfera risalgano perlomeno alla seconda metà degli anni ’50 del secolo scorso. Nel 1958 le forze armate Usa fecero esplodere  tre ordigni atomici a a fissione nella parte inferiore della fascia di Van Allen e due ordigni a fusione nella parte alta dell’atmosfera, alterando l’equilibrio della ionosfera. tali esperimenti continuarono fino al 1962, quando le dirompenti poteste della comunità scientifica internazionale costrinsero Washington a sospenderli. Nello stesso periodo iniziarono però le sperimentazioni nucleari sovietiche nella ionosfera e nelle fasce di Van Allen. “Oggi sono proprio i radar meteorologici ad individuare – spesso in corrispondenza di aree colpite da gravi fenomeni atmosferici – le segnature circolari tipiche delle onde elettromagnetiche ad alta frequenza come quelle generate dalle emittenti di onde longitudinali, onde scalari, silent sound e di quelle delle trasmittenti HARP”, conclude Fabio Mini.

Per l’economista Michel Chossudovsky, l’HAARP è un vera e propria arma di distruzione di massa. Oltre ad interferire sulle comunicazioni radio ad alta frequenza, televisive e radar, le sue antenne possono influenzare i circuiti elettrodinamici delle aurore, consistenti in una corrente naturale di elettricità che varia da 100 mila ad 1 milione di megawatt. In questo modo è possibile utilizzare il vento solare per danneggiare i satelliti e le apparecchiature installate sui sistemi missilistici dei paesi nemici. Anche in questo caso il programma di ricerca sulle radiazioni ad alta frequenza s’incrocia con le attività dell’NRTF di Niscemi. Alcuni dei trasmettitori della stazione dell’US Navy di contrada Ulmo operano in VLF (Very Low Frequency), con bande di frequenze comprese tra i 3 kHz - 30 kHz, all’interno del sistema planetario di “Sorveglianza dell’attività solare” e per il monitoraggio delle cosiddette SID - Sudden Ionospheric Disturbances, i disturbi delle comunicazioni radio originati nella ionosfera dalle attività eruttive del sole. Nella lista dei trasmettitori in VLF utilizzabili per il monitoraggio SID, predisposta dalle forze armate statunitensi, oltre alla stazione di Niscemi, compare anche quella dell’isola di Tavolara in Sardegna.

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Antonio Mazzeo, peace-researcher e giornalista, ha pubblicato numerosi saggi ed inchieste sui processi di riarmo e militarizzazione in Italia e nel Mediterraneo. Nel 2012 ha pubblicato il volume Un EcoMuostro a Niscemi. L’arma perfetta per i conflitti del XXI secolo (Sicilia Punto L, Ragusa) in cui si descrivono le problematiche di tipo militare, ambientale, sociale e criminogeno relative all’installazione in Sicilia del terminale terrestre del MUOS. Nel 2010 ha conseguito il Primo premio “Giorgio Bassani” di Italia Nostra per il giornalismo. È attivista della Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella e del Movimento No MUOS. Per consultare articoli e pubblicazioni: http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/

 

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