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15/04/2013

Ahmed: un disertore, un ribelle, un negoziatore
di Tamas Almos

Ahmed ha 28 anni, è sposato ed è papà di due bambini. Vive nel piccolo villaggio sunnita di Bianun, a circa 20 chilometri dalla città di Aleppo. Ha cominciato il servizio militare obbligatorio di 18 mesi nell’estate del 2011, quando la rivoluzione era appena iniziata.

In precedenza si era laureato in lingua inglese presso l’Università di Aleppo; grazie alla sua buona conoscenza di questa lingua, è stato assegnato ai servizi segreti dell’aviazione, in una base di Damasco. Era sempre informato su quello che accadeva in Siria: le manifestazioni e la rivoluzione. Per lungo tempo non era sicuro di disertare, perché pur non concordando con le politiche messe in atto dal governo siriano, non era certo del successo della rivoluzione nel suo Paese.

Poi a giugno dell’anno scorso sì è deciso. Nonostante disertare fosse – e sia tuttora – pericolosissimo per molti, Ahmed è stato straordinariamente fortunato: era la persona responsabile delle licenze, così il 7 giugno 2012 ha emesso un permesso di visita a favore di sé stesso e si è allontanato dalla caserma.

Dopo aver trascorso un mese con la famiglia, si è unito a una Brigata dell’Esercito Siriano Libero e ha passato i successivi sei mesi a combattere nei villaggi della campagna attorno ad Aleppo. Ora ha riposto il suo fucile e collabora con un comitato di “coordinamento” locale. Il suo ruolo principale è mantenere i contatti con i villaggi sciiti vicini, circondati dalle forze ribelli. Al momento si occupa degli scambi di prigionieri.

E’ convinto che la gente sia buona a prescindere dalla religione e il suo scopo è di mettere insieme persone di ogni provenienza per raggiungere la pace, almeno nella sua regione. Ha molti amici nei villaggi sciiti assediati ed è certo che anche loro aspirino alla pace e che sia soltanto la politica ad aver creato questa situazione.

Da quando la scuola del suo villaggio è stata gravemente danneggiata dai bombardamenti, non può più lavorare come maestro. Pur essendo molto preoccupato per la sua famiglia, a causa dei raid aerei che continuano a colpire il suo villaggio di tanto in tanto, è determinato a rimanere. Questa è la sua casa e nonostante tutte le difficoltà, non è uno che lascia.

intervista realizzata nel nord della Siria, marzo 2013

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