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19/06/2013 12:59

I leader del G8 frenano sulle armi ai ribelli e tentano la via del dialogo

Iniziato con l'annuncio di una possibile No-Fly Zone sulla Siria, il G8 di Lough Erne si conclude con un blando documento per spingere ribelli e regime a dialogare. Nessun riferimento al destino di Bashar al-Assad in un ipotetico governo di transizione. Lo spettro di al-Qaeda e le sottili minacce di Mosca frenano Usa e Ue.

Lough Erne (AsiaNews) - Al summit del G8 tenutosi in questi giorni Lough Erne (Irlanda del Nord) i Paesi occidentali frenano sul sostegno armato ai ribelli siriani e sulla creazione di una No-Fly Zone in stile Libia, per fermare la guerra in Siria. In un documento in sette punti, che però glissa ancora una volta sul destino di Bashar al-Assad, i leader mondiali  ritornano a considerare l'approccio diplomatico, sottolineando che un futuro governo di transizione "dovrà essere formato con il mutuo consenso di tutte le parti". L'ennesimo tentativo delle potenze mondiali di riportare la guerra in Siria sul piano della diplomazia giunge dopo il fallimento della conferenza di Ginevra. Organizzata per lo scorso 10 giugno, essa è stata rimandata a causa del repentino inasprimento degli scontri in seguito all'entrata in campo di Hezbollah, movimento paramilitare sciita, al fianco di Assad. Per il momento i leader delle maggiori economie mondiali non hanno fissato alcuna data per i negoziati di pace, un ritardo che potrebbe dare ad Assad più tempo per schiacciare i combattenti dell'opposizione. 

La dichiarazione congiunta condanna "qualsiasi uso delle armi chimiche in Siria", estendendo una responsabilità bipartisan fra regime e ribelli. Il documento sollecita Damasco e gli oppositori  ad "impegnarsi per la distruzione e l'espulsione dalla Siria tutte le organizzazioni e gli individui affiliati ad al-Qaeda e di altri attori legati al terrorismo islamico".  I Paesi del G8 hanno deciso di gestire insieme anche il problema dei rapimenti di cittadini stranieri sul territorio, affidando a un organo comune l'eventuale pagamento del riscatto, principale fonte di denaro per i ribelli islamici. Sul fronte umanitario si è concordato di fornire aiuti umanitari per 1,5 miliardi dollari.

Le dichiarazioni contradittorie su un'azione militare diretta o indiretta per far cadere Assad, fatte prima dal presidente Barak Obama e in seguito dai leader di Francia e Gran Bretagna, hanno rafforzato la posizione di Mosca invece di smorzarla. Per proteggere i suoi storici interessi economici nella regione, il governo di Mosca si è fatto portavoce della via diplomatica, dipingendosi come l'unico Paese interessato alla pace in Siria. In una conferenza al termine del vertice, Vladimir Putin - accusato in più di un'occasione di inviare carri armati, missili ed elicotteri ad Assad - ha fatto presente che la consegna di armamenti "è trasparente". A differenza di Usa e Ue, la Russa ha interlocutori precisi e onora contratti firmati negli anni passati fra Damasco e il Cremlino. Il leader avverte ancora una volta sul rischio di un sostegno armato della ribellione, evocando lo spettro degli estremisti islamici.  

La posizione di Putin e il suo stretto legame con Assad hanno influenzato gli altri leader presenti. Nel suo intervento a braccio, David Cameron, Primo ministro britannico fra i principali sostenitori della strategia delle armi, ha invitato tutti gli alleati di Assad ad abbandonare la via armata per il bene della Siria. Fra gli alleati del regime che potrebbero prendere parte a nuovi colloqui di pace, vi potrebbe essere anche l'Iran. Il premier britannico ha evitato di rispondere alle domande sul sostegno armato ai ribelli, sottolineando "che il Medio Oriente è già pieno di armi".

"La nostra priorità - ha affermato Cameron - è quella di aiutare a guidare questo processo politico. Nessuno vuole questo conflitto, nessuno vuole vedere più armi, nessuno vuole vedere più la morte". Per molti esperti, la marcia indietro del Premier inglese sulle armi ai ribelli è un effetto del brutale omicidio del militare britannico, ucciso da due estremisti islamici nel centro di Londra lo scorso 22 maggio. Dopo tali fatti, citati anche dal presidente russo, Cameron teme una bocciatura dell'azione militare alla Camera dei comuni.

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