Focus on Syria
18/06/2013

Diario di Aleppo: un ragazzino senza casa, al freddo

Era una delle notti più gelide di Aleppo. Stavo tornando a casa a piedi, morto di freddo. Erano solo le otto e mezza di sera, ma senza l’illuminazione pubblica e con quel freddo intenso mi sembrava mezzanotte. Non c’era praticamente nessuno in strada. Al momento di aprire la porta del mio palazzone, ho sentito qualcosa muoversi per terra a circa due metri da me… proprio all’altezza del tubo di scappamento del grande generatore di corrente installato nel seminterrato del nostro edificio. Non so cosa mi è preso, ma mi sono avvicinato per controllare. Ed eccolo lì – c’era un ragazzino disteso al suolo, tutto coperto dalla polvere nera del generatore. Stava sfruttando il lieve calore del tubo di scappamento per mantenersi al caldo.

 È entrato con me all’interno del mio palazzone e gli ho chiesto di aspettare lì. Sono corso su per quattro piani fino a casa mia. Mio padre ha aperto la porta e ha capito subito che qualcosa non andava. Gli ho detto soltanto: “Ho bisogno di coperte… un ragazzino… in strada… tutto coperto di nero.” Ho preso due coperte spesse e un cuscino, e mio padre mi ha ricordato – non stavo ragionando con la giusta logica – di prendere una bottiglia d’acqua e del cibo per il ragazzo. Sono corso giù per le scale. Il ragazzino non ha detto nulla. Ho steso una delle coperte al suolo e ci si è immediatamente sdraiato sopra. L’ho avvolto con la seconda coperta, assicurandomi che fosse completamente coperto. Ha preso il cibo tra le sue braccia e si è addormentato immediatamente. Mi sono assicurato che la porta dell’edificio fosse chiusa e sono salito a casa mia. Non gli avevo detto una sola parola. Anche lui non aveva detto niente. Qualsiasi parola sarebbe risultata stupida. Alle sette e mezza di mattina sono uscito di casa per andare a lavoro. Ho aperto la porta e ho trovato sulla soglia le due coperte ben piegate con il cuscino in cima. Ho rabbrividito. E poi ho cominciato a piangere… sarò rimasto lì più di dieci minuti mentre le lacrime brucianti scorrevano lungo il mio viso.

Mi vergognavo del mondo. Ma mi vergognavo soprattutto di me stesso. Perché non l’ho fatto entrare la scorsa notte? Perché ho immaginato che avrebbe preso le coperte e sarebbe scappato? Perché ho pensato di essere una persona migliore di questo bambino senzatetto? Senza mai dirmi una sola parola, mi ha fatto provare tutta la vergogna di questo mondo.

Estratto da un diario siriano, febbraio 2013

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