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20 febbraio 2013

Attacco al palazzo di Assad

Per la prima volta dall’inizio delle rivolte contro il regime di Bashar al Assad, dei colpi di mortaio sparati dai ribelli hanno colpito il palazzo presidenziale di Damasco, una delle residenze della famiglia Assad e simbolo del potere del clan che governa il paese da quarant’anni.

L’agenzia governativa Sana ha ammesso che i colpi hanno danneggiato “i muri a sud del palazzo” senza provocare feriti. “Questo è un duro colpo per un regime che ha cercato di mantenere l’immagine di uno stato in pieno svolgimento delle sue funzioni”, scrive l’Associated Press.

Segni di debolezza
Anche se Assad si trovava al sicuro al momento dell’attacco, i ribelli hanno dimostrato di essere sempre più vicini al cuore del regime. La Russia, finora l’alleato più fedele di Assad, ha inviato navi e aerei per rimpatriare più di trentamila cittadini russi e ha annunciato che il 25 febbraio accoglierà il ministro degli esteri siriano Walid al Muallim.

Crisi umanitaria
Intanto l’Onu denuncia che è in corso un’emergenza umanitaria che riguarda quattro milioni di civili. Valerie Amos, sottosegretario per gli affari umanitari delle Nazioni Unite, ha affermato che “è tuttora impossibile raggiungere il nord del paese per portare aiuti”. Il governo siriano continua a bloccare l’ingresso ai convogli dell’Onu dalla Turchia verso il nord della Siria, perché questi confini sono in gran parte controllati dai ribelli dell’Esercito siriano libero. È cresciuto anche il numero dei rifugiati: sono 850mila i siriani registrati nei campi profughi nei paesi confinanti, mentre 2,5 milioni di cittadini stanno lasciando il paese. “È in corso una tragedia sotto i nostri occhi”, ha denunciato Amos, “dobbiamo rassicurare la popolazione che ci stiamo occupando della loro situazione e che stiamo facendo il possibile per non abbandonare la Siria”.

Nella notte tra il 19 e il 20 febbraio ad Aleppo le forze governative di Assad hanno bombardato una zona controllata dai ribelli. Secondo il gruppo di attivisti Aleppo media center le vittime sono più di quaranta. Nella loro pagina Facebook hanno pubblicato una lista con i nomi di 21 civili identificati.

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