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9 marzo 2013

Se Israele perde i suoi due guardiani
di Lorenzo Trombetta

Di nuovo un muro. Un reticolato eretto in meno di una notte. Israele alza l’ennesima barriera tra il territorio che occupa e ciò che è al di là.

Per quasi 40 anni, lo Stato ebraico si è sentito così al sicuro con i regime siriano degli Asad che non ha sentito l’esigenza di rafforzare ulteriormente le protezioni tra il Golan occupato (dal 1967, annesso nel 1981) e la zona controllata dalla missione Onu (Undof), presente dal 1974 in un territorio posto tra i due Paesi.

Ma adesso la situazione è cambiata. E in vista di un eventuale pericolo, l’8 marzo 2013 una barriera è stata eretta in poche ore sul territorio controllato da Israele e che si affaccia sul lato siriano della valle dello Yarmuk, dove sono in corso da mesi scontri tra i ribelli e le forze del regime di Damasco.

Col coinvolgimento diretto dei caschi blu di Undof nella guerra in Siria – 21 militari filippini sono rimasti intrappolati per tre giorni in un villaggio del Golan siriano – non si esclude che i governi di Austria, Croazia, India e Filippine – che forniscono i loro soldati alla missione – possano decidere di ritirare le truppe. Si troveranno altri Stati disposti a mandare i loro uomini su un fronte non più così tranquillo?

L’eventuale smantellamento di Undof non sarebbe una buona notizia per Israele. Anche perché potrebbe coincidere con la vittoria dei ribelli sulle forze del regime, almeno nella parte occidentale della regione di Daraa.

In un colpo solo, lo Stato ebraico si troverebbe così a perdere i due suoi storici guardiani: l’Onu e gli Asad. E salterebbe il tappo che separa Israele dalla Siria sunnita, vero nemico per Tel Aviv. Gli Hezbollah sciiti, dall’altra parte dell’Antilibano, hanno più volte detto che non intendono più liberare la Palestina e che la loro azione militare è difensiva. Diversa è la retorica dei gruppi jihadisti sempre più alla ribalta nella guerra siriana: non nascondono di volere la fine dell’entità sionista.

Che Israele consideri Asad uno dei suoi due protettori trova un’ulteriore conferma nel fatto che lo Stato ebraico ha eretto la barriera supplementare tra sé e la Siria proprio mentre i soldati filippini erano intrappolati a Jamla (vedi foto). Di questa barriera non c’era mai stato bisogno per tutti gli anni in cui gli Asad sono stati in sella al potere.

La vicenda dei 21 caschi blu filippini dimostra inoltre che Israele non è affatto alleata dei ribelli siriani, come in molti – anche in Italia – continuano a sostenere, credendo – o facendo finta di credere – alla favola che Asad era ed è anti-americano e anti-israeliano.

La risoluzione Onu n.350 del 1974 (anno dell’armistizio tra Siria e Israele) stabilisce il mandato della forza Undof, responsabile non solo della striscia di territorio stretta tra la zona occupata da Israele e il territorio siriano, ma anche del pattugliamento di una fascia interna alla Siria. In quest’area non possono operare mezzi pesanti dell’esercito siriano e nemmeno velivoli militari.

Da mesi dunque è in atto un’evidente violazione dell’accordo tripartito (Israele-Siria-Onu): jet militari siriani sorvolano i cieli a due passi dai moshavim israeliani… eppure lo Stato ebraico non ha nemmeno protestato in sede Onu.

In altre occasioni analoghe (pensiamo al Libano), Tel Aviv avrebbe minacciato guerre e distruzione. In questo caso, lascia che le forze di Assad perseguano indisturbate la loro opera di contro-insurrezione. Che ripuliscano la zona dai “terroristi”, perché tali sono non solo per Damasco ma anche per Israele.

Altrettanto silente è rimasta la missione Undof. Alla fine di febbraio, i vertici di Undof hanno persino dato ordine di evacuare alcune postazioni troppo vicine agli scontri in Siria. Nel quadro di questa ritirata, l’8 marzo altri caschi blu filippini sono stati trasferiti in Israele “per ragioni di sicurezza”.

L’incidente di Jamla – il convoglio Onu si era recato nel villaggio per fare rifornimento d’acqua – mette a nudo non solo i limiti dell’azione delle Nazioni Unite nella questione siriana, ma anche gli equilibri di forza e le alleanze tra Israele e gli Asad, “nemici” solo nella testa di qualche pseudo-anti-imperialista nostalgico del mondo pre-1989.

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