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sabato 23 marzo 2013 16:07

Anche gli alawiti scaricano Assad

Stanchi di pagare il conto per il loro "padrone", gli alawiti si riuniscono al Cairo. E dicono sì al futuro senza Assad.

Che in Siria l'emergenza di domani fossero loro, gli alawiti, lo avevano capito tutti, da tempo, anche noi. Il rischio che la deriva settaria, imposta per primo proprio dal regime di Assad che così contava di tenere dalla sua con il ricatto i suoi "protetti", cioè proprio gli alawiti e i cristiani, minacciava di fare della piccola comunità che ha la disgrazia di avere tra i suoi membri anche la famiglia Assad la vittima di future infinite ritorsioni. Il rischio è divenuto mortale con la scellerata politica di pulizia etnica che il regime ha avviato lungo i confini dell'area storicamente abitata dagli alawiti. Per garantirsi quel buen ritiro, occorreva eliminare ogni traccia di presenza sunnita dall'area confinante con la "ridotta" che Assad si prepara da tempo, in caso di necessità. Ecco così le incursioni dai villaggi alawiti nei villaggi sunniti vicini, unica forma che garantiva ad Assad di seminare l'odio comunitario e di tenere con sè i "suoi" alawiti. 

Ma tra gli alawiti ci sono interi villaggi e personalità di spicco che si sono opposti da sempre al despota, fosse il padre o il figlio. Ora con il convegno di due giorni al Cairo gli alawiti hanno avuto il coraggio di uscire allo scoperto, di dire "no" ad Assad ufficilamente, e quindi di dire "sì" a una Siria unita, invocando però la fine dell'odio settario. Quello che Assad ha alimentato per anni per costringerli a restare sotto la sua "protezione".

La mossa degli alawiti è certamente coraggiosa, intelligente e tempestiva. Speriamo che ponga le basi per evitare gli orrori sin qui temuti.

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