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sabato 9 febbraio 2013 09:01

Damasco: Sì al dialogo, ma Assad non si tocca
di Emma Mancini



Il ministro dell'Informazione: "Negoziato con le opposizioni senza precondizioni". Mentre a Damasco si combatte ancora, gli USA pensano a nuova strategia diplomatica.

Roma, 9 febbraio 2013, Nena News - A Damasco si continua a combattere: la capitale è ancora una volta il cuore del conflitto. Da tre giorni ormai gli scontri tra l'Esercito Libero Siriano e le truppe governative si sono fatti sempre più intensi. "Operazione Epica", la chiamano i ribelli, sostenuti anche da sunniti disertori.

L'esercito del presidente Bashar al-Assad sta cercando di riprendere il controllo della città, nei quartieri dove le opposizioni armate appaiono più forti. I quartieri di Jobar, Qanoun e Barzeh sono stati bombardati ieri dall'aviazione, mentre scontri a fuoco hanno interessato l'area di Hermalleh. Una zona chiave perché collega la parte orientale di Damasco con le periferie e la campagna.

"Stiamo assistendo ad una strategia da parte dei ribelli del tipo 'due passi avanti e uno indietro' - spiega Fawaz Tello, membro delle opposizioni - Manca ancora molto alla caduta di Assad a Damasco, ma ora un'altra importante strada della città non è più utilizzabile dalle sue truppe e il suo controllo si sta erodendo".

Gli scontri fanno da sfondo a tentativi di apertura da parte del regime. Ieri il ministro dell'Informazione Omrane al-Zohbi ha risposto alla proposta di dialogo che la Coalizione Nazionale Siriana ha girato al vice presidente Farouk a-Shara. "La porta è aperta, il tavolo dei negoziati è lì, pronto ad accogliere ogni siriano che voglia dialogare con noi - ha detto al-Zohbi - E quando parliamo di dialogo, significa dialogo senza condizioni. Se qualcuno viene da noi e dice 'Voglio parlare di questa questione o vi ucciderò', questo non è dialogo". Una risposta diretta alla proposta dello scorso primo febbraio avanzata dal leader della Coalizione Nazionale, Mouaz al-Khatib, che aveva aperto al negoziato alla condizione che venissero liberati 160mila prigionieri politici e che venissero allontanati i membri del regime "con le mani sporche di sangue" (Assad in testa). Insomma, il regime è pronto al dialogo ma il presidente non si tocca.

Ieri sono intervenuti anche gli Stati Uniti. Nella sua prima conferenza stampa, il nuovo segretario di Stato, John Kerry ha annunciato l'intenzione dell'amministrazione di Washington di assumere nuove misure per giungere ad una soluzione della guerra civile siriana: "La situazione è molto complicata e pericolosa - ha detto Kerry - Stiamo valutando ora quale passo compiere, soprattutto a livello diplomatico, che possa ridurre le violenze".

Kerry non ha né specificato che tipo di azione gli Stati Uniti intendano prendere, né se Washington intenda fornire ufficialmente armi ai ribelli. Giovedì si era alzato un vero e proprio polverone, dopo che il segretario alla Difesa Leon Panetta è stato chiamato dal Congresso a trattare la questione: la Casa Bianca ha abbandonato il piano di sostegno militare ai ribelli, provocando la rabbia di alcuni deputati e senatori repubblicani, McCain in testa. Nena News

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