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7 Giu 2013

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Le lezioni di Qusayr
di Lorenzo Trobetta

I quartieri centrali meridionali e orientali sono per lo più rasi al suolo. ”Ora la città è sicura”, affermavano il 5 giugno i soldati di Asad intervistati dalla tv di Stato. Attorno a loro desolazione e macerie. In un documento che forse rimarrà negli annali della rivolta siriana, il Comitato locale di coordinamento di Qusayr ha pubblicato la sera del 5 giugno un testo intitolato Le lezioni di Qusayr.

Accanto alla scontata denuncia dell’intervento degli Hezbollah a fianco delle forze del regime siriano, il testo sottolinea le responsabilità 1) dell’Occidente, 2) della Coalizione nazionale siriana, principale gruppo delle opposizioni riconosciuto da diversi attori occidentali e dai paesi arabi del Golfo, 3) di alcuni comandanti militari o sedicenti tali del fronte dei ribelli. Le riflessioni degli sconfitti di Qusayr mettono dunque in luce ancora una volta le profonde divisioni 1) tra chi è dentro e combatte sul terreno e chi è fuori e tenta di fare politica a distanza; 2) tra chi resiste sulla propria terra e chi in Europa, in Nordamerica e altrove afferma di sostenere la rivolta siriana ma di fatto non può (o non vuole) nemmeno assicurare l’ingresso di operatori della Croce Rossa per soccorrere i civili feriti; 3) tra le diverse anime della rivolta armata. Gli attivisti di Qusayr scrivono ad esempio: 1) “la Coalizione e le altre entità politiche non rappresentano la rivoluzione”; 2) “non bisogna affidarsi all’Occidente perché, come ci insegna la Storia, non serve la nostra causa. Con ciò non vogliamo isolarci dal mondo ma solo ricordare che quel che veramente importa è quel che avviene in modo concreto sul terreno”; 3) “alcuni comandanti militari pensano a ricevere armi e munizioni ma non intervengono. Pensano alla spartizione degli aiuti ma non sono venuti a sostenerci”.

Certo, a Qusayr il regime ha vinto una battaglia. Ma non la guerra. Questa è ancora lunga e le sue sorti passeranno inevitabilmente per altri scenari cruciali. Da Aleppo giungono notizie di un imminente attacco lealista – anche in quel caso si parla di qualche migliaio di Hezbollah giunti a sostenere la controffensiva – e le battaglie proseguono a Daraa, attorno a Damasco e sul Golan.

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