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07/06/2013

La telefonata di Quirico: “Sto bene”
di Giordano Stabile

Il giornalista de “La Stampa” scomparso due mesi fa chiama la moglie. La Farnesina: riserbo, fase delicat

I 58 giorni di silenzio e angoscia sono stati rotti ieri pomeriggio, alle 14 e 20, da una telefonata. Quella che Giulietta, la moglie di Domenico Quirico, aspettava nella sua casa nel cuneese. Era lui, Domenico. Poche parole: «Sto bene. Mi hanno tenuto prigioniero per due mesi».  

La gioia è esplosa in famiglia, mentre la Farnesina effettuava tutte le verifiche del caso. Fino alla conferma dello stesso ministro Emma Bonino alle 18 e 56: «C’è stato un breve contatto, stiamo cercando di capire da dove venisse la chiamata». Domenico è vivo, come famigliari e colleghi hanno sempre sentito in cuor loro, ma non è ancora a casa. L’Unità di crisi sta lavorando perché lo sia il più presto possibile. «Siamo felicissime, ma aspettiamo notizie certe», dice Eleonora, la figlia maggiore di Domenico Quirico, che assieme alla sorella Metella e alla mamma Giulietta lo aspetta a Govone. «Mamma ha parlato con papà per pochi secondi – conferma –: è ancora emozionatissima».

Tantissima gioia, ma anche prudenza. Dal ministero degli Esteri arriva un appello «al senso di responsabilità» degli organi di informazione e l’invito a «mantenere la linea di riserbo necessaria per favorire l’esito positivo del caso». Appello rilanciato anche dal direttore de «La Stampa» Mario Calabresi – che ha annunciato via Twitter la notizia della telefonata di Domenico – che ringrazia tutti i colleghi per aver «rispettato il silenzio» ma raccomanda cautela e prudenza: «La situazione non è semplice, non è ancora risolta» e «occorre il massimo riserbo». Franco Siddi, segretario della Federazione nazionale, conferma la massima «cautela», per non compromettere «un ritorno tanto atteso», mentre il sindaco di Torino, Piero Fassino, si augura «che possa avvenire nelle prossime ore».  

Tutti sono consapevoli che si è aperta la fase cruciale e non si possono fare passi falsi. Quirico era entrato in Siria dal confine libanese il 6 aprile. Contava di raggiungere Homs, da due anni uno degli epicentri della rivolta contro il presidente Bashar al Assad, e poi raggiungere, se ce ne fossero state le condizioni, la capitale Damasco. Un messaggino dava la conferma del suo ingresso, senza problemi. Poi era cominciato il consueto «black out» delle comunicazioni. L’ultimo contatto, il 9 aprile, un sms alla collega della Rai Maria Gianniti.  

Un silenzio troppo lungo anche per lo stile di lavoro sul campo di Quirico. Viene allertata l’Unità di crisi della Farnesina. Comincia il lavoro per individuare i possibili rapitori, stabilire un contatto. Alla fine di aprile «La Stampa», d’accordo con la Farnesina, decide di porre fine al riserbo. Sul giornale del 30 aprile esce il pezzo del direttore Mario Calabresi: «Il nostro inviato Domenico Quirico è scomparso in Siria da venti giorni».  

Il giornale è listato da un fiocco giallo, tradizione americana per segnalare l’attesa di una persona «missing». Scatta la solidarietà in tutta Italia. I fiocchi gialli si moltiplicano. Poi, sabato scorso, il drammatico appello delle figlie Metella ed Eleonora, registrato a «La Stampa» e diffuso dalle emittenti nazionali, internazionali e arabe, da «Al Jazeera» a quelle libanesi. Quel «papà ti aspettiamo presto» fa il giro del mondo. Forse apre una breccia. E ieri almeno la voce del papà è arrivata. 

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