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Luglio 8, 2014

Sakinah, rapita e scappata da Boko Haram con altre 62 donne: «Ci hanno trattate come bestie»

Hanno abbattuto la porta del compound dove erano segregate e sono scappate venerdì scorso percorrendo 50 chilometri a piedi in 24 ore: «Due sono morte per il morso di un serpente tra atroci sofferenze»

Hanno abbattuto la porta del compound dove erano segregate, a sorvegliarle non era rimasto più nessuno e sono scappate percorrendo 50 chilometri a piedi in 24 ore. È l’odissea di Sakinah e altre 62 donne e ragazze nigeriane, che venerdì scorso sono riuscite a scappare dalle mani di Boko Haram.

IL RAPIMENTO. Sakinah, intervistata da Repubblica, ricorda bene quel 22 giugno in cui sono state rapite dal piccolo villaggio di Kummabza nello Stato settentrionale di Borno: «Quella notte una cinquantina di uomini armati è piombata sul mio villaggio a bordo di pick-up sventagliando raffiche di mitra, incendiando le case e uccidendo chiunque incontrasse sul suo cammino. L’attacco è durato almeno tre giorni, al termine dei quali ci hanno caricato con loro e portate via».

«TRATTATE COME BESTIE». Sono state «parcheggiate in una foresta che pullulava di serpenti velenosi: due di noi sono state morse e dopo atroci sofferenze sono morte entrambe». Qui «siamo state trattate come bestie. Bastava una parola di troppo per esser prese a calci o a bastonate. Ci hanno anche affamate e assetate, mentre loro mangiavano dalla mattina alla sera, davanti a noi, come per farci sentire con più crudeltà i morsi della fame. Tre donne e due bambine si sono ammalate, probabilmente per l’acqua infetta che ci davano da bere. Erano così deboli che purtroppo non sono potute scappare con noi».

LA FUGA. Venerdì scorso, i membri di Boko Haram che le sorvegliavano sono partiti per attaccare una caserma e un commissariato a Damboa, dove molti di loro sono rimasti uccisi. Pur essendo state minacciate di non muoversi, non vedendo tornare nessuno per ore, le ragazze si sono fatte coraggio e sono scappate: «È stato facilissimo: improvvisamente non c’era più nessuno a sorvegliarci, e ci siamo semplicemente allontanate dal luogo dove eravamo segregate. Non credo che il nostro sia stato un atto di eroismo: abbiamo semmai agito per un riflesso di sopravvivenza».

VILLAGGIO DISTRUTTO. Solo quando sono tornate nel loro villaggio hanno scoperto con i loro occhi che non restava più niente: tutte le case erano state date alle fiamme e gli abitanti erano ormai scappati. Informati della fuga, gli ufficiali governativi le hanno recuperate: alcune nella città fantasma, altre mentre vagavano ancora per i boschi.
Alla domanda se siano state anche abusate sessualmente Sakinah non risponde, ma scoppia a piangere. Per lei, ora, l’incubo è finito ma altre 219 ragazze rapite da Chibok da oltre due mesi sono ancora nelle mani dei terroristi e il governo non è ancora riuscito a fare niente per riportarle a casa.

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