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mercoledì 3 settembre 2014

Virus Ebola: sono gli immigrati gli untori?
di Aldo Giannuli

Da circa un mese si è diffuso l’allarme per il manifestarsi si casi di ebola anche in paesi occidentali. Sinora si tratta di focolai molto circoscritti ma non è detto che i casi in incubazione siano altrettanto pochi, né che i dati diffusi non siano reticenti. In ogni caso, per ora la situazione sembra sotto controllo. Come è noto, per l’infezione da ebola non esiste ancora né vaccino né terapia, anche se si parla di una cura americana che avrebbe già registrato il primo caso ad esito felice. Come sempre accade per le malattie a carattere epidemico, si è subito scatenata la “caccia all’untore” che, tanto per cambiare, è stato trovato dai leghisti (ma non solo da loro) negli immigrati, responsabili di ogni infezione. Vale la pena di fare qualche considerazione in merito.

In primo luogo si stima (ovviamente in modo approssimativo, dato il fenomeno dell’immigrazione clandestina) che il movimento migratorio verso Usa, Europa e Australia ammonti a circa 9 milioni di persone all’anno.

Nello stesso lasso di tempo, il movimento turistico mondiale assomma a 494 milioni di persone per il 2013, con una tendenza all’aumento fra i 4 ed il 5%. Ovviamente considerando tutti i flussi turistici da e per ciascun paese. Vero è che i turisti, in genere si fermano pochi giorni o al massimo settimane in un paese, ma è anche vero che per trasmettere o contrarre una infezione bastano anche poche ore.

In secondo luogo, occorre considerare altre categorie di persone che si spostano da un paese all’altro che non sono né turisti né immigrati ma persone che si spostano per ragioni di lavoro, di studio o altro in categorie quali: studenti e docenti universitari, marittimi e piloti, personale medico ed infermieristico, missionari e volontari di vario genere, militari e contractors, tecnici in particolare delle industrie estrattive, addetti ad agenzie turistiche, diplomatici, addetti ad imprese di import-export, giornalisti, ecc ecc per un totale di diverse decine di milioni di persone ogni anno.

Dunque, se la ragione della diffusione delle epidemie è il movimento di esseri umani da un paese all’altro, gli immigrati rappresentano meno del 2% del fenomeno complessivo. Pur volendo depurare i dati relativi al turismo ed agli spostamenti per ragioni di studio e lavoro, da quelli riguardanti lo spostamento di persone da un paese “sviluppato” (Europa, Usa, Giappone, Australia ecc) all’altro (come se il rischio infettivo esistesse solo da e per i paesi del cd. “Terzo Mondo”) gli immigrati peserebbero meno del 15% sul totale.

Non sembra quindi che l’immigrazione abbia un peso particolarmente rilevante nel diffondersi di malattie infettive, ma occorre tener presenti altri fenomeni di cui non si parla mai. In primo luogo il movimento di animali da paesi tropicali o comunque da “paesi a rischio” verso i paesi occidentali attraverso il fenomeno della compravendita di animali esotici infatti (da pappagalli ai rettili, ai grandi felini a pesci ed uccelli, per non dire di cani e gatti di particolari razze): come è noto, gli animali sono spesso portatori di agenti patogeni (attraverso insetti o nelle feci e nelle secrezioni).

Poi occorre considerare che altri animali ancor più a rischio d’essere vettori infettivi (come ratti, rettili ecc.) giungono in Occidente insieme alle merci. Ad esempio, alcuni anni fa, vennero scoperti, all’interno di una partita di copertoni importati dall’Asia, diversi ratti che risultarono positivi alla ricerca di Yersinia Pestis. E si pensi anche ad insetti da noi sconosciuti sino ad una quindicina di anni fa, dalla zanzara tigre al tarlo asiatico.

Lo spostamento massiccio di specie animali, peraltro non è dovuto solo all’intensificarsi dello scambio di merci, ma anche ad altre ragioni come i mutamenti climatici ed ambientali che hanno dirottato pesci ed uccelli verso ambienti diversi da quelli in cui vivevano. Intere nicchie ecologiche ne sono sconvolte per la ricerca di cibo o di condizioni termiche più adatte. Ed anche uccelli o pesci possono essere portatori di agenti patogeni.

Altri virus ci giungono attraverso merci alimentari (soprattutto pesci e carni). Ma l’immigrazione, al pari del boom turistico, della moltiplicazione degli spostamenti per ragioni di studio e di lavoro, dell’intensificazione dei traffici mercantili transoceanici, sono tutte caratteristiche proprie della globalizzazione. Ed allora, che si fa? Chiudiamo le frontiere anche a turisti, studenti, marittimi ecc? Blocchiamo i commerci? Facciamo la multa agli stormi di uccelli migratori ed ai banchi di pesci fuori rotta?

Forse dovremmo attrezzarci diversamente a far fronte a questo effetto indesiderato ed imprevisto della globalizzazione più che prendercela, come al solito, con i più sfigati della Terra. Il virus dell’Ebola è molto pericoloso come, per altri versi, lo sono quelli dell’Aids o della Tbc. Ma il peggiore ed il più invincibile di tutti resta sempre il virus dell’ignoranza.

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