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30 marzo 2014

Gli F35 servono al nucleare
di Mario Agostinelli e Alfonso Navarra
Rispettivamente: Presidente Associazione Energia Felice e Portavoce Fermiamo chi scherza col fuoco atomico

Sono da considerare inservibili solo se si ha una visione alternativa della difesa e della sicurezza

Gli F35 non sono affatto uno spreco ma servono se si ha presente che la dimensione nucleare è decisiva nell'assetto difensivo vigente. Quello che c’è, non quello che la “gente”, disinformata, immagina che ci sia. E nella “gente” dobbiamo purtroppo includere la massima parte degli stessi attivisti pacifisti.

Non dimentichiamo che, ufficialmente, per la NATO, la deterrenza nucleare è la "suprema garanzia di sicurezza", come afferma il suo "Concetto Strategico" del 50ennale.

A Lisbona nel 2010 si è adottata una dottrina strategica che prevede un ridimensionamento del ruolo dell’arsenale atomico, però solo “su basi di reciprocità”, cioè se la Russia concorda nel fare altrettanto.

Non è chiaro se, dalla NATO, Mosca continua ad essere considerata un nemico. Qualche volta sì, qualche volta no: è partner esterno della NATO – è stato istituito un Consiglio Russia-NATO, però è vista come un alleato malfidato, l’ex nemico n. 1, sempre sotto esame. E comunque il Presidente USA Obama, in visita in Italia, ha ribadito che è un attore decaduto allo status di “potenza regionale”.

Traduciamo: è bene che la Russia sia un partner, ma un po’ di sfiducia nei suoi confronti è sana precauzione e si ricordi che deve giocare un ruolo locale subalterno, deve rinunciare alla sua pretesa di monopolio in “Eurasia”.

Da parte russa, la NATO non è più considerata nemico, nemmeno in via ipotetica.

La strategia di Mosca è analoga a quella francese: difesa a 360 gradi, con – di diverso - una particolare attenzione ai rischi di instabilità che vengono dalle repubbliche dell' ex impero sovietico, dove il Cremlino si riserva in qualche modo un diritto di intervento, ma sempre nel quadro di un mandato internazionale.

Nemici o non nemici, alleati, soci, partner o meno, fatto sta che sia USA che Russia, nella dimensione nucleare, si guardano in cagnesco mantenendo – come ricorda Stéphane Hessel in “ESIGETE! Il disarmo nucleare totale” (Ediesse, 2014, a cura di Mario Agostinelli, Luigi Mosca e di Alfonso Navarra, presentazione di Emanuele Patti, prefazione di Antonio Pizzinato) in stato di allerta permanente circa 1.700 sulle 2.000 bombe atomiche che nel mondo sono organizzate in questa situazione.

Lo “stato di allerta”, secondo Hessel, è una spada di Damocle su sette miliardi di esseri umani. “Ciò significa che la decisione di lanciare un attacco o una risposta nucleare (magari, come è successo e succede, sulla base di dati sbagliati di un computer -ndr) sarebbe presa da una sola persona (un Capo di Stato) e in un tempo, in caso di risposta, al massimo di qualche minuto, mentre si tratterebbe di una decisione gravissima!

L'arma atomica da parte della NATO può, ad ogni buon conto, secondo le dottrine ufficiali, essere impiegata non solo in caso di confronto globale ma in battaglia contro imprecisati nemici che abbiano sconfinato.

Il "first use" dell’arma nucleare tattica era stato stabilito ai tempi della Guerra Fredda ma è ancora in vigore nonostante lo scioglimento del Patto di Varsavia.

(Oggi gli atlantisti, in conseguenza delle vicende ucraine, possono affermare: abbiamo fatto bene a non toccarlo resistendo per es. al ministro tedesco Fischer che nel 2005 ne proponeva l’abolizione: ci si confronti ora con la nuova velleità imperiale di Putin!).

Ma anche, questa variante in particolar modo nell’interpretazione americana, per ritorsione contro chi abbia aggredito con armi chimiche o biologiche e non rispetti il TNP- Trattato di non proliferazione nucleare.

La minaccia atomica non è da sottovalutare ed a tal fine la  NATO,  dopo che la Cechia lo ha rifiutato grazie ad una ampia mobilitazione popolare, sta predisponendo il suo "scudo" antimissile in Polonia ed in Romania.

(Vi è anche uno "scudo marittimo" operativo nel Mediterraneo - vedi quanto scrive Manlio Dinucci sul Manifesto del 21 marzo 2014. Sull’argomento mare può anche essere ricordato che nel 2010 Obama ha dichiarato di di voler ritirare i circa 320 missili nucleari Cruise mare/terra Tomahawk).

Accanto allo "scudo", c'è la "spada" che viene sfoderata. Per la crisi ucraina, la NATO ha schierato altri 12 cacciabombardieri F-16 in Polonia e 10 F-15 in Estonia, Lettonia e Lituania.

Gli F35 in via di acquisizione – e qui si torna al punto di partenza del nostro ragionamento - potranno tra non molto trasportare le nuove bombe nucleari B61-12 stoccate in Europa (Italia compresa), utilizzabili come bombe anti-bunker.

A differenza dei loro concorrenti Eurofighter, frutto di un accordo dell’industria bellica europea, sono predisposti – e non solo a causa della loro “invisibilità” - per le missioni nucleari che conservano un ruolo decisivo “di ultima istanza” nei piani strategici vigenti.

Gli F35 nucleari, con testate non più a gravità ma teleguidate, per le quali sono stati stanziati 11 miliardi di dollari (l'aggiornamento deve essere completato nel 2020), sono strumenti del "contrattacco in profondità", il secondo passo dell'escalation nucleare, prima del malaugurato ma sempre possibile scontro finale globale.

L’esistenza di missioni nucleari è un prodotto degli accordi di condivisione nucleare (“Nuclear Sharing agreements”) in ambito NATO, stipulati durante la Guerra Fredda ma incredibilmente tuttora in vigore ed operativi.

Questi impegni prevedono la condivisione di strutture ed infrastrutture (nel caso italiano, oltre alla base Usaf di Aviano, le B61 sono a Ghedi, presso la base del 6o stormo dell'Aeronautica Militare, dove funzionerebbe la modalità della “doppia chiave” rispetto all’uso dell’arma atomica: veicolo indigeno, Bomba americana).

Prevedono altresì la necessità di addestrare anche i piloti italiani all'uso possibile dell'arma nucleare: sarebbero due i poligoni nel nostro paese nei quali i piloti si esercitano al bombardamento con le B61: Capo Frasca in provincia di Oristano e Maniago II in provincia di Pordenone.

Prevedono, infine, la partecipazione dell'Italia alle riunioni del Nuclear Planning Committee della NATO, che naturalmente vanta il ruolo politico di “preservare la Pace e prevenire ogni genere di Guerra”.

Francesco Martone, membro onorario del Consiglio della Rete internazionale dei Parlamentari per la Nonproliferazione ed il Disarmo Nucleare (www.pnnd.org) in un articolo apparso sul “Manifesto” del 1 agosto 2012 riferisce in dettaglio di frequenti esercitazioni NATO congiunte, anche negli anni più recenti, “per il carico, scarico ed utilizzo delle B61”.

E’ in questo contesto della condivisione nucleare che, secondo Martone, rientrerebbe la partita doppia della riconfigurazione delle B61 e del ruolo futuro degli F35, in un lungo passo dell’articolo che riportamo integralmente.

I cacciabombardieri cosiddetti”dual use” ossia a doppia capacità convenzionale e nucleare (a Ghedi i Tornado) si stanno infatti avvicinando alla fine della loro vita operativa, e questo comporterà una serie di decisioni in termini di avvicendamento con velivoli di eguale configurazione. Nel nostro caso gli F35A che dovrebbero quindi essere dotati di capacità di utilizzo di bombe atomiche. Non però le vecchie B61, il cui sistema di puntamento era di tipo analogico, ma le nuove B61-12 con puntamento digitale compatibile con i sistemi elettronici dell F35A. F35 critical area Una partita che secondo quanto affermato nel briefing “Escalation by default”, pubblicato nel maggio scorso dall' European Leadership Network inglese, testimonierebbe nei fatti una netta inversione di tendenza nella strategia nei confronti della Russia. Da una parte le caratteristiche proprie dell'F35, cacciabombardiere “stealth”, ovvero capace di sfuggire ai radar nemici e quindi di penetrare a fondo nelle linee di difesa nemiche, (ed arrivare fino alla Russia con rifornimento in volo), e dall'altra la capacità di sganciare le nuove testate con grande precisione e potenza variabile costituirebbero una combinazione offensiva tale da pregiudicare ogni possibilità di futuro smantellamento degli arsenali nucleari tattici in Europa. Inoltre in futuro sarà molto difficile classificare come tattico un sistema d'arma nucleare che in termini operativi equivale ad una bomba nucleare strategica. Non a caso la stessa B61-12 verrebbe installata sia sugli F35 che sui bombardieri strategici a lungo raggio B1 con simile configurazione e possibilità d'utilizzo. Ciò precluderà la possibilità per i paesi NATO di svolgere un ruolo chiave nel negoziato sulla non-proliferazione nucleare, nell'ambito del Trattato sulla non-proliferazione nucleare (NPT), visto che non solo l'Alleanza appare intenzionata, (come risulta evidente dal DDPR) a mantenere gli accordi di condivisione nucleare, ma addirittura starebbe operando per un rafforzamento della capacità di offesa con armi nucleari.”

Se quanto sinora esposto è vero – ed è vero – se ne può ricavare che il logico esito di un’opposizione agli F35 mal concepita – il  "non acquistiamoli perché sono uno spreco in tempo di crisi" - è il destino di chi va a scontrarsi contro un muro: la realtà della logica geopolitica odierna, il gioco della potenza che viene condotto a livello internazionale.

Abbiamo visto - a quanto riporta tutta la stampa - che il governo Renzi, dopo le pressioni di Obama, ha deciso di non "rottamare" affatto il programma degli F-35 e nemmeno di ridurlo: ci sarà - forse - un taglio della spesa militare ma questo riguarderà altre voci di bilancio.

Se il problema sono gli sprechi, spiega oggi la ministra Roberta Pinotti, allora "bisogna incidere su ciò che vitale non è".

E gli F35 sono vitali "perché l'Italia continui a svolgere un ruolo nel mondo".

Sentiamo il ragionamento della Pinotti: "Non si può venire meno agli obiettivi strategici che abbiamo. Faremo un Libro Bianco della difesa: abbiamo bisogno di capire le minacce, i rischi e le risposte da dare."

Rincara la dose il capogruppo PD alla Camera Roberto Speranza che ha affermato: "L’Italia non può permettersi di non avere un sistema di sicurezza efficace. Il Mediterraneo è ancora un punto decisivo della geopolitica globale. L’alleanza strategica fatta dall’Italia sugli F35 va letta dentro l’esigenza di un sistema d’armi efficace, ma anche dentro l’esigenza di una compatibilità economica e finanziaria. Ma gli F35 non sono inutili".

Se si fa un ragionamento essenzialmente economico, man mano che le tensioni internazionali crescono, il rifiuto degli F35 appare, per l'ampia opinione pubblica,"un delirio pacifista". Questa la situazione che si prospetta sempre più drammatica sotto gli occhi dei più: con Putin che aggredisce l'Ucraina e raddoppia le spese militari, con la Cina che minaccia il Giappone, con il Nord Africa in ebollizione e, sempre ad un tiro di sputo, con il Medio Oriente incasinatissimo ed in via di nuclearizzazione, come si fa ad osteggiare ciò che serve alla difesa comune del blocco occidentale?

Ecco quanto ci ha rinfacciato un edicolante guardandoci con il disprezzo che nutre verso gli intellettuali sinistrorsi: "Cari il miei pacifisti, intanto dovete sapere che le FFAA hanno mezzi vecchi e obsoleti. Ogni Nazione che si rispetti deve avere delle Forze Armate all'altezza della situazione in ogni caso di emergenza. Forse siete convinti che i militari servono solo per intervenire in casi di acquazzoni o per fare attraversare la strada alle vecchiette? Per favore! Cerchiamo di essere un popolo serio e rispettiamo gli impegni internazionali. Gli F35 servono per ammodernamento. Guardiamo in altre ruberie - nello stesso esercito - e negli sprechi politici piuttosto!"

Dobbiamo rintuzzarlo sciorinandogli i rapporti per i quali il veicolo in questione sarebbe un bidone assoluto che è facile che precipiti al suolo? Dobbiamo prospettargli l’alternativa degli Eurofighter?

Il fatto è che – dal punto di vista di un pacifismo coerente – sarebbe ancor meglio che nemmeno riuscisse a sollevarsi da terra: se vengono buttati dei soldi, allora che ciò avvenga per qualcosa di veramente inutile e non per qualcos’altro che costa meno ma ammazza il prossimo e con esso la Costituzione!

Meglio non sprecare denaro, direbbe il Catalano di “Quelli della notte”, ma se proprio i signori con le stellette ci tengono a sperperare 15 miliardi o quel che è – ed i nostri parlamentari ad accontentarli - che abbiano trovato un giocattolone inoffensivo perché del tutto inutilizzabile sarebbe, tutto sommato, il male minore.

La morale della favola? Per gestire un opposizione intelligente, che abbia filo da tessere nelle sue argomentazioni, dobbiamo porre non in primo piano il problema dei costi ma la domanda essenziale che viene prima, quella alla base del problema: se gli F35 sono dei bombardieri, chi dovremmo andare a bombardare?

Ed ancora più a monte: come facciamo a gettare acqua sul fuoco di un contesto internazionale i cui focolai possono far deflagrare un grande incendio?

Come, puntando sulla prevenzione e non aspettando che i buoi siano scappati dalla stalla, agiamo in modo che sia inutile pensare che possa servire andare a bombardare qualcuno?

Terza domanda infine: se il conflitto fosse sfuggito di mano e ci trovassimo costretti all’uso della forza, bombardare con armi nucleari, come sta nei nostri piani, sarebbe una opzione idonea al raggiungimento di qualsiasi obiettivo razionale?

Per rispondere a queste domande in modo alternativo rispetto all’inerzia delle dinamiche presenti – ma anche in modo convincente – dobbiamo riuscire ad affermare – e con un po’ di sforzo possiamo farcela! - tre presupposti nel dibattito e nel pensiero pubblici: la sicurezza comune, la nonviolenza come forza potente, la difesa difensiva come attuazione del dettato costituzionale.

1- La vera sicurezza sta nell’associare gli attori in gioco su obiettivi comuni, è “sicurezza comune” che deve soprattutto garantire i diritti fondamentali dell’uomo: “l’avvenire dell’Umanità non è nella competizione bensì nell’emulazione”, scrive Hessel in ESIGETE! Perorando un immediato “disarmo nucleare totale”.

Un esempio evidente di come funzioni la logica della sicurezza basata sull’associazione e la cooperazione, al posto della deterrenza costituita dalla minaccia credibile di distruzione dell’altro, è proprio l’Unione Europea, formata da nazioni che si sono invase reciprocamente per centinaia di anni: oggi litighiamo economicamente con la Germania, ma nessuno, nemmeno nei suoi peggiori incubi, teme di venire occupato dai carri armati tedeschi!

L’Unione Europea si è vista dare, immeritatamente ritengono in molti, il Nobel per la pace ma non per l’aspetto che abbiamo appena toccato, relativo all’assenza di guerra garantita nel suo cuore territoriale. Da mettere in discussione è l’attivismo militare che porta a guerre di carattere neo-coloniale “fuori area” nel ricordo della “gloria” degli antichi imperialismi. Dietro le cosiddette ``missioni umanitarie'' attuate in nome del ``diritto- dovere di ingerenza'', di fatto si nascondono poco commendevoli accordi per la ripartizione delle sfere di influenza e per il saccheggio delle risorse e delle ricchezze nazionali dei paesi più deboli militarmente e più poveri.

Non vi è dubbio che questa Unione Europea soffra di grave deficit democratico, che la sua architettura istituzionale vada cambiata per contrastare la “dittatura della finanza globale”(copyright Hessel), che sia doveroso ribaltare le politiche economiche neoliberiste decise a Bruxelles dalle grandi famiglie politiche che pretendono di monopolizzare la scena pubblica sbarrando la strada alle nuove idee.

Ma non dimentichiamo che l’Europa non è solo la “UE potenza” degli Eurofighter che bombardano la Libia, è anche la comunità che nasce dalla Resistenza al nazifascismo per affermare i valori della pace e dello Stato di diritto e dei diritti: questo retaggio è un baluardo che non dobbiamo sottovalutare e che dobbiamo ereditare quando ci proponiamo, appunto, di lavorare per un’Europa alternativa dei cittadini.

2- La nonviolenza è una “forza”, anzi è “la forza più potente”, perché si basa sull’unità popolare “alla ricerca di verità e giustizia” che scompagina gli apparati del potere bellico ed autoritario (le catene di comando gerarchiche fondate sulla paura e sull’obbedienza passive).

Un esempio lampante nella Storia dell’efficacia della nonviolenza politica è la liberazione dell’India, sotto la guida di Gandhi, dal colonialismo inglese. Ma si può fare riferimento a casi di resistenza nonviolenta vincente durante la stessa occupazione nazifascista, ma anche a tutto il movimento che ha portato alla scomparsa di quella mostruosità totalitaria che è stata il “socialismo reale” (che ha la sua ultima propaggine nel cosiddetto “comunismo cinese”).

Al punto in cui siamo arrivati, non abbiamo più il tempo per giocare con opportunismi dal fiato corto. Non possiamo – saremo ripetitivi ma crediamo che su questo sia decisivo insistere - glissare sugli interrogativi di base e puntare – che so – sul fatto che “gli F35 non funzionano”. Vogliamo forse rubare il mestiere ai militari pretendendo di essere più competenti di loro in materia di armamenti e di loro funzionalità di impiego? E' una buona idea quella di attaccarsi ai boatos provenienti dalla "guerra per bande" (generale Mini dixit) che caratterizza i vari concorrenti del complesso militare industriale? Può pagare - forse - nel brevissimo periodo riportare le critiche dei competitor, anche dentro il Pentagono, della Lockheed Martin, ma alla lunga - scegliendo il terreno e le armi tecniche dell'avversario - si finisce per rafforzarlo culturalmente, quindi praticamente.

3- La difesa che come cittadini italiani abbiamo pattuito di organizzare deve, nel rispetto dell’articolo 11 della Costituzione, “ripudiare la guerra”. Questo significa che come comunità nazionale, passata attraverso la sofferenza del fascismo e delle sue tragiche scelte belliche, ci siamo liberamente autoimposti un limite (il che è poi condizione di creatività): la forza armata la impieghiamo eventualmente solo per respingere, con senso della misura e delle proporzioni, aggressioni militari in atto che invadano il nostro territorio. C’è poco da equivocare: non è compatibile con l'art. 11 della nostra Costituzione la "proiezione esterna" delle nostre forze armate con l'uso di cacciabombardieri, o veicoli multiruolo, americani od europei che siano. La seconda parte del suddetto articolo non può, se ci teniamo alla coerenza logica, contraddire la natura pacifista della prima: se dobbiamo rinunciare a porzioni della nostra sovranità questo lo facciamo per fare la pace non certo per portare avanti guerre: “per costruire un ordine internazionale che garantisca pace e giustizia tra le nazioni”.

Il limite liberamente scelto ci induce alla creatività di soluzioni intelligenti e innovative.

E’ intelligente respingere le invasioni con tattiche pesate e commisurate, non certamente autobombardandoci con le atomiche a corto raggio e  trasformando i nostri stessi territori in deserti radioattivi, come assurdamente prevedevano e forse ancora prevedono i piani NATO.

E’ intelligente combattere il terrorismo internazionale non radendo al suolo i Paesi da cui si presume che provenga ma piuttosto investire in intelligence e al limite in personale che sappia usare le pistole silenziate nei posti giusti (guardate cosa dei nonviolenti pragmatici sono costretti a dire!).

E’ intelligente, per evitare la minaccia delle armi di distruzione di massa, disarmare in modo significativo per primi, incardinare convenzioni internazionali per il loro bando, non fornire tecnologie e materiale fissile ad “amici” che potrebbero diventare “nemici” e poi usarle contro di noi.

E’ intelligente, infine, lavorare per il “transarmo”, sperimentando quei modelli di difesa difensiva che puntino ad un ruolo sempre più determinante di una componente non armata e nonviolenta – ed il discorso non si esaurisce con i corpi civili di pace - indipendente dal controllo della componente militare.

Post scriptum: una visione diversa, ma non alternativa alla logica di potenza, sarebbe quella della "difesa europea" che nello stesso ambito militare viene presa in considerazione: ombrello nucleare franco-britannico, esercito europeo integrato, eurofighter che, ad es., sostituiscono al 100% gli F35 (la dottrina della guerra nucleare limitata "di teatro" viene abbandonata), riduzione della NATO a semplice patto politico con gli USA, rimozione delle atomiche americane, associazione della Russia in partenariati politici, economici ed anche militari.

Ma crediamo che qualcuno in Italia sia seriamente iscritto a questo "Partito Europeo"?

L’Europa che ci piace però – meglio ribadirlo a scanso di equivoci - non è il superstato potenza che vuole fare concorrenza ad USA, Cina, Russia e quant’ altro nella lotta per l’egemonia mondiale: è quella invece che recepisce il nostro principio – tradito – del “ripudio della guerra” e che perciò, facendo leva sulla forza della nonviolenza”, lavora per la sicurezza comune dell’Umanità.

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