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lunedì 3 febbraio 2014

Rinasce Ein Hijleh: la Palestina non è Area C
di Luca Magno
Serv.Civ.Int.



Il 31 gennaio centinaia di palestinesi sono entrati nell'antico villaggio della Valle del Giordano, riportandolo in vita. Tra questi anche il parlamentare Mustafa Barghouti.

Ein Hijleh (Gerico), 3 febbraio 2014, Nena News

Centinaia di attivisti provenienti da ogni parte dei Territori Occupati, all'interno della campagna "Salt of the Earth", hanno ridato vita al villaggio di Ein Hijleh, nella Valle del Giordano, a ridosso del confine, per protestare contro i continui abusi delle forze di occupazione israeliane e i cosiddetti negoziati di pace che non riconoscono la piena sovranità palestinese su quest'area.

Venerdì 31 Gennaio, poco dopo le 13 e in poco più di 10 minuti, centinaia di palestinesi si sono riversati nell'antico villaggio cananeeo di Ein Hijleh, poco distante da Gerico, il più antico insediamento umano al mondo. Il villaggio, risalente a migliaia di anni fa e abbandonato sin dall'occupazione israeliana del 1967, è oggi di proprietà della Chiesa ortodossa di Deir Hijleh, sui cui terreni l'esercito israeliano ha costruito una base militare, confiscando gran parte dell'area per "motivi di sicurezza". Il villaggio, composto da antiche case di pietra all'interno di un grande palmeto, si trova in un terreno desertico con una grande concentrazione di sale. Da ciò, il nome della campagna "Il sale della terra" ("Melh al-Ard"), contenuta in un verso biblico: "Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini." (Mattero 13:5).

La Valle del Giordano fa parte della cosiddetta Area C, che rappresenta il 61 % della Cisgiordania. Secondo gli Accordi di Oslo II, che dividono la Cisgiordania in 3 parti, l'Area C è sotto completo controllo militare e civile israeliano. I palestinesi non possono accedere a parte di quest'area - occupata da colonie, basi militari e strade riservate alle sole targhe israeliane - e non possono costruire nuove proprietà. La popolazione beduina che da sempre vive nella Valle del Giordano si trova a dover fronteggiare continuamente lo sgombero delle proprie case, distrutte dall'esercito israeliano. I beduini di quest'area non hanno mai abbandonato la terra, di cui si sentono parte più che proprietari, e hanno sempre ricostruito, con i pochi mezzi a disposizione, gli accampamenti distrutti. Le condizioni di vita restano però tragiche: Israele ha infatti il completo controllo delle risorse idriche di quest'area. Più del 70% dei villaggi palestinesi che si trovano in Area C non ha accesso alla rete idrica, che invece viene abbondantemente utilizzata e sprecata nelle colonie israeliane.

I movimenti di resistenza palestinese hanno voluto porre l'attenzione sulla Valle del Giordano perché è al centro dei cosiddetti negoziati di questi ultimi mesi e del Piano Kerry, che negano la sovranità palestinese su quest'area e, al contrario, chiedono il riconoscimento di Israele come stato ebraico.

Gli attivisti palestinesi sono decisi a rifiutare qualunque normalizzazione dello status quo. Sono arrivati da ogni parte della Cisgiordania, in una grande azione che tiene insieme tutti i Comitati di Resistenza Popolare, da anni impegnati nella difesa dei propri villaggi e che ora cercano nuove forme di lotta a livello nazionale che li facciano uscire dall'isolamento, come è già avvenuto con la grande manifestazione di Nabi Saleh del 7 dicembre. Oltre ai bambini, alle donne e agli uomini di Nabi Saleh, sono arrivati attivisti dal campo profughi di Aida, dai villaggi di Ni'lin, Masara, Tulkarem, Kufr Qaddum, Bi'lin - questi ultimi si preparano ad un altro grande evento nazionale, l'8 febbraio, per il decimo anniversario della loro sollevazione. Presenti anche gli attivisti di Youth Against the Settlements da Hebron, che il 25 Febbraio saranno impegnati, con il supporto di attivisti palestinesi, israeliani e internazionali, nella campagna "Open Shuhada Street". Tanti gli attivisti del movimento BDS che lottano per far crescere il boicottaggio mondiale delle industrie israeliane, che proprio in quest'area sottraggono illegalmente le risorse naturali, principalmente acqua per i prodotti agricoli e gli insediamenti e risorse minerarie per i cosmetici. Al loro fianco, anche il parlamentare palestinese Mustafa Barghouti:



Come in Bab al-Shams (la Porta del sole), il villaggio nato un anno fa nell'area intorno a Gerusalemme denominata E1 e destinata alla costruzione di nuove colonie, l'azione dimostra come gli attivisti palestinesi non reagiscano semplicemente alle ingiustizie dell'occupazione, ma cerchino di creare nuove realtà partendo dal basso. Dunque, nonostante l'esperienza di Bab Al-Shams sia durata soltanto un giorno a causa dell'irruzione dell'esercito, gli uomini e le donne palestinesi hanno scelto di continuare la costruzione di villaggi della resistenza popolare, considerando un successo già solo il prendere possesso di una terra su cui Israele non ha il diritto di decidere. Hanno scelto di costruire forme nuove di resistenza popolare e non-violenta per spezzare il muro di silenzio e di menzogne che circonda questa terra.

L'azione è rimasta segreta fino all'ultimo. L'esercito sapeva che si stava preparando qualcosa, ma è stato colto completamente di sorpresa: così, in 10 minuti, il villaggio è tornato a prendere vita. Una volta sul posto, si è provveduto a pulire l'area, attivare il generatore e il media center, accendere i fuochi e organizzare la sicurezza per la notte. Nelle assemblee si discute su come costruire, dove e con quali materiali, come rendere vivibile l'area in modo di garantire una presenza numerosa e continua. Ci si organizza per fare arrivare viveri, dato che l'esercito circonda l'area e cerca in ogni modo di sfiancare gli occupanti. Dopo la sorpresa iniziale, l'esercito ha infatti imposto un cordone di sicurezza per cercare di impedire a molti attivisti di arrivare. Comunque, molti sono riusciti ad entrare con l'aiuto degli abitanti di Gerico, percorrendo mulattiere sconosciute alle forze d'occupazione.

Il secondo giorno la presenza dell'esercito è diventata più minacciosa e verso sera hanno iniziato a circondare il villaggio, lanciando granate sonore e razzi luminosi. Gli attivisti non si sono fatti prendere dal panico, si sono organizzati e molti hanno continuato a cantare uniti intorno ai fuochi i versi della resistenza palestinese, fino a quando l'esercito non ha deciso di ritirarsi. Giunti al terzo giorno, i lavori sono iniziati, sono state piantate delle giovani palme, le bandiere palestinesi continuano a sventolare alte e altri attivisti stanno raggiungendo il villaggio per continuare a ricostruire insieme e dal basso Ein Hijleh e una Palestina finalmente libera dalla violenza sionista. Nena News

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