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17 Febbraio 2014

Il Kosovo martoriato e dimenticato
di Giovanni Fez

A lanciare l’allarme è Enrico Vigna, presidente dell’associazione onlus S.O.S. Yugoslavia- SOS Kosovo Metohija: “I serbi del Kosovo sono prigionieri di una nuova forma di apartheid, le enclavi, dove nessuno dei diritti fondamentali dell’uomo sanciti nella Carta delle Nazioni Unite è rispettato”.

“Il Consiglio Europeo discute dei diritti umani in Siria, minaccia e sanziona ma nel Kosovo Metohija, uno stato artificiale, il mondo dovrebbe vedere cosa è stato inventato e cosa si mantiene: una società dove la profanazione di tombe di famiglia, di luoghi sacri, di monasteri e luoghi spirituali è quotidiana e dove, da anni, vengono  quotidianamente attaccati, vandalizzati, distrutti luoghi sacri e cari alla popolazione. In quanti sanno che dal 2013 il diritto per un serbo di visitare le tombe dei propri cari è passato da due volte l’anno a una; e in quei cimiteri i maiali vengono fatti pascolare provocatoriamente tra le tombe. Nel cimitero del paese di Istok, oltre 100 tombe e lapidi sono state distrutte. Il cimitero di Peć , uno dei più grandi cimiteri ortodossi in Kosovo, è stato trasformato in una discarica dove gli  albanesi gettano i loro rifiuti. I vandali hanno distrutto non solo le lapidi in marmo, ma anche bare e molti corpi e ossa dei defunti sono stati estratti e portati via. A Prizren 50 tombe sono state profanate al locale cimitero ortodosso nel corso degli ultimi mesi. Altre  tombe sono state profanate a Klokot, Milosevo, Plemetina e Priluzje, dove è stato usato esplosivo per far saltare una pietra tombale appartenente ad una famiglia serba locale”.
“Nell’ultimo viaggio di solidarietà che abbiamo compiuto anche questo veniva denunciato e raccontato, sottolineando che anche questo minava ed erodeva la compattezza e unità delle genti serbo kosovare – prosegue Vigna - dopo 14 anni di queste umiliazioni e vessazioni materiali e morali, alcuni hanno deciso di portare via i resti dei propri cari in Serbia; mentre altri ritengono che fare questo significherebbe la resa totale, significherebbe consegnare assieme ai propri luoghi sacri, la propria storia, la propria identità, le radici di un intero popolo”.

“Quanti ricordano che nel Kosovo Metohija in 14 anni oltre 200  chiese, monasteri e luoghi sacri sono stati vandalizzati e distrutti, alcuni dei quali patrimonio dell’Unesco, nonostante esistano precisi obblighi internazionali contenuti nella Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale mondiale, adottati alla Conferenza delle Nazioni Unite di Vancouver nel 1976”.
“La vita nelle enclavi è la vita di un ghetto, aree delimitate materialmente e sorvegliate; fuori è territorio ostile e nemico, con rischio della vita se si osa uscirne. Una vita priva di opportunità, dei diritti umani fondamentali, compresa la libertà di movimento; anche quella di poter  andare liberamente nei boschi per tagliare l’albero di Natale”.  
“E i bambini? Sono bambini invisibili, inesistenti per la comunità internazionale e la sua opinione pubblica, in gran parte ormai lobotomizzata, quotidianamente indignata o preoccupata per “diritti” negati o lesi in Paesi non loro alleati nella visione del mondo. Oggi nella realtà del Kosovo la spiritualità è una delle principali forme di socializzazione, poichè la politica ha perso ogni legittimità. La spiritualità in quella regione investe l'intera struttura sociale in modo diretto o indiretto; in questa fase essa svolge un ruolo positivo fondamentale di coesione e collegamento tra gli individui, garantendo una identità nazionale collettiva, sia sociale, che politica e culturale, che si interseca fortemente con una prospettiva di liberazione dall’oppressione, dall’ingiustizia e dall’arroganza dei padroni del mondo. Naturalmente è fondamentale e necessario non avere una cultura ed un approccio eurocentrico, quindi oppressivo; o saccente con verità precostituite, quindi da far accettare”.

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