http://www.notiziegeopolitiche.net
ott 10th, 2014

Contatti fra l’Isis e gli jihadisti del Caucaso. La Russia? ‘Sarà la prossima!’
di Enrico Oliari

Come ormai è risaputo, l’Isis è il frutto di un’azione congiunta di Usa, monarchie del Golfo e Turchia ideata per combattere Bashar al-Assad in Siria, senza sostanzialmente scendere in campo: la cosa è poi sfuggita di mano e, come ha spiegato ben spiegato il ministro degli Esteri iraniano Mohamad Zarif, l’Isis è “un Frankenstein tornato per divorare i suoi creatori”.

Fin dalla decisione di intervenire contro lo Stato islamico, Barak Obama si è posto il problema di come colpire le postazioni e gli armamenti dei jihadisti in Siria, senza favorire il regime di Damasco. Tuttavia a preoccupare Washington e i suoi alleati, vi è un problema più importante, cioè tenere la Russia, alleata della Siria di Bashar al-Assad, il più possibile lontano dai giochi, magari approfittando dei dissidi in atto per via della questione Ucraina.

La Russia, lo ricordiamo, ha a Tartus una fornitissima base militare, fino a poco fa l’unica in un panorama che dal Marocco al Kirghizistan vede, con l’esclusione di Siria e Iran, basi statunitensi. Potrebbe tuttavia essere l’esuberanza dei jihadisti dell’Isis a fornire al presidente russo quel casus belli che potrebbe farlo entrare attivamente a fianco di al-Assad: fin dall’inizio del conflitto siriano sono calati nel paese di Damasco numerosi combattenti ceceni e del cosiddetto “Emirato del Caucaso” (si pensa a circa 200 unità), i quali si sono uniti sia al gruppo qaedista Jabat al-Nusra (anche questo sostenuto dalle monarchie del Golfo, dalla Turchia e dall’Occidente), sia all’Isis.

Ed i contatti fra i caucasici e l’Isis sembrano ormai in corso, tanto che l’agenzia Bloomberg ha riportato del colloquio telefonico fra un comandante dello Stato islamico, “Omar al-Shishani”, cioè Tarkhan Batirashvili, e il padre che risiede nella Gola di Pankisi, non solo per parlargli dell’avanzata in Iraq ma anche per aggiungere che “la Russia sarà la prossima”. Ed ha promesso di rientrare nel suo paese “con molte migliaia di uomini”, cosa non del tutto improbabile, se si pensa che i soli combattenti dell’Isis sono dati fra le 30 e le 50mila unità.

La Gola di Pankisi a poco più di 100 km a Nord-Est di Tbilisi, al confine con la Cecenia, è ima delle principali basi dei jihadisti e punto di arrivo dei traffici di armi e di droga. Va inoltre tenuto conto che, mentre per ragioni storiche appare senza senso una lotta all’Occidente, l’indipendenza dalla Russia della Cecenia e delle regioni caucasiche è reclamata a gran voce ed in modo violento dai vari gruppi di jihadisti autoctoni. Basti pensare al più volte dato per morto (l’ultima l’8 aprile) Doku Khamatovich Umarov, mente di diversi attentati come l’esplosione nel 2009 sul treno Mosca-San Pietroburgo (26 morti), gli attentati in Inguscezia nel 2004, dove ha perso la vita anche il ministro dell’Interno, lo scorso dicembre a Volgograd (30 morti), nel 2010 alla metropolitana di Mosca (39 morti) e all’aeroporto (36 morti). E sempre all’estremismo islamico sono imputabili le stragi di Beslan (2004), in cui rimasero uccise 333 persone (di cui 186 bambini) e al teatro al Dubrovka di Mosca (2002), dove fra attentatori e civili rimasero a terra 168 persone (39 jihadisti).

L’Isis in Siria è riuscito persino a mettere le mani su un aeroporto militare e a fare propri Mig russi. Ha quindi diffuso un video che preoccupa Mosca: “Questo messaggio è indirizzato a te, Vladimir Putin, questi sono i vostri velivoli che hai mandato a Bashar, e con l’aiuto di Allah li invieremo a voi. Ricordati questo. E’ con il permesso di Allah, che noi potremo liberare la Cecenia e tutto il Caucaso”. Il consulente per il Pulitzer Center di base a Washington, Marvin Kalb, ha dichiarato ad al-Arabiya che “Putin si preoccupa costantemente per gli insorti locali, formati in Siria, e ora dall’Isis, e poi destinati a tornare con le loro nuove competenze. Putin non li vuole e questo è un incubo cronico per lui”.

top