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13 dicembre 2014

Settimana di fuoco in Caucaso: la Russia all’assalto dei jihadisti
di Giovanni Giacalone

Il Caucaso ripiomba nel sangue e nella paura. La recrudescenza del fenomeno jihadista in Daghestan e Cecenia preoccupa la Russia, che punta il dito contro l'Occidente colpevole di voler destabilizzare la regione.

Daghestan

Nella mattinata di venerdì 12 dicembre un gruppo di jihadisti della banda “Gubedenskoy” si è rifugiato all’interno di una casa nel villaggio di Gurbuki, a sud di Makhachkala, per preparare un attentato. Secondo fonti locali, l’abitazione era di proprietà di Ghadzi Magomedov Abdulkhalikov, la cui figlia aveva una relazione con un elemento della banda, tale Omar Magomedov; il luogo era divenuto punto di riferimento per i membri della banda e posto dove nascondere armi, munizioni ed esplosivi. All’interno dell’edificio le forze di sicurezza hanno rinvenuto diverso materiale per la fabbricazione di ordigni esplosivi improvvisati (IED). Intorno alle 7 della mattina le forze speciali della Repubblica Federale hanno circondato l’abitazione e intimato la resa ai terroristi, i quali si sono però asserragliati all’interno dell’abitazione prendendo in ostaggio due donne e diversi bambini presenti al suo interno e aprendo il fuoco contro le forze di sicurezza. Secondo la ricostruzione fatta da esperti locali, i terroristi presenti all’interno dell’abitazione erano cinque, di cui uno, tale Ibrahim Karanai, è rimasto ucciso in un primo conflitto a fuoco con gli agenti durante un tentativo di fuga. Alle 7:20 le forze di sicurezza hanno dato il via all’assalto e alla fine dell’operazione altri quattro terroristi e un complice sono rimasti uccisi mentre nell’abitazione è scoppiato un incendio ed è stato necessario l’intervento dei vigili del fuoco. Tra i jihadisti uccisi anche Zalitinov Murad Magomedsheyhovich, ex capo della banda “Kadar” e ricercato da tempo. Zalitinov non è però l’unico boss eliminato in settimana dalle forze federali; infatti, mercoledì 10 dicembre, era rimasto ucciso in un conflitto a fuoco con agenti di polizia, Ruslan Darsamov Marshak, classe 1989, noto nell’ambiente del banditismo wahhabita di Makhachkala come “Usman”. Darsamov era da tempo ricercato per l’uccisione di agenti e civili, per furto, estorsione e fabbricazione di ordigni esplosivi improvvisati (IED). L’uomo è stato intercettato a Makhachkala mentre era a bordo di una Lexus LX 470; una volta vistosi scoperto ha tentato la fuga, ne è conseguentemente nato un conflitto a fuoco e Darsamov è rimasto ucciso. L’uomo era ricercato per diversi attentati esplosivi ed omicidi tra cui quelli di un ragazzino di 14 anni, di un magistrato della Corte Suprema e quello del titolare di una pompa di benzina. Poche ore dopo altri due membri della medesima banda, Murad Mamedov e Marat Bolatkhanov, sono stati uccisi nella capitale daghestana mentre erano a bordo di una Toyota Camry. I due si trovavano all’incrocio tra Irchi Kazak e Yaragsky e hanno aperto il fuoco contro una pattuglia avvicinatasi per una perquisizione. Nel conflitto a fuoco è rimasto ferito un agente di polizia.

Cecenia

Nel frattempo anche nella vicina Cecenia la situazione è calda; nella notte dello scorso 4 dicembre un gruppo di jihadisti ha aperto il fuoco contro alcuni agenti ed è scoppiato il pandemonio. Sono immediatamente intervenute le unità speciali mentre i terroristi si sono nascosti in due edifici tra cui una scuola, entrambi circondati. Alla fine delle operazioni il bilancio è risultato molto pesante: 11 terroristi e 14 agenti uccisi, 36 appartenenti alle forze di sicurezza rimasti feriti. I terroristi sono successivamente stati tutti identificati come appartenenti al gruppo “Riyad us-Saliheen”, guidato da Aslam Byutukaev, noto anche come “Khamzat Amir”. Pochi giorni dopo alcune abitazioni appartenenti ai familiari dei terroristi uccisi sono state date alle fiamme, tra cui quella di Byutukaev, nel villaggio di Kotar-Yurt, distretto di Achkhoi-Martan. D’altronde il presidente ceceno Ramzan Kadyrov era stato chiarissimo quando il 5 dicembre aveva dichiarato che i familiari dei terroristi sarebbero stati espulsi dal paese e le loro abitazioni distrutte. 1 2

La Russia punta il dito contro l’Occidente

Diversi analisti russi sono convinti che dietro gli attentati ci sia lo zampino di alcune agenzie di intelligence occidentali che tentano di destabilizzare il Caucaso, per creare un secondo focolaio dopo quello ucraino. Il passaggio obbligato per fondi e supporto logistico sarebbe in territorio turco e georgiano, con probabile appoggio da parte di alcuni elementi della diaspora daghestana in Turchia e dal gruppo Ghuraba al-Sham, presente in Siria e attivo contro le truppe di Assad. Sempre secondo fonti di Mosca, sarebbero diversi i personaggi legati al jihadismo caucasico che avrebbero trovato rifugio in Turchia ed Europa, tra cui Movladi Udugov e Israil Akhmednabiev, meglio noto come “Sosiko”. Lo stesso Kavkaz Center, sito e fulcro mediatico del jihadismo legato all’Emirato del Caucaso, trova da anni base tra la Svezia e la Finlandia, nonché appoggio anche in Turchia.

1_ http://eng.kavkaz-uzel.ru/articles/30147/

2_ http://eng.kavkaz-uzel.ru/articles/30188/

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