Intervista in  origine pubblicata in russo su OpenLeft.ru
Originale: LeftEast
http://znetitaly.altervista.org
23 dicembre 2014

Nuova ma ancora fredda
Ilya Budraitskis parla con Gilbert Achcar
Traduzione di Maria Chiara Starace

Ilya Budraitskis: La domanda con la quale voglio cominciare riguarda la sua opinione sul posto che ha la Russia nel sistema globale. Oggi il discorso che si fa su quell’argomento è il quello della nuova Guerra Fredda. Pensa che sia un termine rilevante e chi ci guadagna di più da questa retorica?

Gilbert Achcar: Penso che sia un termine molto importante e che lo sia stato per parecchi ani. In realtà ho pubblicato un libro intitolato: La Nuova Guerra Fredda, (The New Cold War), appena dopo la guerra del Kosovo del 1999. Secondo me questa Nuova Guerra Fredda è cominciata in quel periodo. Gli anni ’90 sono stati anni di transizione tra la vecchia Guerra Fredda, la bipolarità, e l’Unione Sovietica e tutto il resto, e una qualche nuova fase nelle relazioni internazionali. Durante gli anni ’90, gli Stati Uniti erano in una situazione di completa egemonia globale. Questo è ciò che un opinionista americano chiamava “il momento unipolare”.  E’ una buona formula perché ha capito che è un momento – non durerà sempre – ma è un momento unipolare. Gli Stati Uniti hanno avuto il potere di determinare – in larga misura, non del tutto, naturalmente –il futuro delle relazioni internazionali. Se si guardano i documenti ufficiali della strategia statunitense negli anni ’90, la formula che si trova è “modellare il mondo.” Si ha quindi una chiara comprensione negli Stati Uniti che essi potevano cambiare il mondo, il che, in larga misura, di nuovo non del tutto, naturalmente, era vero. E avevano scelte, opzioni. Questo è stato un dibattito fondamentale del primo mandato di Clinton. Il primo ha visto un dibattito intenso tra coloro che difendevano una politica nei confronti della Russia analoga a quella degli Stati Uniti verso la Germania Occidentale e il Giappone nel 1945, il che significa: date loro finanziamenti, aiuto economico, aiutateli a diventare economie moderne, e integratele nel campo occidentale. Questo punto di vista esisteva, una specie di Piano Marshall per la Russia, come il piano Marshall per l’Europa Occidentale dopo la II Guerra Mondiale.

L’altra opzione – della quale il guru è stato Zbigniew Brzezinski, che agiva per parte  di Madeleine Albright e Antony Lake ,  difendevano il consolidamento dell’egemonia bipolare e il trattare la Russia come nemico potenziale, anche se era la Russia di Eltsin. Faceva parte di questa politica la decisione che fu presa di mantenere la NATO ed estenderla all’Europa Orientale e perfino alle repubbliche baltiche ex sovietiche. E, naturalmente, questo ha creato una reazione nazionalista in Russia, perfino nella Russia di Yeltsin. C’era la sensazione che ci si fosse liberati dal comunismo e che ci stessero trattando ancora come se fossimo nemici. Questo, secondo me, è stato un importante fattore nel far crescere un sentimento nazionalista in Russia. E sarebbe aumentato con le guerre balcaniche e anche con la decisione di fare la guerra in Kosovo – contro l’opinione della Russia e anche della Cina, in quell’epoca, ma il punto chiave è stata la Russia. Yeltsin era preparato a fare una vera pressione su Milosevic per una sistemazione  pacifica del problema del Kosovo. Gli Stati Uniti, però hanno messo da parte questa opzione e hanno voluto che la NATO andasse in guerra. Questa guerra della NATO ha segnato il 50° anniversario della NATO che era stata fondata nel 1949. E’ stato quindi anche un momento simbolico. Si può vedere come funziona: cioè, ostracizzare la Russia è servito agli Americani  per mettere paura  ai popoli dell’Europa Occidentale fino a far loro mantenere  la loro lealtà a Washington.

In realtà, l’amministrazione Clinton ha fatto lo stesso per la Cina. Ha accresciuto la tensione con la Cina riguardo a Taiwan nel 1996, cosa che è servita per incoraggiare la lealtà del Giappone verso Washington, perché i giapponesi avevano paura. Naturalmente la Cina non è arrivata a una transizione postcomunista con la Russia.  Quindi, nel caso della Russia, era più lampante. Cioè hanno ricreato la Russia come nemico, sebbene questa non fosse una sfida ideologica per l’Europa Occidentale e neanche una minaccia al sistema.

La maggiore responsabilità, quindi, e degli Stati Uniti di aver ricreato questa Nuova Guerra Fredda, come l’ho chiamata. L’ho definita una Guerra Fredda post-ideologica. Che cosa è la Guerra Fredda? E’ un termine per designare una corsa alle armi, dove le due nazioni – gli Stati Uniti e la Russia/URSS – erano e sono di nuovo impegnate nell’ accumulare armamenti senza scontrarsi direttamente. Non potevano entrare in guerra perché ci sono pazzesche scorte di armi nucleari da entrambe le parti. Quindi, questa è la Guerra Fredda – una permanente economi di guerra, come l’ha chiamata qualche economista pensando agli Stati Uniti, ma il termine si può applicare ancora di più all’ URSS/Russia. Dovevano mantenere il loro bilancio militare. E quindi in questo senso la Nuova Guerra Fredda è stata avviata negli anni ’90 per mezzo di queste decisioni.

Ho scritto quel pezzo – il pezzo principale nel libro che ho citato – proprio dopo la guerra del Kosovo, riguardo al modo in cui l’Occidente, in un certo senso, ha provocato una Nuova Guerra Fredda. Quindi questo è il contesto immediato per l’ascesa al potere di Vladimir Putin. Questa atmosfera di nazionalismo ha creato una reazione nello stato russo post-sovietico e tra i militari per trovare un leader più forte.

Gli Stati Uniti hanno prodotto Putin tramite la terapia shock del Fondo Monetario Internazionale e promuovendo i programmi economici che applicava Yeltsin e che erano un disastro. Alla fine degli anni ’90, – la gente non se ne rendo conto – l’intero PIL della Russia non era di più del bilancio militare degli Stati Uniti. Questo cambiamento economico disastroso, questo ostracismo della Russia, hanno creato il terreno per l’ascesa di Putin. Gli Stati Uniti hanno bisogno di qualche persona malvagia per giustificare il loro ruolo di protettori nelle loro alleanze con il Giappone e l’Europa Occidentale.  Queste alleanze sono state mantenute dopo la Guerra Fredda. Questo atteggiamento è stato anche vantaggioso per Putin – qui  abbiamo una relazione dialettica -  perché l’atteggiamento degli Stati Uniti gli ha permesso di giustificare le sue politiche in patria e all’estero.

Quindi entrambe le parti hanno la responsabilità diretta di questa Nuova  Guerra Fredda. Il bilancio militare russo sta crescendo molto rapidamente. Il bilancio militare americano, invece di essere ridotto drasticamente, è ancora a livelli di Guerra Fredda –anche se non uguaglia il livello dell’era Reagan in percentuale di PIL, che era un picco da “tempo di pace”- ma ancora abbastanza alto. Rimaniamo in un’economia di guerra, con bilanci militari di guerra, in un tipo di contesto da Guerra Fredda.

Budraitskis: Uno dei temi principali nella retorica internazionale di Putin e della sua diplomazia, è l’idea dei “due pesi e due misure”. Crede che questa idea non dovrebbe essere monopolio degli Stati Uniti, che la Russia dovrebbe essere in grado di usare lo stesso tipo di cinismo internazionale. Lei pensa che in questa situazione ci potrebbe essere qualche principio, qualche alternativa basata su una visione di ordine internazionale diverso dall’idea di “due pesi e due misure”  usato dalla Russia e dagli Stati Uniti?

Achcar: Sì! Penso che il momento più progressista – un momento, cioè un breve punto nel tempo – nelle relazioni internazionali contemporanee, è stato il periodo immediatamente successivo alla II Guerra mondiale, quando hanno formato l’ONU, quando c’era la collaborazione sovietica e americana al riguardo. Naturalmente l’ ONU non è perfetta.  La perfezione non è di questo mondo. Però, se si paragona a tutta la storia delle relazioni internazionali, il momento della Carta dell’ONU e tutto il resto, è stato il più progressista. L’idea di avere relazioni internazionali basate sulla legge e sui principi,  non la legge della giungla, non la legge della forza, ma sull’ordine giuridico globale, è un’idea progressista che si dovrebbe difendere dal cinismo delle grandi potenze, Mosca, Washington o chicchessia. Le grandi potenze sono tutte molto ciniche, tutte machiavelliane in senso peggiorativo. Siano lontani dal progetto del dopo 1945. All’inizio, sotto Roosevelt, la prospettiva era ancora progressista. Sotto Truman è diventata rapidamente una prospettiva di Guerra Fredda. Però, questa visione del 1944,1945, di Yalta, Potsdam, e di tutte queste conferenze, questo tipo di co-esistenza – sebbene ci fossero divisione di imperi, divisione del mondo – era, tra le altre cose, un tentativo di dire: stabiliamo le regole del gioco, se volete, stabiliamo dei principi. E quei principi che sono espressi nella Carta dell’ONU, erano principi progressisti.

Se si legge la Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948, si vede che è un documento molto progressista. Anche oggi questo documento del 1948 è progressista per tutti gli stati. Perché non vi si trovano soltanto democrazia, libertà, uguaglianza, antirazzismo, antisessismo, ma vi si trova anche il diritto al lavoro, il che è una cosa molto progressista. La Dichiarazione rappresentava un misto di liberalismo, e, dal lato dell’Unione Sovietica, i cosiddetti principi socialisti come parte della loro ideologia.

I documenti iniziali del periodo successivo al 1945 costituivano gli elementi di un tipo progressista di ordine mondiale pur non essendo utopico. Non parliamo della federazione universale delle repubbliche socialiste: parliamo di qualche cosa che si può indicare, che esiste – questa si suppone sia la legge internazionale. Penso che i progressisti dovrebbero usare la legge internazionale contro l’autorità costituita. E’ sempre così, perché il progresso storico viene codificato nelle leggi. Ora, queste leggi codificano il rapporto delle forze nella società. In alcuni momenti della storia, la relazione delle forze può deteriorarsi a spese dei progressisti. Ma quindi la legge è una specie di gioco conservatore-progressista. Poi la destra cercherà di attaccare e cambiare la legge. E’ però molto difficile cambiare la Carta dell’ONU. E’ lì. Codifica un equilibrio di forze che è diverso da quello del mondo di oggi: nel mondo del 1945 la classe operaia era molto più forte di quanto sia oggi; lasocial democrazia era molto a sinistra rispetto a oggi; era un mondo in cui c’erano vaste nazionalizzazioni, un sistema previdenziale e tutto il resto. C’era competizione tra il blocco sovietico e l’occidente riguardo ai vantaggi sociali. Era un mondo molto diverso. Ora la competizione è tra chi sarà più neoliberale dell’altro. Era una situazione molto diversa. In quel caso si ha un qualcosa che i progressisti dovrebbero difendere come alternativa – non-utopistica – si possono avere alternative utopistiche – è una cosa molto bella – ma se si vuole essere concreti, dedicandosi ai problemi e non soltanto ai sogni, questa è un’alternativa molto presente là,  un’alternativa progressista.

Budraitskis: Pensa che questo suo significato progressista non sia tanto basato sull’idea di equilibrio delle forze, l’idea di un mondo multipolare, che è una delle figure retoriche preferite di Putin, ma sulla responsabilità politica dell’umanità nel periodo successivo alla guerra più terribile della storia?

Achcar: Certamente. Questo momento progressista delle relazioni internazionali era basato anche sulla lotta contro il nazismo e il fascismo. E si aveva questa convergenza tra il liberalismo e lo Stalinismo. Come si sa, lo Stalinismo è un argomento più complesso – è un misto di caratteristiche totalitarie e di retorica socialista. Per legittimare lo Stalinismo si aveva questa mescolanza di retorica socialista e di nazionalismo. Sebbene  durante la guerra il nazionalismo fosse aumentato molto in questa combinazione, tuttavia, nello scontro globale il nazionalismo non era utile. Mosca non è riuscita a convincere neanche i partiti comunisti usando il nazionalismo russo. Avevano quindi bisogno della retorica socialista. E a questo punto si trova questo tipo di  convergenza nella lotta contro il nazismo. Nella stessa Unione Sovietica la guerra era la Grande Guerra Patriottica. Al di fuori dell’Unione Sovietica, nell’ambito del movimento comunista, questa guerra sarebbe veniva presentata come la Grande Vittoria del Comunismo sul Fascismo. Una presentazione della medesima guerra molto diversa, fatta dallo stesso regime. Una era per “uso domestico” – per uso russo e di altri sovietici – e l’altra era per uso non-sovietico. Tutto qui.


Ilya Budraitskis è uno storico e giornalista

Gilbert Achcar è uno studioso franco-libanese di politica, scrittore, Professore di Studi sullo Sviluppo e di Relazioni Internazionali alla Scuola di Studi Orientali e Africani (SOAS) dell’Università di Londra. E’ anche membro del Partito Britannico di Unità della sinistra.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znetarticle/new-but-still-cold

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