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5 dicembre 2014

I serbi dalla Polonia ai Balcani, storia di una migrazione
di Matteo Zola

Abbiamo raccontato della penetrazione slava in Germania, una presenza testimoniata da molti toponimi di città tedesche che sono, in realtà, di origine slava. Quegli slavi erano nominati “serbi”, da cui deriva oggi il termine “sorabo“, nome della minoranza slava in Germania dell’est. Ci siamo lasciati con una domanda aperta: sono quegli antichi “serbi” gli stessi che oggi ritroviamo nei Balcani?

La risposta è senz’altro affermativa. “Serbo” fu un nome collettivo dato a una popolazione slava molto ampia con cui i franchi ritennero opportuno di entrare in contatto vista la loro sempre più massiccia presenza ai confini del regno, quando non al suo interno. Le prime relazioni tra franchi e serbi sono del V secolo ma l’etnonimo “serbo” è più antico, già usato da Tacito nel 50 a.C e poi da Plinio il Vecchio, nel 77 a.C., esso si riferiva però a una popolazione sarmata nel Caucaso del Nord. Qualche secolo dopo, nel 350 d.C., sarà Ammiano Marcellino a chiamare i Carpazi “montes Serrorum” da cui le popolazioni circostanti avrebbero preso il nome. L’etnonimo “serbo” sarebbe quindi di origine latina anche se alcuni studiosi ritengono che gli slavi occidentali chiamassero se stessi “serbi” anche prima della nominazione latina e che anzi “serbo” sia una corruzione della parola “slavo”. Due sviluppi paralleli? Non sappiamo. Sappiamo però che quello era un nome collettivo con cui tutti gli slavi occidentali chiamavano se stessi pur facendo convivere questa denominazione con altre particolari e “locali”.

Sappiamo quindi che “serbi” erano tutti gli slavi che si trovavano a occidente, lungo le sponde dell’Oder e della Vistola. Alcuni gruppi mutarono di nome (o vennero diversamente designati) con il procedere del tempo. Erano (forse) ‘serbi’ quegli obroditi che vivevano alle due sponde (ob) del fiume Oder (Odra) e lo erano pure i polabi che vivano presso (po) il fiume Elba (Loba). Sappiamo che obroditi e polabi si insediarono poi nel litorale baltico (facendosi così “pomorani“, cioè coloro che vivono lungo la costa del mare) e che vennero sterminati dai cavalieri teutonici in quelle che furono chiamate “crociate del nord”, tese a far piazza pulita dei “pagani” del Baltico.

Altri gruppi, abitanti le grandi pianure del’attuale Polonia centrale, presero il nome di “polani“, dallo slavo “polje”, cioè “campo aperto”, “piana”. E sarebbero i polani i progenitori del polacchi.

Alcuni gruppi slavi invece presero la via del sud, scendendo nei Balcani e verso l’Egeo, portando con sé etnonimi consolidati. E’ il caso di “serbo” che venne poi a designare un gruppo via via più specifico tra gli slavi del sud. Ma a testimoniare la provenienza “polacca” e germanica dei serbi di oggi ci sono i toponimi: Serbow, vicino al fiume Oder; Sarbia, nell’attuale Polonia; Sarby in Slesia; Szarbia, vicino a Cracovia; e molti altri. Nomi che marcano un territorio, quello della “Serbia Bianca” o “Serbia Lusaziana”, territori a cavallo tra Polonia, Germania e Repubblica Ceca che videro la presenza di tribù slave che andavano via via differenziandosi. Giunte tra il nono e il decimo secolo sulle sponde del Danubio esse fonderanno la “nuova” Serbia che oggi conosciamo.

Questo lungo percorso racconta del processo di differenziazione dei popoli slavi la cui origine comune è testimoniata dal vocabolario (sono ancora migliaia i termini in comune tra le moderne lingue slave). Malgrado quella comune origine non sono mancate nella storia occasioni di opposizione in cui l’elemento “etnico” si è fatto strumento per affermare divisioni sovente “inventate” o comunque recenti. I moderni nazionalismi dimenticano, o nascondono, la comune origine degli slavi, specialmente di quelli balcanici. Tra quelle tribù “serbe” che giunsero nei Balcani c’erano anche i “croati”, di cui parleremo la prossima volta.

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