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08 mag, 2014

Il (non) referendum di domenica

È un modo per far crescere la tensione, perché la consultazione non è riconosciuta nemmeno da Putin. Ma anche un tentativo dei ribelli di "forzare" la mano contro il governo di Kiev.

Il referendum nelle città dell’est Ucraina si farà. Domenica 11 maggio, infatti, i ribelli hanno convocato al voto i cittadini di quelle zone per chiedere la secessione da Kiev. La consultazione sembra non sia riconosciuta nemmeno dal presidente russo, Vladimir Putin, che aveva chiesto uno slittamento.

«Penso che il presidente russo abbia bisogno di essere informato che non c’era nessun referendum previsto per l’11 maggio», ha commentato il premier ad interim ucraino, Arseny Yatsenyuk, che ha nuovamente accusato Mosca di alimentare le tensioni.

Sebbene i sondaggi abbiano un valore relativo, quello del Pew Research Center indica che i cittadini dell’Ucraina sono favorevoli al mantenimento dell’integrità nazionale. In totale l’86% chiede che non ci siano altre secessioni dopo quella della Crimea. E anche nella città orientali il 70% non vuole la divisione da Kiev.

In ogni caso, il clima nel Paese non consente lo svolgimento ordinato di un referendum: il rischio è in realtà quello di innescare ulteriori tensioni. Il governo di Kiev, manco a dirlo, ha ribadito l’intenzione di riprendere il controllo delle città finite nelle mani dei separatisti. In tale scenario resta una questione sul tavolo: l’Ucraina dovrebbe andare al voto il prossimo 25 maggio per le elezioni Presidenziali.

Ma sotto il cielo ucraino la confusione è ben oltre i limiti di guardia e la guerra civile è nei fatti iniziata con la tragica strage di Odessa. Appare difficile immaginare cosa possa accadere ai seggi durante le operazioni di voto, sia che si tratti un referendum farlocco e sia che si parli delle Presidenziali.

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