Il Fatto Quotidiano
9 marzo 2014

Ucraina, l’ombra dell’estrema destra che ha guidato la rivolta armata
di Mauro Mondello

Dmitry Yarosh, leader del fronte nazionalista Praviy Sektor, correrà per la presidenza alle prossime elezioni. La sua organizzazione ha avuto un ruolo chiave nella trasformazione delle proteste di Kiev in guerriglia urbana: 4.500 cittadini disposti a indossare la tenuta militare per "difendere il Paese". A tutti i costi

L’annuncio di Dmitry Yarosh di voler correre per la presidenza alle prossime elezioni del 24 maggio, confermato sabato in conferenza stampa, chiude il cerchio rispetto alle tante discussioni sollevatesi nelle ultime settimane in merito al peso dei movimenti di estrema destra nella rivoluzione ucraina di Euromaidan. Se è vero che la protesta è partita dal basso, con la ribellione di piazza mossa dalla popolazione civile e dalle organizzazioni studentesche sin dal novembre scorso, risulta centrale fare luce intorno alla portata delle organizzazioni di ultradestra che hanno guidato la rivolta armata.

Yarosh è il leader indiscusso del movimento Praviy Sektor (letteralmente Settore Destro), il fronte nazionalista composto nell’inverno 2013 che ha avuto un ruolo chiave nella trasformazione delle proteste di Kiev in guerriglia urbana. Insieme ai militanti di Splina Sprava, balzati agli onori delle cronache per aver occupato diversi edifici istituzionali ucraini, le milizie di Yarosh sono state infatti per giorni protagoniste dei durissimi scontri con la polizia, attaccando i militari con bombe e molotov e dimostrando un’organizzazione che va ben oltre la protesta spontanea. “In questo momento siamo operativi in 1.500 – spiega Yarosh – ma credo di poter dire che in caso di necessità non sarebbe difficile arrivare sino 4.500 unità. Difendere l’Ucraina è un dovere costituzionale di tutti i cittadini di questo paese, e noi ce ne stiamo prendendo cura. Per questo indossiamo la tenuta militare: siamo in guerra ed ogni cittadino ucraino deve essere pronto ad intervenire”.

Oggi, dopo la fuga di Yanukovich e la diserzione di migliaia di poliziotti, basta indossare una giacca militare per autoproclamarsi eroi della nazione. Le strade del centro di Kiev, tutto intorno alla Piazza dell’Indipendenza e lungo il viale Khreshchatyk, sono state occupate da vecchie baracche di legno: sono i punti di raccolta delle giovani milizie di Praviy Sektor, che con indosso mimetiche ed armate di mazze da baseball pattugliano le strade e controllano gran parte delle barricate sistemate nel cuore della capitale ucraina. Anche la parte di popolazione civile politicamente più distante, all’inizio diffidente, ha, di fatto, sdoganato i movimenti di estrema destra, che si sono guadagnati il rispetto dei manifestanti con le azioni di guerriglia in risposta alla repressione della polizia durante le giornate di sangue di Euromaidan. È così che un movimento nato dal nulla (e dalle risorse finanziarie la cui provenienza reale è ad oggi sconosciuta), ultranazionalista e neofascista, è riuscito nel giro di pochi mesi a ritagliarsi un ruolo centrale negli equilibri politici e sociali dell’Ucraina.

“Non siamo razzisti – spiega Yarosh – consideriamo fratelli tutti coloro i quali sono disposti a battersi per l’indipendenza del nostro paese, senza distinzioni”. Un punto di vista che Yarosh ci tiene a sottolineare e che marca la distanza fra il suo movimento e Svoboda, il partito di estrema destra, noto per le sue posizioni xenofobe e antisemite, guidato da Oleh Yaroslavovych Tyahnybok e forte del 10,5% di preferenze raggiunto alle ultime elezioni nazionali del 2012. Dopo mesi di accesa propaganda antigovernativa Tyahnabok, il più abile fra i politici ucraini nel trascinare la piazza, è riuscito a portare dentro il governo temporaneo, insediatosi dopo la fuga di Yanucovich, ben cinque membri del suo partito, un risultato storico per una formazione che sino a ieri veniva bandita da qualsiasi posizione di potere a causa delle sue tendenze razziste contro russi e polacchi.

Nonostante il lifting politico operato da Tyahnabok nelle ultime settimane, restano comunque molti i nodi da sciogliere in vista delle elezioni del prossimo maggio. A preoccupare sono soprattutto i rapporti con Vitali Klitschko e Julia Timoschenko, i due candidati forti nella corsa alla presidenza che dovranno gestire un eventuale accordo con la formazione nazionalista, restando credibili di fronte alla comunità internazionale.

top