Tratto da "Ispi"
http://www.linkiesta.it
11/03/2014

Referendum Crimea: è legittimo?
Cosa prevede il diritto internazionale

Domenica prossima si svolgerà in Crimea il discusso referendum secessionista, la cui legittimità genera profonde divergenze tra le cancellerie occidentali e il Cremlino. Mentre il presidente russo ha espresso il suo appoggio incondizionato alle misure adottate dalle autorità in Crimea, basate a suo avviso sul diritto internazionale e tese a proteggere i legittimi interessi della popolazione della Crimea, diversi leader europei si sono schierati nettamente contro il referendum definendolo illegittimo. In una conversazione telefonica con il presidente Putin la cancelliera Merkel e il premier britannico Cameron hanno ribadito la loro contrarietà alla consultazione affermando che un risultato positivo, come altamente probabile, potrebbe ulteriormente accrescere il livello di instabilità del Paese e aprire scenari poco chiari per il diritto internazionale. Intanto a Kiev il neo governo ad interim eletto dalla piazza fatica a ritagliarsi un ruolo autonomo nelle trattative diplomatiche internazionali e a mantenere l’ordine in un Paese sempre più diviso. Mercoledì il presidente ucraino Arseni Yasteniuk, non riconosciuto da Mosca, volerà a Washington per incontrare il presidente Obama in cerca di sostegno politico e finanziario.

A pochi giorni dal referendum indipendentista crimeano, abbiamo chiesto al prof. Edoardo Greppi, Ispi e Università di Torino, di commentare la legittimità di questa convocazione popolare secondo le norme del diritto internazionale e se fosse possibile individuare un parallelismo con quanto avvenuto in Kosovo nel 1999.

Secondo le norme del diritto internazionale, le istanze secessioniste della Crimea sono legittime?

Il 5 dicembre 1994 Stati Uniti, Federazione Russa e Regno Unito hanno firmato a Budapest il Memorandum on Security Assurances, nel quale - dopo avere dichiarato apprezzamento per l’adesione dell’Ucraina al trattato di non proliferazione nucleare e per l’impegno del governo ucraino di eliminare tutte le armi nucleari sul suo territorio, e avere preso atto della fine della guerra fredda, confermano il loro impegno di rispettare l’indipendenza e la sovranità dell’Ucraina e dei suoi esistenti confini, in conformità con l’Atto finale di Helsinki.

Confermano, inoltre l’impegno di astenersi dalla minaccia o dall’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica dell’Ucraina, e che nessuna delle loro armi verrà mai usata contro l’Ucraina eccetto che per legittima difesa in conformità con la Carta dell’Onu. Un terzo impegno è di astenersi da pressioni economiche, sempre in conformità con l’Atto finale di Helsinki. L’accordo si chiude con l’impegno dei tre Stati a consultarsi nel caso si verifichi una situazione che riguardi questi impegni.L’impegno assunto 20 anni fa è chiaro, e comporta l’obbligo di rispettare l’indipendenza e la sovranità dell’Ucraina nei suoi confini e, quindi, di non modificarne la consistenza politico territoriale.

Questa era, peraltro, l’essenza delle obbligazioni contenute nell’Atto finale di Helsinki. L’assetto territoriale degli Stati europei è riconosciuto nella configurazione allora esistente, e ogni eventuale modifica deve essere frutto di accordi (e non, quindi, di iniziative unilaterali). Gli aspetti relativi all’assetto politico e costituzionale interno sono questioni che appartengono alla domestic jurisdiction dello Stato, e comportano il divieto di ingerenza.

Quali sono le differenze con il caso del Kosovo?
L’accostamento con il Kosovo 1999 è improponibile, perché in quel caso la Nato decise di intervenire anche senza autorizzazione del Consiglio di sicurezza perché, come disse il rappresentante permanente britannico all’Onu, era in atto una «overwhelming humanitarian catastrophe». Quando nel 2008 il Kosovo ha proclamato la sua indipendenza, realizzando una secessione dalla Serbia, lo ha fatto per dare vita a un nuovo Stato. Questo è stato rapidamente riconosciuto dagli Stati Uniti e dai maggiori Stati membri dell’Unione Europea (Regno Unito, Germania, Francia, Italia ....), ancorché presentasse profili che rendevano alquanto prematura la constatazione della sussistenza del requisito dell’indipendenza effettiva.

 
Un’eventuale secessione della Crimea, invece, non porterebbe alla nascita di un nuovo Stato, bensì alla sua annessione alla Russia. La legittimità di questa secessione è condizionata dall’atteggiamento di Stati terzi. In altre parole, tutto dipende dalla presenza o meno di pesanti ingerenze della Russia negli affari interni dell’Ucraina, Stato del quale la Crimea è parte con status di provincia autonoma. Una pesante ingerenza russa configurerebbe una violazione dell’obbligo di rispettare l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di uno Stato sovrano. L’obbligo (ormai di diritto generale) è codificato nella Carta dell’Onu e ha trovato ulteriore conferma per una situazione politico territoriale come quella ucraina, nell’Atto finale di Helsinki e nel Memorandum di Budapest del 1994.

Le istanze secessioniste della Crimea sono legittime? Quali le differenze con il Kosovo?

L’interventismo russo, il sostegno di Putin al referendum indipendentista crimeano e le pressioni economiche sul governo di Kiev violano le norme del diritto internazionale riguardo lo status della penisola autonoma, come afferma Edoardo Greppi, ISPI e Università di Torino. Inoltre, l'accostamento con il Kosovo 1999 proposto da diversi mezzi di informazione è improbabile per varie ragioni, tra le quali il diverso ruolo delle potenze straniere e le finalità del referendum.

Referendum in Crimea: è la prima volta?

Non è la prima volta che la Crimea indice un referendum per staccarsi dall’Ucraina e diventare regione indipendente in territorio russo. Il precedente (International Committe of Crimea) risale all’inizio del 1991, quando nei mesi di disgregazione dell’URSS la Crimea indisse una consultazione popolare per passare dalla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina all’allora Repubblica Socialista Sovietica russa. La crisi Kiev-Crimea esplose nel biennio 1992-1994, tanto da rendere ricorrente il parallelo con il conflitto in Yugoslavia e da far parlare l’Economist di ‘long-running, acrimonious, possibly bloody and conceivably nuclear, dispute over Crimea’. Il Washington Post evidenzia come, a causa dell’inizio della guerra in Cecenia, Eltsin non potè intervenire e la crisi si concluse pacificamente con il riconoscimento dell’autonomia della Crimea nella Costituzione ucraina del 1996.

Perché Putin dice di agire legittimamente in Crimea?

In un’intervista concessa ad alcuni rappresentanti della stampa internazionale (qui il testo), il presidente russo Putin ha esposto la sua difesa dell’intervento russo in Ucraina. Come nota The Guardian, Mosca non si sente legata ad alcun vincolo legale internazionale che possa limitare le proprie azioni in Crimea, che invece reputa una missione umanitaria volta a difendere i diritti della minoranza russofila, e su questo Putin basa la legittimità delle sue decisioni. L’impulso irredentista caratterizza ormai da tempo la politica estera del presidente russo, come osserva il National Post, e la Crimea diventa il nuovo fronte di questo progetto.

E' legittimo il nuovo governo ucraino?

La piena legittimità dell'attuale governo ucraino è molto dubbia: non sono solo i russi, nota The Guardian, a contestarla, ma anche alcuni esperti occidentali (Foreign Affairs), che evidenziano come i primi atti approvati dalla nuova maggioranza non abbiano rispettato né l’accordo negoziato tra Yanukovich, Russia e UE del 21 febbraio, né la Costituzione. Il nuovo Parlamento ucraino non ha infatti seguito la procedura di impeachment contro l’ex presidente Yanukovich ed è tornato (senza alcuna legge che lo permettesse) al testo costituzionale del 2004, peraltro già dichiarato incostituzionale dall'Alta Corte ucraina nel 2006.


Edoardo Greppi, professore di International Institutional Law e di Diritto internazionale umanitario e tutela dei diritti umani nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino e consigliere scientifico Ispi.


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