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08 agosto 2014

Giù le mani da Greta e Vanessa
di Michele Serra

Si trema pensando all'impatto che le due ragazze italiane Greta e Vanessa, libere, gentili e con i capelli al vento, possono avere avuto su certe canaglie bigotte che girano per l'Islam, maschi carcerieri di femmine, giudici di femmine, proprietari di femmine, predoni di femmine. Chi è padre e madre, naturalmente, ha un sussulto protettivo. E anche un moto spontaneo di rimprovero, benedette ragazze, andare in quei posti, e con quei sorrisi, e con quelle volonterose intenzioni, come se la mitezza potesse, da sé sola, bastare a difendere chi solo quella indossa, senza palandrane nere o altre divise che ne occultino la persona. È un ben misero salvacondotto, la volontà di aiuto. Quanto al sorriso, tra quei truci miliziani di Dio, parrà certamente un'aggravante. Ma già si intende (chi ha le orecchie disposte all'ascolto) la risposta che le due ragazze vorrebbero e potrebbero dare, i vent'anni da spendere per qualche nobile ragione, il coraggio da vendere anche se il prezzo è il rischio, non vale rinfacciare ai ragazzi l'indolenza se poi li si rimprovera anche quando partono alla ventura, si aprono al mondo, lo considerano finalmente affidato a loro e non ad altri.

Che questo scuotere la testa per il rischio eccessivo diventi poi, su qualche giornale e in qualche ansa del web, derisione e spregio per Vanessa e Greta, non è una novità ed è anche quello un prezzo da pagare alla volgarità polemica di uso corrente, che non è volgare (solo) per la forma, lo è anche per la sostanza meschina. "Se la sono andata a cercare", un celebre andreottismo che corrisponde perfettamente alla mentalità di molti (mezzo secolo di potere non è mai per caso), e che colpì con spregevole durezza anche il povero Baldoni, umanista e gentiluomo, barbaramente ucciso da una delle tante bande di odiatori che il collasso statuale del mondo arabo ha scatenato, uno che mise a repentaglio non altri che se stesso, eppure dovette sentirsi dare del pirla, in patria, da qualche culo comodo che niente sapeva della sua vita e della sua carità per il prossimo (valore religiosissimo, cristiano come islamico, eppure così poco praticato dagli uni e dagli altri).

L'esito, per Vanessa e Greta, sarà certamente fausto, non vogliamo né possiamo dire altro e immaginare altro, torneranno a casa e forse perfino qualcuno dei loro grevi e nevrastenici detrattori ne sarà felice. A loro come a noi tutti rimarranno il tempo, e la necessità, di riflettere un poco meglio, un poco più a fondo, sulla guerra tremenda che spacca il mondo attorno alla libertà delle ragazze di ogni età, dai dieci ai cento anni, che oggi possono riconoscersi nella luminosa, allegra, non maliziosa fotogenia delle due giovani italiane sparite in quelle fauci. A questo proposito circola sul web (che è prodigo, ovviamente, anche di ottime cose) una coppia di fotografie come suol dirsi emblematiche. Donne afgane nel 1950, donne afgane dei nostri giorni. La foto dei nostri giorni - un gregge di intabarrate anonime, senza volto e senza identità - pare antecedente di qualche secolo. È a colori, ma il bianco e nero che la precede di più di mezzo secolo pare, al confronto, modernissimo. La storia non va sempre avanti, come abbiamo sperato quando eravamo giovani, va anche indietro. Dunque ci tocca spingerla, e per spingerla, tra le tante altre cose, dobbiamo pensare, e dire, e scrivere, "giù le mani dalle ragazze", e non solo le cosiddette "nostre". Tutte le ragazze.

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