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19.03.2014

Taiwan, Parlamento occupato da manifestanti: perchè Pechino vuole riavvicinarsi a Taipei
di Luca Lampugnani

Benché l'economia di Taipei si basi fondamentalmente sui rapporti con il Dragone (ma non solo), la possibilità di un eccessivo riavvicinamento a Pechino spaventa non poco i parlamentari e i simpatizzanti del Partito Progressista Democratico (PPD), fortemente sino-scettico e all'opposizione del Partito Nazionalista, la formazione di governo guidata dal premier Jiang Yi-huah. In base all'accordo, che per essere definitivamente approvato necessita di tre diverse ratifiche da parte del Parlamento (ne mancano quindi due), la Cina si è impegnata ad aprire alle aziende di Taiwan 80 attività del suo settore terziario, mentre Taipei consentirà investimenti cinesi in 64 settori diversi dell'economia taiwanese. Un rapporto commerciale, siglato a giugno dello scorso anno, rispetto a cui il PPD non ha mai nascosto le sue perplessità - in questi giorni alcuni parlamentari hanno cominciato uno sciopero della fame in segno di protesta -, sostenendo che il trattato potrebbe indebolire le piccole aziende terziarie di Taiwan e danneggiarne l'economia.

Ovviamente la reticenza del Partito Progressista, più che strettamente economica, è politica: tra Pechino e Taipei, infatti, dopo anni e anni di pressoché assoluto gelo - cominciato sostanzialmente nel 1949, anno in cui i nazionalisti di Chiang Kai-shek si rifugiarono sull'isola di Formosa dopo essere stati sconfitti duramente dall'esercito di Mao Zedong -, i rapporti sono molto migliorati in seguito all'elezione, nel 2008, del presidente Ma Ying-jeou. Quest'ultimo, filo pechinese, è riuscito in pochi anni, dopo essere stato rieletto nel 2012, a portare gli scambi commerciali tra i due Paesi fino ai 197 miliardi di dollari, mentre, in ulteriore segno distensivo, nel 2013 tre milioni di abitanti della Repubblica Popolare cinese si sono recati a Taiwan. Proprio questo rinato dialogo spaventa il PPD, preoccupato dalle possibili intenzioni di Pechino di riappropriarsi di Taipei.

Inoltre, Taiwan, Paese che nonostante l'indipendenza autoproclamata non viene riconosciuto a livello internazionale né dalla Cina, né dagli Stati Uniti, né dalla gran parte delle potenze europee, è una pedina fondamentale all'interno del quadro asiatico, contesa principalmente tra Pechino e Washington. La Casa Bianca, in base al Taiwan relations Act, fornisce a Taipei armi per scopi difensivi, ma la stessa legge permette tra le righe un intervento armato Statunitense nel caso il Dragone cercasse di riprendersi il "figlio ribelle" con la forza. In questo modo, Taiwan diventa parte integrante del Pivot to Asia, la strategia a Stelle e Strisce che vorrebbe contrastare la crescita politica, economica e militare cinese. D'altra parte, le ragioni che hanno recentemente fatto premere l'acceleratore a Pechino nel tentativo di avvicinarsi a Taiwan sono principalmente tre: cercare di strappare dalle mani degli USA una pedina come Taipei, sortire una specie di effetto placebo rispetto alle tensioni che si stanno creando nel Mar della Cina - mostrando quindi un volto diplomatico - e, infine, nell'estremo fantasticare, ricongiungere la regione di Taiwan sotto l'ala della Repubblica Popolare.

Anche per questo motivo, infatti, il Dragone tenterà di fare il possibile affinché gli accordi vengano chiusi prima della prossima elezione presidenziale, temendo che il successore di Ma possa non essere altrettanto disponibile ad una strtta di mano con Pechino

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