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18 gennaio 2014

A Proposito della Costituzione
di Rita Pani

Quando mi arrivò l’avviso di garanzia restai un po’ interdetta. Pensai che tutto sommato ci potesse stare, che facesse parte del destino che era stato scritto per me. Insomma, pur non avendo ancora contezza del problema, sapevo che l’unico motivo per il quale dovessi recarmi dai Carabinieri, poteva essere legato esclusivamente al mio impegno ostinato e costante nel tentare di partecipare al salvataggio di questo paese in avanzato stato di decomposizione, essendo sempre stata una persona onesta che nemmeno saprebbe come fare a delinquere.

La conferma la ebbi subito dopo aver espletato le formalità del caso, quando il Maresciallo mi spiegò che dovevo rispondere del reato di diffamazione a persona e partito politico. Da interdetta, ricordo, divenni perplessa, anche perché in quella fase, mi dissero, avrei solo dovuto ascoltare e soltanto dopo, in compagnia di un avvocato, avrei potuto parlare.

È stato allora che il Maresciallo, per non perdere il filo delle cose da dirmi aprì il fascicolo che aveva sulla scrivania, e l’occhio mi cadde su un foglio, e qualcosa in me si ruppe.

“Scusi, Maresciallo, è un fascio littorio quello?”

“Sì.”

“Lei sa che …”

“Sì.”

“Scusi Maresciallo, ma io sono nata a Carbonia. Non ci credo, mi faccia vedere per favore.”

“Mio nonno è stato a Carbonia”

Rividi per un attimo il simbolo fascista dentro il fascicolo che aveva sopra il mio nome, mi alzai e salutai tenendo in mano il foglietto che mi fu consegnato.

Un po’ lungo come preambolo, ma era necessario a spiegare la farsa di questo paese fasullo, nel quale ogni giorno come marionette veniamo pilotati all’indignazione a un tanto al chilo, una sorta di indignazione modaiola, alla quale bisogna partecipare così come a tempi alterni bisogna indossare leggins o pantaloni deformanti.

Lungi da me, è bene precisare, la tentazione di discutere sulla vicenda processuale, ma è anche bene dire che il pezzo che m’incrimina era volto alla strenue difesa della nostra Costituzione, quella stessa che mi dicono, fu salvata con l’occupazione dei tetti, da parte di cazzuti parlamentari.

Ho atteso con pazienza di vedere dove sarebbe arrivata questa ennesima puntata di fiction della vita italiana che mi vede protagonista, e meno male un po’ si è alleggerita, visto che almeno “dare dell’ossimoro” a un partito politico non è reato – cosa che mi fu contestata all’inizio – ma il resto è un rinvio a giudizio. Ci sta.

“Ma il fascio littorio sui tavoli delle Istituzioni?”

Ho posto questa domanda ovunque, e non ho mai avuto risposta né dal mio avvocato, né da altri. Così, con tutto il candore che ho, avevo pensato di chiederlo direttamente al ministro Cancellieri, o al presidente della Repubblica: “È davvero possibile, oggi in Italia, presentare carte alla magistratura che rechino simboli fascisti?”

Ma non so ancora se lo farò, perché mi pare evidente che si possa fare. E se si può fare, allora vuol dire che per cambiare la Costituzione, non c’è bisogno di saggi che si rinchiudano a pensare in un resort, non c’è bisogno di sedersi a lavorare, non c’è bisogno nemmeno di fare referendum gettando via altri danari. Per cambiare la Costituzione basta la presa d’atto, l’ignoranza collettiva, la dimenticanza colpevole o ignara.

Per farci uccidere dallo stato, per farci morire lentamente è necessaria, però, la nostra stupidità collettiva, la nostra colpevole superficialità. La capacità che vedo in giro di illudersi che ancora contiamo come cittadini, senza voler ammettere che non siamo niente di più che dei bancomat dai quali raschiare il danaro che serve a far sopravvivere meglio chi, il danaro – quello vero – lo ha.

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