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18/07/2014

Medio Oriente: Europa dove sei?
di Marco De Ponte
Secretary General of ActionAid Italy

La situazione a Gaza diventa sempre più drammatica; gli attacchi israeliani sulla Striscia ora sono anche via terra e continuano a fare vittime ora dopo ora, di cui - secondo i dati raccolti dalle Nazioni Unite - oltre il 70% civili, molti bambini. Ed è, ancora una volta, emergenza umanitaria: infrastrutture e abitazioni vengono distrutte e negli ospedali e nelle strutture sanitarie scarseggiano oltre il 28% dei medicinali.

Gli attacchi però sono solo la manifestazione finale di un quadro che si va esacerbando da mesi. Durante l'ultima grande operazione militare portata avanti da Israele su Gaza, nel 2009, hanno perso la vita circa 1500 palestinesi e 13 israeliani e sono stati procurati miliardi di danni alla fragile economia locale. È uno schema che si ripete oggi: tra il 13 e il 30 Giugno 6 palestinesi sono stati uccisi e 179 feriti nel corso di operazioni militari in Cisgiordania, con quasi 800 persone arrestate perché ritenute membri di Hamas. Sono ripartite le "demolizioni punitive".

Contemporaneamente, nella Striscia sono state rafforzate le restrizioni all'accesso, e rafforzato il blocco che soffoca Gaza da 7 anni. Manca il carburante, con gravi danni anche all'agricoltura, per l'impossibilità di conservare i prodotti della terra nelle celle frigorifere, oltre che al sistema sanitario.
La crisi attuale non è quindi una semplice risposta al ritrovamento dei corpi dei tre giovani israeliani e una risposta ai razzi sparati da Hamas. Esiste un quadro di fondo che si è inasprito già da mesi. E un quadro di violazioni del diritto umanitario e del diritto internazionale da parte di Israele che va avanti da anni.

La storia ha dimostrato che le operazioni militari, la violenza, la spirale di ritorsioni non possono portare né pace né sicurezza per nessuno. Quello che è necessario in queste ore, come hanno detto diversi Ministri e premier europei, tra cui anche il Ministro degli Esteri Federica Mogherini che è nella regione in questi giorni, è un immediato "cessate il fuoco" e la protezione dei civili. Ma non si può pensare che basti, in assenza di alcun cambiamento di fondo.

Bisogna invece avere coraggio, intraprendere un percorso politico che arrivi a una soluzione duratura e che garantisca che qualsiasi violazione del diritto umanitario e della legalità internazionale venga considerata inaccettabile. L'Unione europea deve farsi carico di un'iniziativa forte, che non sia solo di condanna: ha l'obbligo di impegnarsi nella crisi israelo-palestinese (ma anche di altre crisi in corso come quella siriana e irachena), ancora di più oggi che gli Stati Uniti sembrano voler rinunciare a soluzioni politiche per la regione.

Solo una politica estera coraggiosa che rimuova le cause vere della situazione in atto farà onore all'Europa e all'Italia: va riconosciuto in modo inequivoco che da anni continuano incessantemente abusi del diritto umanitario internazionale; va fatta chiarezza sul fatto che l'incremento del numero delle colonie israeliane in Cisgiordania, l'assedio che soffoca la Striscia di Gaza, le violazioni delle risoluzioni ONU non sono accettabili se si vuole trovare una soluzione.

Per troppo tempo si è parlato di pace senza pretendere davvero giustizia. In questi giorni lo scrittore israeliano Etgar Keret su La Stampa ha scritto che "ci si è abituati all'idea che non ci siano soluzioni". Niente di più vero. Ma semplicemente non va bene. L'Unione Europea deve esprimersi partendo dalla pretesa del rispetto del diritto, anche per negoziare da una posizione di forza. L'Italia, vista la Presidenza di cui è investita, deve indirizzare la UE perché si lavori per la giustizia, senza lasciar spazio a vendette. L'Italia può e quindi deve tornare a fare la parte che le compete nella politica estera europea e nella regione mediorientale. Si tratta di un test di leadership regionale oltre che di un dovere morale.

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